Francia: si chiude in maniera disastrosa l’avventura dell’uranio in Niger
Il 4 luglio scorso il Senato francese aveva pubblicato le conclusioni di una commissione d’inchiesta incaricata di analizzare la produzione, il consumo e il prezzo dell’elettricità nel 2035 e nel 2050. In esse aveva lanciato l’allarme su una questione piuttosto sorprendente per gli osservatori attenti delle questioni energetiche francesi: il rischio di una scarsità relativamente rapida dell’uranio necessario per fare funzionare le sue centrali nucleari. I timori del Senato, quattro mesi dopo aver lanciato l’accorato allarme, sono stati confermati dalla cruda realtà. Sospesa ad libitum la produzione dell’ultima miniera di uranio in mani ai francesi in Niger, il sito di Somaïr.
Il tentativo di salvataggio
Il saldo per le casse francesi è pesante: accantonamenti per quasi 200 milioni di euro nella prima metà dell’anno, con una perdita netta di 133 milioni di euro. Il 24 ottobre il governo francese aveva inutilmente iniettato 300 milioni di euro per salvare questo attore chiave del settore energetico francese. Ma l’ex-Areva Orano, fiore all’occhiello dell’industria transalpina, ha confermato la “sospensione provvisoria” delle attività di estrazione e lavorazione del minerale. Orano ritiene che Somaïr si sia trovata “asfittica“, sia per “l’incapacità di esportare e di incassare i ricavi delle vendite” dalla produzione bloccata in loco, sia per “l’accumulo di debiti” che le deve il suo azionista, Sopamin, una società mineraria nigerina.
In queste condizioni, il gruppo minerario francese ha scelto “di indirizzare la restante liquidità disponibile verso il mantenimento del pagamento degli stipendi e delle funzioni vitali del sito industriale il più a lungo possibile“. In altre parole, vuole continuare a garantire la sicurezza del sito e dei suoi dipendenti locali, senza specificare al momento quanto durerà questa frase transitoria.
Ufficialmente, 750 dipendenti lavorano ancora per il sito minerario, insieme a subappaltatori. Il Niger rappresenta il 15% delle forniture di uranio di Orano. La miniera era stata riavviata lo scorso febbraio, dopo un’iniziale interruzione a seguito del colpo di stato del luglio 2023. Desiderosa di assumere il controllo delle risorse del paese, la giunta militare ha anche ritirato a Orano la licenza per la gestione della miniera di Imouraren, uno dei più grandi giacimenti al mondo.
L’apertura del Niger alla Russia
Nel frattempo, il 13 novembre, il Ministro delle Miniere del Niger ha invitato le aziende russe interessate alle sue risorse naturali di uranio a visitare il paese. Un’ulteriore provocazione per i francesi, visto che Niamey ha recentemente firmato un “memorandum sulla cooperazione nel settore minerario” anche con la Turchia. Anche la Cina è in agguato e l’Iran avrebbe avviato trattative segrete per la fornitura di concentrato di uranio, secondo quanto riportato da Le Monde.
Negli ultimi mesi, il gruppo francese ha avanzato diverse proposte senza successo per continuare l’estrazione dell’uranio in Niger. Tra queste, un ponte aereo attraverso la Namibia, per evitare la rotta tradizionale verso il porto di Cotonou in Benin, che è in conflitto con il Niger.
La perdita della principale base di transito militare francese
Il Niger era l’ultimo perno del dispositivo antijihadista francese nella regione. In precedenza essenzialmente una base di transito per le operazioni in Mali, da cui la forza Barkhane si è ritirata, è l’unico paese africano con cui la Francia manteneva ancora un partenariato detto “di lotta” contro i jihadisti. Ricordiamo che l’uranio del Niger alimentava 56 reattori nucleari francesi. I fabbisogni sono dunque importanti e per questo la Francia era impegnata in questi scenari geopolitici fragili nel Sahel. Lo Stato francese è sempre il primo azionista di Orano (ex Areva) e fino al colpo di stato era direttamente coinvolto nelle decisioni prese dalla multinazionale.
La relazione privilegiata della Francia con lo Stato nigeriano aveva consentito ad Orano di sfruttare le miniere a un costo inferiore e di acquistare l’uranio a un prezzo irrisorio dalle proprie filiali del paese. Questi finanziamenti e accordi hanno permesso per decenni all’azienda di beneficiare di notevoli sgravi fiscali, di non pagare le tasse e le varie spese che sarebbero dovute andare a beneficio della popolazione nigerina, come spiega il rapporto «Niger, a chi giova l’uranio?».
Alcuni numeri
Pubblicato nel 2013 da Oxfam mostra che dall’inizio dello sfruttamento delle miniere nel 1970 e fino al 2010, Orano ha estratto quasi 115.000 tonnellate di uranio dal sottosuolo nigerino per un valore di circa 3,5 miliardi di euro. Nell’insieme di questa produzione, lo Stato nigerino ha ricevuto soltanto 460 milioni di euro, che rappresentano appena il 15% del valore dell’uranio. La relazione evidenzia inoltre uno squilibrio molto sfavorevole per il Niger tra il valore dell’uranio prodotto localmente da Orano e le sue spese nel paese. A ciò si aggiunge la corruzione e l’oligarchia del Niger che fa sì che siano stati i dirigenti ad accaparrarsi la poca ricchezza distribuita dalle società minerarie.
Nella sua relazione Oxfam denunciava la mancanza di trasparenza dei conti di Orano in Niger, in particolare gli importi eccessivi delle spese «altre», senza sapere cosa finanzino, mentre secondo la Banca Mondiale quasi il 50% dei nigerini vive al di sotto della soglia di povertà, Questo problema di distribuzione della ricchezza è terreno fertile per i gruppi terroristici che possono accusare il governo di corruzione e collusione con le potenze occidentali esterne, di spoliazione delle ricchezze e cosi’ aprire la strada per l’arrivo della Russia, che ha fagocitato i diversi putsch militari in chiave antifrancese ed ora incassa i profitti.
Colloqui avanzati
Abbiamo già incontrato aziende russe che vogliono venire a esplorare e sfruttare le risorse naturali del Niger, non solo l’uranio
Ha dichiarato il ministro delle Miniere Ousmane Abarchi all’agenzia di stampa russa Ria Novosti in un’intervista. “Per quanto riguarda le aziende francesi, il governo francese, attraverso il suo capo di stato, ha dichiarato di non riconoscere le autorità nigerine”, ha aggiunto. In questo caso, è possibile che noi, lo Stato del Niger, accettiamo che le aziende francesi continuino a sfruttare le nostre risorse naturali?“. I commenti di Abarchi arrivano in un momento in cui diversi paesi dell’Africa occidentale hanno recentemente ridimensionato i loro legami storici con la Francia, rivolgendosi invece alla Russia e ad altri stati per ottenere partnership strategiche. Questo mese il Presidente russo Vladimir Putin ha ricevuto le credenziali del nuovo ambasciatore del Niger a Mosca.
Niger centrale per la Russia
Il Niger è un obiettivo strategico primario per la politica di influenza della Russia. È sede del segretariato permanente del G5 Sahel e ospita una base statunitense, oltre alle truppe francesi dislocate dopo la fine dell’Operazione Barkhane. Prendendo di mira uno dei principali fornitori di uranio della Francia, la Russia rimarca la forte dipendenza energetica dell’Europa (nucleare, petrolio e gas) dall’orso russo. Il rovesciamento del Presidente Bazoum e l’orientamento decisamente filo-russo della giunta al potere rappresentano quindi una notevole battuta d’arresto strategica per la Francia e l’Unione Europea.
Sebbene infatti il Niger rappresenti oggi solo il 15% circa delle forniture francesi, è la fonte del 25% dell’uranio dell’Unione Europea. Inoltre, sebbene Orano abbia diversificato le sue fonti di approvvigionamento al punto da importare 2.492,64 tonnellate di uranio dal Kazakistan e 2.172,72 tonnellate dall’Uzbekistan tra l’aprile 2022 e l’aprile 2023, rispetto alle 2.162,21 tonnellate del Niger, queste fonti di approvvigionamento alternative potrebbero garantire solo un’indipendenza illusoria dalla Russia. Almeno, questo è quanto evidenziato in un rapporto di Greenpeace pubblicato nel 2023. Intitolato “Russia, l’hub dell’uranio”, mostra che il combustibile importato da questi due paesi passa principalmente attraverso il porto di San Pietroburgo. L’ennesimo coup de maître russo ai danni della Francia.
Giornalista professionista ed autore. Dopo la laurea in filosofia all’Università di Napoli ed un Master in filosofia alla Sorbona di Parigi lavora per l’agenzia nazionale ANSA, al desk di ANSAmed. Ha collaborato per ResetDoc e Gruppo Espresso. Da Parigi scrive per Strumenti Politici, Micromega, Linkiesta, Pagina99, The Post Internazionale, Atlantico, Valigia Blu, Focus On Africa, Imbavagliati.it, Articolo 21. Nel 2012 ha pubblicato un libro sulla censura in Turchia dal titolo « Sansür: Censura. Giornalismo in Turchia » (Bianca&Volta) che nel 2015 s’aggiudica un premio al Concorso Internazionale Giornalisti del Mediterraneo di Otranto. Nel 2016 per il suo libro « Medin. Trenta Storie del Mediterraneo » (Rogiosi), s’aggiudica il Premio di Letteratura Mediterranea Costa d’Amalfi Libri 2016. Dal 2016 coordina con la giornalista Désirée Klein il Festival Internazionale di Giornalismo Civile “Imbavagliati” al PAN di Napoli. Oggi lavora a Parigi presso l’agenzia stampa Kantar per conto della Commissione Europea, la NATO ed il ministero degli interni francese.