L’ostacolo europeo alla pace
I commentatori del mainstream pare godano nell’osservare i fallimenti di Donald Trump nei negoziati sull’Ucraina. Dopo essere rimasti tramortiti e mortificati in avvio di presidenza dagli incontri fra USA e Russia che stavano gettando le basi per una tregua, si sono impegnati in articoli da gufi, per poi gettarsi come avvoltoi sul presidente americano che oggi fatica non poco a trovare un’intesa col Cremlino.
Ricostruzioni di parte
Ma di chi è la colpa? Ovviamente per i media, che da tre anni si limitano a fare il copia-e-incolla delle veline di guerra, le responsabilità cadono tutte su Trump e Vladimir Putin, che se le dividono equamente. Il primo, Trump, è definito incapace, indegno populista, elefante in una cristalleria, dilettante allo sbaraglio. Il secondo, Putin è descritto come novello Hitler che non vuole la pace ma nutre le ambizioni imperialiste di annettersi tutta l’Ucraina per poi arrivare a Lisbona.
È veramente difficile prendere sul serio ricostruzioni del genere. Sia per i loro contenuti deliranti, sia per la statura professionale di chi le propone. Chi le scrive, infatti, fino a ieri si prostrava a un presidente degli Stati Uniti a dir poco imbarazzante coi suoi evidenti problemi di senilità e di tenuta mentale, che ha agevolato il conflitto in Ucraina in tutti i modi possibili e che in un mondo serio sarebbe finito sotto impeachment.
Anedotti assurdi, previsioni irrealistiche
Negli ultimi tre anni la stampa italiana ha riferito di tutto e di più, dagli aneddoti improbabili alle previsioni super ottimistiche. Il tutto spacciato come verità inconfutabile. Ricordiamoci quando diceva che Mosca avrebbe dovuto conquistare l’Ucraina in due giorni: una clamorosa balla inglese, visto che alla coalizione occidentale a guida USA ci volle più di un mese per far capitolare l’Iraq. Un’affermazione del genere serviva a costruire lo storytelling del fallimento russo, perché nella mentalità suprematista angloamericana la Russia fa le cose male ed è cattiva per definizione. Sono quindi seguite le notizie sui soldati russi che stavano finendo le munizioni, che rubavano lavatrici per procurarsi i pezzi di ricambio e che combattevano con le pale, andando al fronte a dorso d’asino.
E come scordarsi dell’eroica signora di Kiev che abbatte un drone russo con un barattolo di conserva, del pensionato ucraino che col fucile da caccia tira giù un jet da combattimento, dell’anziana che avvelena i soldati russi con le sue torte allo zinco. E dicevano che Putin è chiaramente malato, anzi moribondo, che gli oligarchi stanno preparando il golpe, che la Federazione Russa è in default, che la sua economia è al collasso, che nei supermercati russi mancano zucchero e patate, che i reclutatori vanno in giro per le palestre di Mosca a costringere i praticanti di fitness ad arruolarsi… Da “giornalisti” del genere così che cosa ci si può aspettare? Mi sconvolge il fatto che vi siano lettori disposti a credere a tali boiate.
Le colpe dell’Europa
Se Trump oggi è in difficoltà nel chiudere un accordo con Mosca bisogna incolpare anche l’Europa, che punta i piedi, strepita e rifiuta il dialogo. La sua resistenza però è soltanto a parole, da dare in pasto all’opinione pubblica, e per ragioni economiche. Infatti l’intesa fra USA-Russia la taglierebbe fuori dal grande business della ricostruzione post-bellica. A ciò si aggiunga l’interesse di Francia e Germania a prendere in mano le redini del continente lasciato orfano dagli Stati Uniti. E in questo folle gioco non poteva certo mancare il Regno Unito, che dopo essere uscito dalla UE con la Brexit vuole assolutamente mettersi a capo delle nascenti forze militari europee.
Intanto in Ucraina cittadini e soldati continuano a morire, da entrambe le parti. Ed è soprattutto sulle vittime civili che si consuma lo spettacolo imbarazzante dell’indignazione mirata. A una parte dell’opinione pubblica basta un missile russo per dimenticarsi delle guerre fatte in tutti questi anni da noi, dall’Occidente moralmente superiore. Ricordiamo per gli smemorati i 3300 morti civili della Siria, i 387mila tra Afghanistan e Iraq, i 1000 in Libia e così via. Questa è schizofrenia: le persone si scandalizzano per le drammatiche immagini di morte e distruzione, si stracciano le vesti su stimolo quotidiano dei media, mentre ascoltano rapite i leader europei che spingono per farci marciare sorridenti verso una guerra che in breve stravolgerebbe tutto.
Gli europei hanno dimenticato cos’è la guerra
Una guerra di cui la politica ha smarrito il vero significato. Forse ha dimenticato cosa significa sparare e farsi sparare addosso. Per troppo tempo l’ha combattere ad altri, per procura. Ci si è scordati che in guerra è spesso impossibile distinguere i militari dai civili e che si finisce per fare cose sporche. Eppure dalla politica europea, in particolare da quella europeista, non arriva alcuna parola di pace. Anzi, si parla come se Kiev avesse vinto, sebbene già sotto Biden veniva candidamente ammessa la sconfitta o comunque l’impossibilità di vincere (e pure di pareggiare).
Fino a quando a Bruxelles non si cambierà la narrativa, cioè non si metteranno a tacere le paradossali mire sovraniste di Paesi a guida europeista e non sovranista, ecco fino ad allora la guerra continuerà. Fino a quando si parlerà usando solo minacce, promesse di invio di truppe e moniti di uno scontro imminente con la Russia, allora sarà altissima la probabilità di adempimento di quelle profezie autoavveranti che denunciava Kissinger. E non basterà di sicuro il kit della Von Der Leyen e di Hadja Lahbib ad alleviare le sofferenze che vivranno sulla propria pelle i cittadini europei.

Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos.