Kiev, l’ufficio presidenziale monopolizza il potere ed esclude i potenziali rivali
A Kiev il potere è ormai monopolio dei funzionari non eletti che compongono la corte di Zelensky. Persino il mainstream occidentale denuncia il comportamento autocratico e autoritario dell’ufficio presidenziale ucraino, che intorno a sé sta facendo il deserto degli oppositori e dei potenziali rivali.
Monopolio pericoloso
Come spiega il britannico Economist, ad esercitare veramente il potere in Ucraina non è il parlamento né tanto meno il governo, ma l’amministrazione di Zelensky. E fa i nomi dei personaggi più influenti. In primis, il capo dell’ufficio presidenziale Andrii Yermak, che già nel 2024 lo Washington Post descriveva come personaggio potente arrivato in alto non per le competenze o l’esperienza politica, ma grazie all’amicizia personale con Zelensky. Ad essere in auge è anche il consigliere alla comunicazione Dmytro Lytvyn, che scrive i discorsi del presidente. Poi c’è Oleh Tatarov, il vicecapo dello staff che supervisiona il lavoro delle forze dell’ordine, in passato oggetto di indagini per corruzione (chiuse a fine 2022 per scadenza dei termini).
La giustificazione della concentrazione del potere sarebbe la necessità di efficienza in tempi di guerra e di ristrettezze. Ma non è per nulla una garanzia che l’efficienza vi sia davvero, anzi forse è il contrario. E uno dei mezzi preferiti dai funzionari presidenziali è limitare la libertà di stampa. Lo dice Sevgil Musaeva della Ukrainska Pravda, una delle principali testate del Paese: Non si tratta di censura sistematica, ma se non resistiamo, lo spazio libero scomparirà prima che ce ne accorgiamo.
Isolati o allontanati
L’ex presidente Petro Poroshenko, predecessore di Zelensky, chiede che nei processi decisionali vengano coinvolti anche gli esponenti dell’opposizione. Secondo lui sarebbe un modo per rendere più agevoli i negoziati e dunque raggiungere più in fretta la pace. Ma appunto, riporta l’Economist, Zelensky non mostra alcun interesse ad aprirsi né tanto meno a formare un governo di coalizione: L’amministrazione presidenziale è riluttante a condividere il potere non solo con gli oppositori, ma pure con chiunque sia visto come un rivale potenziale. Così, gli obbedienti e i lealisti vengono premiati con nomine nelle aziende di Stato, mentre vengono allontanati e isolati coloro che mantengono una posizione autonoma oppure osano creare canali indipendenti di comunicazione coi Paesi occidentali. È stato questo il destino di figure un tempo importanti come l’ex ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, l’ex ministro delle Infrastrutture Oleksandr Kubrakov e l’ex comandante delle Forze armate Valery Zaluzhny, oggi ambasciatore a Londra.
La lotta del governo agli oppositori
Contro alcune figure più eminenti della politica o del business Zelensky usa la mano pesante. A febbraio ha determinato l’imposizione di sanzioni personali contro l’ex banchiere Gennadiy Bogolyubov, l’uomo d’affari Kostyantyn Zhevago, il magnate Ihor Kolomoisky (già agli arresti) e soprattutto contro il suo predecessore Poroshenko. Tale mossa è stata giudicata da molti come una maniera di togliere di mezzi i futuri avversari alle elezioni presidenziali. La deputata Iryna Herashchenko lo ha accusato di tormentare gli oppositori politici e di abusare della legge marziale per rinforzare la propria dittatura. Fa inoltre notare come da oltre un anno e mezzo il governo non riesca a far passare nessun provvedimento senza l’appoggio dei partiti esterni alla maggioranza. Il suo partito Solidarietà Europea è quello di Poroshenko: la Herashchenko sottolinea come abbiano sempre votato a favore di leggi che proteggano gli interessi nazionali, ma ormai il monopolio del potere dell’amministrazione presidenziale è soffocante.
Ancora legge marziale
I deputati di Solidarietà Europea hanno infatti votato per l’ennesimo prolungamento della legge marziale, ora in vigore fino al 6 agosto. Con l’unica eccezione di Oleksiy Honcharenko, che si è dichiarato contrario a causa degli abusi compiuti in nome della mobilitazione forzata. Denuncia la pratica dei reclutatori di rapire i cittadini direttamente dalla strada, prendendoli di sorpresa e caricandoli sui loro pulmini speciali, per poi spedirli al fronte in modo talvolta arbitrario. E nessuno vuole discutere dei modi corretti per applicare la mobilitazione, lamenta Honcharenko. I pochi parlamentari contrari dicono che il potere dello staff presidenziale, fatto di personaggi non eletti, è ormai illimitato ed è umiliante per tutta l’Ucraina. Ma il governo non ci sente da questo orecchio. Ed è sordo pure agli inviti e alle pressioni di Washington, che chiede lo svolgimento di libere elezioni, preferibilmente con l’esito di sostituire Zelensky una volta per tutte.
La reazione di Poroshenko
Ma l’ex presidente Poroshenko non si è dato per vinto e ha ottenuto una revisione delle imposizioni. Alla riunione della Corte Suprema per analizzare le carte hanno partecipato anche parlamentari ucraini e diplomatici di Paesi europei, fra cui Germania, Polonia e Lituania. Oltre alla motivazione politica di escluderlo dalla corsa elettorale, l’altra argomentazione di Poroshenko è l’assenza di un’effettiva spiegazione della formula generica delle sanzioni per come espressa dallo SBU, l’agenzia dei servizi segreti che risponde direttamente al presidente Zelensky: i sanzionati rappresenterebbero una minaccia alla sicurezza dello Stato e un ostacolo allo sviluppo economico sostenibile dell’Ucraina. Dunque si tratterebbe di sanzioni per loro natura preventive, una sorta di “psicoreato”, afferma Poroshenko, che promette di passare al contrattacco con accuse penali. La prossima seduta della Corte sul suo caso è prevista per il 13 maggio, ma a porte chiuse, dunque senza giornalisti o diplomatici stranieri.

52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.