Trump taglierà le spese militari: la presenza americana in Europa diminuirà
L’amministrazione Trump si è subito messa al lavoro senza rimandare le istanze più scottanti. Si tratta delle questioni ignorate o rimandate da Biden e che ora richiedono una soluzione, fra le quali l’ottimizzazione delle spese militari. Le Forze armate statunitensi hanno un volume eccessivo rispetto alle effettive necessità e agli interessi di Washington nel mondo. Dunque occorre fare dei tagli, sotto i quali probabilmente ricadrà la presenza militare americana in Europa. Dalla Germania e dalla Polonia saranno ritirati migliaia di soldati: è questa la conclusione dell’analisi condotta da Jennifer Kavanagh della Defense Priorities, che in passato ha lavorato anche alla RAND Corporation e dunque conosce bene il mondo dell’esercito e del complesso militare-industriale degli USA.
La domanda scomoda dei parlamentari
C’è stata una domanda scottante che ha aleggiato nelle recenti audizioni presso la Camera e il Senato. L’hanno fatta agli ufficiali del Pentagono sentiti in merito alle sfide di sicurezza che gli USA devono affrontare. L’hanno fatta a Katherine Thompson, vicesegretario ad interim per gli affari di sicurezza internazionali, alla quale è stato chiesto se vi sia la possibilità di modifiche nella presenza dei militari americani in Europa.
Ha risposto che nessuna decisione può esser presa in questo momento, dato che il Dipartimento della Difesa sta effettuando una revisione della postura globale delle Forze armate. Guardando oltre le dichiarazioni ufficiali, però, la risposta diventa più chiara. Per raggiungere gli obiettivi di budget e di strategia del segretario alla Difesa Pete Hegseth, l’esercito americano dovrà restringersi. Dunque il numero dei fanti USA in Europa con molta probabilità diminuirà. E l’amministrazione Trump non dovrà certo scusarsi per questi cambiamenti, perché nonostante le prevedibili resistenze, ve ne è assoluto bisogno. Saranno modifiche che aiuteranno il Paese ad allineare gli impegni militari con le priorità di sicurezza e con le risorse disponibili.
Le nuove priorità americane
Dall’inizio del secondo mandato di Trump, la sua squadra per la sicurezza nazionale ha determinato alcune precise priorità: rendere sicuro il Paese, mettere fine al conflitto in Ucraina, tagliare le spese inutili e alleggerire il peso bellico. Il tutto al fine di concentrarsi sull’Asia. Tuttavia Washington è rimasta vaga sulle implicazioni che tali priorità avranno per le dimensioni e per la forma dell’impegno militare statunitense oltreoceano. Specialmente in Europa, dove sono di stanza circa 100mila uomini. Mentre a febbraio si trovava nel Vecchio Continente, Hegseth ha fatto capire che gli USA non potranno più essere il primo garante della sicurezza europea. Il motivo è da ascriversi alle “necessità strategiche” che comprendono la sfida con la Cina e la protezione del confine meridionale. Ciò presupporrebbe un’imminente diminuzione della presenza militare americana in Europa, ma al Pentagono finora ha evitare di dare spiegazioni in merito.
Nella sua visita europea di aprile, il segretario di Stato Marco Rubio ne ha invece parlato in maniera leggermente diversa. Ha chiamato isteriche e iperboliche le congetture dei giornalisti e ha detto che Washington non ha alcuna intenzione di ritirarsi dalla NATO, ma che invece vuole un’Alleanza “più forte”. E in effetti non è giunta alcuna notizia di modifiche alla presenza americana in Europa alle orecchie dei funzionari NATO, le cui paure e le cui domande tuttavia permangono.
Le linee guida di Hegseth
Le risposte non si trovano in Europa, ma nelle principali iniziative di Hegseth relative agli Stati Uniti: riallineare il gigantesco budget del Pentagono agli obiettivi di sicurezza dell’attuale amministrazione e usare la potenza militare americana per sostenere le politiche di Trump sui confini. Nel suo memorandum del 18 febbraio, Hegseth ha dato istruzioni agli ufficiali superiori e ai capi della Difesa di redigere un piano di riduzione dell’8% annuo dei rispettivi bilanci nel prossimo quinquennio. Tale esercitazione non è tanto focalizzata sulle questioni di livello maggiore, quanto sull’individuazione delle risorse che possono essere riallocate alle priorità dell’amministrazione repubblicana. Vi sono ricompresi diciassette ambiti ai quali Hegseth vuole evitare la scure.
Le sue linee guida lasciano però poca scelta a chi deve determinare i risparmi. Le categorie protette coprono molte delle voci di bilancio del Pentagono più salate, fra cui le operazioni al confine sud, i programmi di munizionamento, la difesa missilistica, le navi e i sottomarini nucleari, la struttura militare in Asia. Occorre notare come l’esercito sia sottorappresentato in questa lista, ad esempio i suoi notevoli programmi di modernizzazione e il supporto ai comandi in Europa e in Medio Oriente, dove il suo personale svolge il ruolo più ampio.
La “potatura” dell’esercito
Non sorprende allora che una recente esercitazione di simulazione del bilancio effettuata dall’American Enterprise Institute abbia stabilito che quando vengono fatti dei tagli seguendo fedelmente le indicazioni di Hegseth, l’esercito finisca inevitabilmente per risultare un grande “pagatore di conti”, prendendosi cioè una grossa quota delle riduzioni richieste. Un partecipante alla simulazione ha rivelato che hanno dovuto effettivamente tagliare le spese dello U.S. Army per far quadrare i conti. I pianificatori del Pentagono arriveranno probabilmente alla medesima conclusione.
Da un punto di vista finanziario, ridurre le dimensioni dell’esercito ha senso perché la struttura militare genera in quanto tale dei grossi costi. Un minor numero di unità da mantenere significa meno soldi spesi rispetto al totale e minore richiesta di addestramento e attrezzature. Da un punto di vista strategico, i tagli corrispondono a loro volta alle intenzioni del Pentagono di spostare la propria attenzione sull’Asia. Certamente la fanteria darebbe il suo contributo alle operazioni nell’Indo-Pacifico, ma la richiesta di personale di terra sarebbe molto minore di quella per la Marina e l’Aviazione con le loro navi e aerei.
Quanti posti taglieranno?
Se Hegseth continuerà nella sua risistemazione del bilancio, allora diventeranno probabili le riduzioni del personale attivo dell’esercito. Difficile però prevedere quali e quanti perderanno il posto. Per adesso viene negata recisamente la notizia del piano di eliminazione di 90mila posizioni. Anzi rilanciano dicendo che alla fine il numero di soldati potrebbe persino aumentare! Suggeriscono quindi che incrementeranno la potenza militare pur diminuendo l’organico e le spese generali. E allora forse taglieranno i posti di lavoro amministrativi o anche quelli strettamente militari ma comunque superflui. Ma non basterà comunque a rendere disponibili le risorse che Hegseth vorrebbe.
Bisognerà “potare” anche il personale di servizio attivo, comprese le unità di combattimento e le forze speciali. Questi non sono di per sé tagli che debbano necessariamente riguardare la presenza europea degli USA, ma vi è un elemento che invece può influenzarla, ed è l’approccio militare di Trump alla questione della frontiera meridionale. Nella sua guida di febbraio, Hegseth lo ha protetto. Fino a questo momento della richiesta del presidente di avere un “controllo operativo del 100%” sul confine col Messico si è occupato in gran parte l’esercito. Oggi a svolgere questo compito vi sono circa 6600 militari di servizio, provenienti soprattutto dallo U.S. Army e oltre 2000 della Guardia Nazionale.
Le operazioni al confine col Messico
Le unità dislocate comprendono uomini della fanteria meccanizzata dello Stryker Brigade Combat Team, dell’aviazione e delle truppe di supporto e dei quartieri generali. Alcuni di loro vengono dalle unità di risposta rapida, preposti alle crisi, già consumati da azioni ad alta intensità svolte nelle numerose missioni oltreoceano. Secondo il generale Gregory Guillot, comandante del NORTHCOM, le operazioni alla frontiera sud dureranno “non mesi, ma anni” e graveranno ancora di più sull’esercito. La loro rotazione con forze fresche avverrà fra nove mesi o fra un anno. E se la missione si prolungherà per tutti i quattro anni del mandato di Trump, saranno 40mila i fanti ad aver servito per almeno un turno sul confine meridionale.
Ovviamente, i soldati impegnati alla frontiera non possono essere mandati in missione oltreoceano. Però la loro indisponibilità continuerà oltre la fine del dispiegamento in concreto. Il fatto è che un soldato a fine turno deve riposare e rimettersi in sesto, oltre eventualmente a sottoporsi a nuovi addestramenti o alla riparazione dell’equipaggiamento. Così, alla fine la pressione combinata dei tagli alle strutture e della missione alla frontiera sud lascerà molti meno soldati pronti per essere assegnati a missioni oltreoceano. L’impatto più forte lo sentirà probabilmente l’esercito in Europa. Saranno abbassate di 10 o magari di 20mila uomini le forze permanenti e quelle a rotazione in Germania e in Polonia. Uno U.S. Army, soprattutto se diventa più piccolo, non può fare più di così. Hegseth lo ha espresso in modo chiaro: l’amministrazione Trump considera le operazioni alla frontiera col Messico più importanti dell’impegno statunitense in Europa.
La reazione del Congresso
Il Congresso di certo si lamenterà di queste decisioni, ma sono decisioni che andavano prese già da tempo. Il numero delle unità di combattimento, delle forze speciali in servizio e delle forze di supporto è rimasto gonfiato oltre misura dopo la fine della ventennale guerra al terrorismo. Dunque sussisteva già prima un ampio bisogno di fare dei tagli. Allo stesso modo, la presenza americana in Europa è aumentata negli ultimi 10 anni ed è andata molto oltre il necessario, considerato il quadro attuale delle minacce, gli interessi USA nella regione e le responsabilità degli alleati. L’amministrazione Trump non dovrebbe essere timorosa di mostrare i suoi piani di ottimizzazione dell’esercito sia in patria che in Europa, ma dovrebbe invece pubblicizzare i benefici che ne avrà il bilancio statale e la necessità strategica di effettuare dei cambiamenti critici che la precedente amministrazione ha esitato troppo a fare.

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