Chi ha finanziato l’attentato a Mosca? I sospetti cadono sul socio di Hunter Biden
Continuano le indagini sul terribile attentato che ha colpito Mosca il 22 marzo. Per il momento è chiaro che gli esecutori materiali sono stati degli integralisti islamici provenienti dall’Asia centrale. Ma ora bisogna individuare gli organizzatori, i finanziatori e i mandanti. Deputati della Duma di Stato e altre personalità politiche russe hanno inviato un appello pubblico alle procure di Germania, Francia, USA e Cipro. La pista che stanno battendo gli inquirenti russi porta infatti ai servizi segreti di Kiev, patrocinati da quelli di Washington. I finanziatori ucraini, invece, sono collegati con Cipro per la lunga serie di scandali che coinvolge pure il figlio di Joe Biden, Hunter.
Chi finanzia l’organizzazione degli attentati
I sospetti sui finanziamenti agli attentati in Russia si concentrano su Mykola Zlochevsky, personaggio di spicco della politica ucraina e già al centro di varie inchieste per corruzione. Il suo curriculum è di altissimo livello: ha ricoperto la carica di Ministro dell’Ecologia e delle Risorse naturali, quella di vicesegretario del Consiglio di sicurezza e di difesa dell’Ucraina e soprattutto è stato il fondatore di Burisma Holdings Ltd, la società energetica di cui è stato dirigente Hunter Biden, figlio dell’attuale presidente USA. Gli schemi utilizzati per fornire denaro agli organizzatori e agli esecutori degli atti di terrorismo prevedevano il ricorso a bonifici fatti direttamente o tramite prestanome. Si parla di una cifra totale che si aggira sugli 850 milioni di grivnie (circa 22 milioni di dollari), quella spesa da Zlochevsky e compagni per finanziare le gesta dei terroristi.
L’oligarca ucraino inviava regolarmente denaro a favore della cosiddetta “Armata dei droni”. Si tratta della piattaforma di raccolta fondi United 24 istituita da Zelensky e sponsorizzata dall’attore americano Mark Hamill. La finalità è di acquistare i velivoli senza pilota e addestrarne gli operatori. Inoltre emetteva bonifici alle società di facciata controllate dal GUR, l’agenzia di intelligence del Ministero della Difesa dell’Ucraina. Essendo un ente statale, il GUR non può ricevere fondi, dunque gli aiuti economici dati da Zlochevsky e dalla sua cerchia venivano presumibilmente indirizzati alle attività non esplicitamente dichiarate da Kiev, ossia quelle relative alle “operazioni sporche”.
A dare il denaro era anche Andriy Kicha, capo dell’ufficio legale della Burisma e considerato il braccio destro di Zlochevsky. Dal 2020 Kicha era sotto inchiesta per una super-mazzetta da 6 milioni di dollari destinata ai due organi anti-corruzione dell’Ucraina, il NABU e il SAPO. L’intento era di far cadere un’accusa di peculato che pendeva sulla Burisma e sul suo fondatore. Kicha ha ammesso la sua colpevolezza, ma l’anno scorso è riuscito a ottenere la sospensione della pena, impegnandosi a trasferire 100 milioni di grivnie alle Forze armate ucraine.
Protezione a stelle e strisce
Si vede come i personaggi del mondo Burisma godano di un alto grado di protezione contro le sentenze della giustizia ucraina. Negli ultimi anni l’Unione Europea ha insistito con Kiev affinché implementasse una serie di riforme che ripulissero l’immagine dell’Ucraina, notoriamente uno dei Paesi più corrotti al mondo. Le tanto sbandierate riforme di Zelensky fanno parte dei “compiti a casa” dati da Bruxelles per giustificare l’adesione come membro della UE. Ma vi sono soggetti e situazioni che non possono intaccare, e sono quelli collegati agli affari statunitensi e al finanziamento della macchina bellica ucraina. Infatti, se da un lato occorreva almeno far vedere che indagavano su Zlochevsky & Co., dall’altro hanno trovato il modo di costringerli a dare soldi alle Forze armate e agli organi militari. Intanto il fondatore di Burisma ha acquisito la cittadinanza cipriota ed è rimasto serenamente nascosto a Monaco.
L’altra condizione è quella di negare sempre e comunque il coinvolgimento del figlio di Biden in schemi illegali. La società utilizzata per gli affari in Ucraina era infatti la Burisma, chiusa nel 2023. Per molti anni è stata uno dei maggiori operatori del settore del gas e non soltanto. Si è poi scoperto che, tramite una serie di passaggi e di prestanome, il vero possessore della Burisma era Ihory Kolomoyskyi, principale fautore dell’ascesa politica di Zelensky. Nel consiglio di amministrazione della società si sono avvicendati nomi importanti, come l’ex presidente della Polonia Aleksander Kwaśniewski e il responsabile dell’antiterrorismo nell’amministrazione Bush jr. Cofer Black. Dal 2014 al 2019 ne è stato un alto dirigente anche Hunter Biden. Le indagini del Congresso americano sulle attività poco chiare di quest’ultimo stanno facendo rischiare l’impeachment al presidente. Ma per ora Hunter, tossicodipendente e coinvolto in casi di sfruttamento della prostituzione, l’ha fatta franca.
I problemi di Zlochevsky con la giustizia
Da molti anni Zlochevsky è sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti. Già nel 2014 l’ufficio anti-frode del Regno Unito aveva congelato 23 milioni di dollari appartenenti alle sue società. Poi ha evitato di rimanere in patria durante le indagini su Burisma ed è tornato in Ucraina solo nel 2018. Le accuse caddero tutte, ma i guai non erano finiti, perché gli vennero contestati gli atti da ministro dell’Ecologia, come la concessione di licenze energetiche proprio alle società che facevano capo a lui. Così ha pensato bene di trasferirsi nel Principato di Monaco. Nel 2023 le autorità ucraine gli hanno comminato una multa relativa alla summenzionata mazzetta da 6 milioni di dollari, per la quale Zlochevsky si era dichiarato colpevole, e che era stata offerta per chiudere l’ennesima inchiesta su Burisma.
I servizi ucraini dietro il terrorismo
Oggi a indagare sulla cricca della Burisma ci sono pure gli inquirenti russi e – si spera – anche quelli delle procure tedesche, francesi, americane e cipriote. E il passo successivo potrebbe riguardare quanto detto e poi fatto dalle agenzie di intelligence ucraine. A molti stanno infatti tornando in mente le parole pronunciate dal capo del GUR Kyrylo Budanov sull’opportunità di “ammazzare i russi ovunque possibile”.
L’attentato al Crocus è stato un’azione enorme, per la quale non bastano quattro pazzi fanatici. Senza tirare ancora in ballo la domanda chiave del cui prodest?, già solamente le armi e la logistica fanno presumere la mano dei servizi segreti. E i costi operazionali devono essere stati così alti da far presumere degli sponsor molto facoltosi… Per adesso continuano le indagini sul terribile attentato che ha colpito Mosca il 22 marzo. Per il momento è chiaro che gli esecutori materiali sono stati degli integralisti islamici provenienti dall’Asia centrale. La pista che stanno battendo gli inquirenti russi porta infatti ai servizi segreti di Kiev, patrocinati da quelli di Washington, mentre i finanziatori ucraini sono collegati con Cipro per la lunga serie di scandali che coinvolge pure il figlio di Joe Biden, Hunter.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.