Basta armi all’Ucraina, Zelensky dittatore, la Russia vuole solo sicurezza: le dichiarazioni di un senatore americano scuotono il Congresso
Qualche giorno fa il senatore Tommy Tuberville ha fatto delle dichiarazioni che hanno scosso il panorama politico statunitense. Ormai il Congresso è lontano da posizioni russofobe e rigidamente filo-ucraine, ma il senatore ha avuto il coraggio di dire le cose in maniera troppo esplicita per non suscitare polemiche feroci. Ha avuto l’opportunità di esprimere liberamente il suo pensiero su Zelensky e sulla politica estera americana come ospite al programma di Steve Bannon, ex consigliere dell’amministrazione Trump.
Putin non vuole l’Europa, ma la sicurezza della Russia
Tra le frasi politicamente più notevoli dette dal senatore dell’Alabama c’è quella relativa ai piani futuri del Cremlino. In Italia fin dal febbraio 2022 alcuni sedicenti esperti proclamano in televisione che i russi non si vorrebbero fermare a Kiev, ma che sarebbero pronti a marciare fino a Lisbona. In altre parole, la retorica euroatlantica dei canali mainstream descrive Mosca come “centrale del Male” desiderosa di conquistare (o in alternativa distruggere) l’intera Europa. Questi commentatori di solito non approfondiscono le ragioni pratiche o ideologiche di un tale presunto progetto di dominio continentale. Per loro, il Cremlino vuole sottomettere gli europei perché odia i loro “valori”, insomma perché è cattivo e basta.
Tuberville sembra ragionare in modo altrettanto semplice, ma con maggiore buon senso: Putin non vuole l’Ucraina. Non vuole l’Europa. Accidenti, di suo ha già abbastanza territorio! E prosegue così: Vuole solamente assicurarsi di non avere armi degli Stati Uniti in Ucraina puntate su Mosca. Il discorso fila anche e soprattutto dal punto di vista americano, almeno per coloro che ricordano ciò che accadde a Cuba nel 1962. Tuberville si rivolge quindi al pubblico invitandolo a mettersi nei panni del presidente russo: Se foste Putin, non vorreste dei missili piazzati in Ucraina che puntano verso di voi. Noi non li vorremmo in Messico. Il parallelo finale è illuminante. Poi, nota il senatore, negli ultimi 6, 7 o 8 mesi non si sono viste grandi battaglie: la situazione sul campo è relativamente quieta, quasi come se Putin volesse solo stare a guardare cosa faranno gli ucraini e i loro alleati occidentali.
Critiche pesanti a Biden e Zelensky
Tuberville non usa mezzi termini parlando di Zelensky: lo definisce infatti un “dittatore” e sottolinea la sua mancanza di legittimità. Il suo mandato infatti è scaduto un mese fa, ma rimane al potere grazie alla legge marziale da lui stesso prolungata più volte. E non è tenero nemmeno con Biden. Lo preoccupa infatti la possibilità che la Casa Bianca possa cercare di scatenare una guerra aperta contro la Russia pur di ottenere la riconferma alle presidenziali di novembre. Poi critica Biden per aver sminuito la recente celebrazione del D-Day, evento molto sentito dagli americani che ricordano gli eroi e i caduti della Greatest Generation. Secondo Tuberville, il presidente ha sbagliato nel fare un paragone fra la lotta delle democrazie liberali contro le forze dell’Asse nella Seconda Guerra mondiale e l’Ucraina contro la Russia oggi.
Anche in quell’occasione Biden ha sottolineato che gli USA continueranno a supportare Kiev nello sforzo bellico. Ma il senatore repubblicano è stato fin dall’inizio uno dei maggiori critici di tale costosissima assistenza. Ad oggi, gli aiuti ammontano a qualcosa come 175 miliardi di dollari, destinati e concessi sotto varie forme: dall’acquisto di armamenti alle coperture finanziarie. Tuberville evidenzia l’enormità di tale somma, che lui arrotonda a 200 miliardi e di cui sospetta qualche malversazione: Non sappiamo dove sono finiti quei soldi.
Le reazioni del mainstream e dei colleghi al Congresso
Era prevedibile: Tuberville si è tirato addosso riprovazione e sdegno da varie parti. Sebbene il clima sia meno pesante di due anni fa, quando bastava sollevare qualche dubbio per essere etichettati come mascalzoni filo-russi, il discorso del senatore è stato troppo franco per passare inosservato. Sulla rivista liberal The New Republic viene definito come “forse il più grande leccapiedi di Putin al Congresso”. Il quotidiano Alabama Political Reporter cerca di screditarlo dandogli del “complottista”, un’etichetta ormai abusata: non è la prima volta che Tuberville diffonde teorie cospirazioniste a proposito della politica estera americana, compreso coinvolgimento USA in Ucraina. La senatrice democratica del New Hampshire Jeanne Shaheen si dice spaventata dal fatto che un collega che siede nella Commissione Difesa si metta a vomitare propaganda russa invece di dare retta all’intelligence americana. Come si vede, solo parole sprezzanti e denigratorie; nessuno risponde sul punto o contesta sul merito.
Ha commentato la faccenda anche il “falco” repubblicano Lindsey Graham. È uno dei politici americani più agguerriti e russofobi dell’ultima legislatura: tra le altre cose, ha ha esortato apertamente il popolo russo a rivoltarsi e ad assassinare il proprio presidente. Graham prende subito le distanze dalle parole di Tuberville, che non rappresenterebbero la linea del Partito Repubblicano, ma solamente il senatore medesimo. Sebbene sul piano personale “gli piaccia”, a livello di posizioni sull’Ucraina quest’ultimo sarebbe, secondo Graham, soltanto una “anomalia” dentro il Grand Old Party. Bisogna invece continuare ad armare Kiev, dando gli F-16 e l’artiglieria a lungo raggio per colpire obiettivi dentro il territorio della Federazione Russa. Il senatore della Carolina del Sud è convinto che quest’estate gli ucraini riprenderanno l’iniziativa: sebbene i ritardi americani nell’approvazione del pacchetto di aiuti abbiano fatto perdere slancio alle forze ucraine, oggi c’è la possibilità di rimettere a posto la situazione.
Lo spauracchio dell’Impero Russo
Graham tira fuori lo spauracchio di quello che Reagan chiamava Evil Empire. Per lui, Putin non è mosso dalla volontà di garantire la sicurezza del suo Paese contro l’accerchiamento delle basi NATO. Sarebbe invece un megalomane che non si fermerà all’Ucraina, ma che vuole ricreare con la forza l’Impero Russo. E se non lo fermiamo, avverte Graham, la prossima a rischio di cadere sarà Taiwan. Qualche giorno fa il senatore Tommy Tuberville ha fatto delle dichiarazioni che hanno scosso il panorama politico statunitense. Ormai il Congresso è lontano da posizioni russofobe e rigidamente filo-ucraine, ma il senatore ha avuto il coraggio di dire le cose in maniera troppo esplicita per non suscitare polemiche feroci. Ha avuto l’opportunità di esprimere liberamente il suo pensiero su Zelensky e sulla politica estera americana come ospite al programma di Steve Bannon, ex consigliere dell’amministrazione Trump.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.