Fantasmi si aggirano per l’Europa

Fantasmi si aggirano per l’Europa

15 Giugno 2024 0

Propongo una prima riflessione sulle elezioni avvenute, prendendo atto che le cose non sono andate come molti, anche per differenti ragioni, avrebbero preferito.

Il valore delle elezioni nelle societá democratiche

Bisogna però pensare che in società come la nostra, comunemente considerate democratiche – senza che ci sia completo accordo su cosa voglia dire, ma con riferimento a certi valori più o meno condivisi -, le elezioni svolgono un ruolo complesso.

Se appare francamente troppo astratto sostenere che davvero siano l’atto in cui per eccellenza si concretizza la sovranità popolare, perché la sovranità è indubbiamente quanto meno un fatto più complesso, non è tuttavia neppure vero che siano soltanto una pura messinscena, che dissimula meccanismi di potere di tutt’altra natura.

Il ruolo delle minoranze

Penso di non essere troppo originale affermando che le sorti collettive sono più di quanto ci piace credere regolate da minoranze, anziché dalla maggioranza dal cui verdetto dipende il successo elettorale.

E non è difficile sotto questo aspetto pensare a certe élite, soprattutto economiche, il cui potere non dipende dal consenso ma che anzi sono spesso in grado di costruirlo; non va però sottovalutato il ruolo di ciò che è all’opposto, ovvero quel che potremmo chiamare minoranze creative, capaci di interpretare i problemi della società da angolazioni inedite, che hanno un potere del tutto diverso: cioè di tracciare vie sulle quali poi cammineranno le maggioranze di domani.

Il potere del voto

Tra questi due estremi, che hanno un peso di volta in volta variabile a seconda delle circostanze, c’è tutta un’ampia zona intermedia, occupata dai grovigli di interessi e aspirazioni di cui lo spazio sociale è per lo più intessuto, e anche dalla memoria di precedenti soluzioni creative che tali ormai non sono più, ma attraverso cui le persone per lo più ancora interpretano la loro collocazione sociale.

Ecco, forse le elezioni fotografano questa complessa situazione, e, se c’è un potere che al popolo effettivamente va riconosciuto, è di svolgere almeno per un giorno una funzione regolativa rispetto a quella complessità.

Il potere delle élite può effettivamente incontrare un limite, e anche però quello, del tutto diverso, delle minoranze creative, a cui regolarmente capita di sentirsi incomprese.

Le loro chiavi di lettura verranno diffusamente accolte in tempi successivi, e per intanto a prevalere è il realismo che consente di tenere in equilibrio le varie istanze da cui la società è attraversata. Il che non esclude che si aprano situazioni nuove, a cui le minoranze creative avevano guardato, ma in forme del tutto diverse fino a essere irriconoscibili.

Mi permetto di proporre questa cornice in cui collocare quel che è avvenuto.

La coda della pandemia

Le elezioni si sono svolte in una situazione internazionale ancora segnata da quel che si è prodotto nel contesto della cosiddetta pandemia, la cui lettura non può prescindere da una frattura sociale di tipo nuovo, che ancora a sua volta attende, e forse a lungo attenderà, una lettura condivisa – in cui però sono implicate considerazioni di grande portata in merito ai rapporti tra la scienza, i poteri economici e gli orizzonti antropologici emergenti; e si sono svolte nell’occhio del ciclone di ciò attraverso cui una volta ancora avviene il riassestamento degli equilibri planetari: cioè una nuova guerra, che non è esagerato definire mondiale.

Una guerra che mette in gioco non solo i rapporti di potere economici e politici, ma richiama profonde questioni culturali e addirittura spirituali.

Occidente sotto accusa

In particolare è sotto accusa l’Occidente, cioè la civiltà che ha avuto un ruolo determinate in quell’unificazione mondiale che gli eventi in corso, più che mettere davvero in discussione, chiedono venga ridefinita rispetto ai ruoli e ai rapporti di potere.

E non è secondario che queste elezioni riguardassero l’Europa, cioè la matrice originaria della civiltà occidentale, per quanto ben poco capace oggi di iniziativa autonoma.

Quando dunque si dice, per entrare nel merito di quello da cui in genere si parte, ovvero i risultati elettorali, che in Europa quasi ovunque sono vincenti le destre – e lo si dice sui giornali per lo più con rammarico e imbarazzo, perché i giornali generalmente si fanno giudici di quel che è conveniente che il voto popolare esprima -, si dice quello che è interno a quel che sembra ormai un’eterna narrazione.

La paura e il voto

Il voto, certo, è libero, siamo mica in regimi antidemocratici; ma ci sono scelte che sono migliori di altre, e quelle sole sono pienamente degne di essere considerate democratiche. Il resto è paura, chiusura entro confini innanzitutto umani che impediscono di apprezzare i ponti che la globalizzazione getta tra le componenti dell’umanità.

A ben guardare poi c’è anche una ragione più specifica che suscita preoccupazione. Queste destre, per quanto si faccia loro sottoscrivere giuramenti di assoluta fedeltà atlantica, sono a prescindere sospette di possibili collusioni col nemico. E in ogni caso la stessa loro esistenza contraddice quei valori universali di cui l’Occidente si riveste nel tentativo di riaffermare la suasupremazia sul mondo.

Le destre sovraniste, da Salvini a Trump, sono in se stesse una sorta di nemico interno, che mina la coesione con cui si dovrebbe fare fronte a quella sorta di sovranismoglobale con cui l’Occidente è in guerra.

Ha ancora senso parlare di destra e sinistra?

Certo, ci sono ambiti nei quali davvero la destra e la sinistra hanno cessato di essere criteri di riferimento – ambiti in cui potremmo identificare la minoranza creativa attuale, per la quale ben altro è l’orizzonte a cui guardare – e potrebbero essere il crogiuolo in cui si va formando quel che potrà essere la politica del futuro; ma per la grande maggioranza della società non è così.

Come attraverso lo spazio può giungere la luce di stelle che da tempo hanno cessato di esistere, così la destra e la sinistra continuano, come i fantasmi di se stesse, a fungere da termini di riferimento, e si prestano una volta ancora a interpretare quel che accade.

La paura di dirsi di destra e la rendita di posizione delle sinistre

La differenza è che chi è di destra spesso eviterebbe di considerarsi tale, avendo la consapevolezza che ciò lo pone dal lato sbagliato della storia; e però non può evitare di ripercorrere la strada che fu a suo tempo dei nazionalismi, se non talvolta dei fascismi stessi; mentre chi è di sinistra non ha che da vivere di una rendita di posizione, sapendo di essere, nella storia, dalla parte giusta.

E, poiché il sospetto che pesa su di lui è di essere da tempo indistinguibile dalle strategie delle élite, ben venga quel bagno purificatore dato dall’impegno a fianco dei palestinesi – anche perché le destre sono per lo più a fianco di Israele, non foss’altro che per ostilità verso l’immigrazione islamica.

Le dimostrazioni universitarie

Oggi infatti gli studenti che occupano le università, senza in alcun modo sminuire l’importanza di quel che fanno, hanno per lo più una coscienza collettiva di sinistra estrema, come tanti anni fa poteva averla la parte più significativa della mia generazione, come se nulla fosse nel frattempo accaduto.

E una sinistra che si vuole a tutti i costi riproporre come tale può non aver dubbi aportare in Europa Ilaria Salis, i cui meriti sono di essere imputata per un atto in fondo di violenza, che però non è da considerare tale perché rivolto nei confronti di fascisti.

Elezioni non hanno espresso de-escalation

Ciò di cui in ogni caso si deve prendere atto è che non si è verificato quello che a molti sarebbe sembrato auspicabile, cioè che le elezioni in qualche modo rispecchiassero una spinta nella società europea per uscire dall’escalation bellica – una spinta che invero non esiste, nonostante il pericolo sia grande; e Papa Francesco stesso finisce per essere isolato all’interno della Chiesa. Quel che prevale è piuttosto una grande confusione, e, come sui fronti bellici, una sorta di guerra di logoramento.

Il significato del voto a destra

Il voto a destra non esprime opposizione alla guerra, bensì piuttosto sfiducia verso quel progetto di rinnovata egemonia occidentale di cui la guerra è parte, ma che si manifesta immediatamente nell’emarginazione dei ceti più umili – l’immigrazione è sotto questo aspetto simbolo delle incertezze che tanti vivono, e le destre, soprattutto quelle che ora vincono in Germania e Francia, se ne fanno interpreti. Non c’è diretto collegamento con la guerra, ma certo una linea più prudente rispetto a quel che soprattutto recentemente è stato dato di vedere.

La fuga in avanti di Macron

È probabile che l’iniziativa forsennata di Macron, che ha costretto lo stesso presidente Biden a impegnarsi con armi occidentali in attacchi diretti sul suolo russo, fosse già l’estremo tentativo di limitare i danni di una prevista sconfitta elettorale, col risultato però forse di accentuarla.

In ogni caso le elezioni anticipate in Francia avranno un’importanza eccezionale, e la clamorosa frattura nel tradizionale partito gollista lo segnala con evidenza. Se l’antico sogno francese di un’egemonia sull’Europa potesse riproporsi nel solco di De Gaulle, comporterebbe una maggiore indipendenza dagli Stati Uniti, con tutto ciò che ne consegue. L’America del resto si trova più che mai divisa, e le elezioni presidenziali non si può davvero dire quale esito porteranno.

Il lento logorio dell’Occidente

Il prolungarsi della guerra in Ucraina, dove la situazione pare continuamente precipitare e poi invece si prolunga indefinitamente, pare sempre più rispondere allo scopo di logorare l’Occidente nelle sue intime certezze, oltre che negli arsenali. E la guerra a Gaza ha già ottenuto di isolare Israele rispetto agli Stati Uniti stessi, oltre che dal mondo intero, configurando intese in cui l’Europa è già spaccata, con la Francia che in questo caso direttamente assume l’iniziativa di un diverso orientamento.

Non si dimentichi che Germania e Italia, in quanto sconfitti della Seconda Guerra Mondiale, non possono in nessun caso svolgere una politica estera davvero autonoma. È anzi notevole che l’Italia abbia trovato il modo di sottrarsi all’avventurismo di Macron.

L’inconsapevolezza delle élites

Ecco, penso che nell’analisi del voto occorra tener conto di tutto quanto.

Non saprei dire quanto siano i leader politici consapevoli di ciò in cui si muovono. Forse lo sono più di quanto possano permettersi di dire, o forse no, e allora fanno quel che si fa in questi casi: cioè navigare a vista.

Nessuno poteva evidentemente prevedere quel che sta avvenendo, e nessuno del resto è in grado di darne una descrizione capace di orientare la maggioranza in scenari non ancora chiari. Può darsi che ce ne sarebbe il bisogno, e ancor più potrebbe essercene in tempi brevi. Ma la questione è a più livelli: non solo quello politico ma prima ancora quello culturale e spirituale

Claudio Torrero
Claudio Torrero

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