Verso uno stato Etico e totalitario: la fine della democrazia e l’affermazione del pensiero unico
Si definisce stato etico quella forma istituzionalizzata dai filosofi Hobbes e Hegel in cui l’istituzione statale è il fine ultimo a cui dovrebbero tendere le azioni dei singoli per la realizzazione di un bene-universale.
Nel tempo tuttavia il concetto di stato etico ha assunto composizione diversa ed è arrivato oggi ad assumere una dimensione totalitaria: in cui il bene ed il male sono il risultato di un’imposizione indipendente da quello che dovrebbe essere il contratto di base tra stato e cittadini.
Il metodo contrattualista
Thomas Hobbes viene considerato il padre della filosofia politica moderna con la sua presa di distanza dalla riflessione del mondo classico sulla socialità e politica dell’uomo. Hobbes inaugura il metodo contrattualista dove gli uomini troveranno regole comuni, sacrificando parte della libertà in cambio della tutela e del rispetto delle regole stabilite.
E faranno riferimento ad un unico grande rappresentante istituzionale definito come Leviatano. In questo senso Hobbes viene definito il principale teorico dello stato assoluto o assolutismo in cui il sovrano è considerato al di sopra della legge universale.
Stato come fonte di libertà
Dopo Hobbes, Hegel, filosofo idealista definisce lo stato come sostanza etica consapevole in sé; lo stato è l’espressione più elevata dell’eticità, teoria in netto contrasto con il giusnaturalismo ed il contrattualismo della filosofia politica moderna. Lo stato, affermava Hegel è fonte di libertà e norma etica per il singolo e si pone come fine supremo ed arbitro assoluto del bene e del male.
Tuttavia lo stato hegeliano non è uno stato assolutista e totalitario vero e proprio ma un’unità organica vivente che si deve adattare alle naturali circostanze evolutive della società umana. Lo stato etico per Hegel è l’ultimo momento dello spirito soggettivo e dello spirito oggettivo. Hegel afferma che la libertà è e resta in ogni tempo la condizione storica della filosofia a partire dall’antica Grecia.
Per Hegel nello stato si dovrebbe trovare una combinazione tra bene comune e bene personale nei limiti dovuti dall’interazione dei singoli individui. Alla posizione di Hegel si contrappone poi la critica di Karl Popper che definisce lo stato etico come società chiusa rispetto allo stato di diritto che è proprio di una società aperta.
L’avvento dell’idea dello Stato etico
La teoria dello stato etico fu poi ripresa nel Novecento ed usata per spiegare per spiegare lo Stato fascista e quello comunista che di fatto furono stati totalitari in cui le libertà personali venivano represse in funzione della regole sovraordinate del “Leviatano” di Hobbes.
Le successive costituzioni democratiche che hanno governato fino al secolo scorso le regole dello stato di diritto fondano il loro essere su un fragile equilibrio fra diritto e libertà, fra interesse pubblico e tutela delle minoranze che si oppone al pensiero unico.
Oggi ci troviamo in uno stato etico oppressivo perché se la democrazia liberale riconosce e difende la libertà di espressione, ponendo come limite la tutela della dignità umana, l’estremismo progressista vorrebbe al contrario la censura di tutto ciò che non è in linea con il pensiero unico. Un pensiero unico che viene proposto da un’èlite che sembra avere una governance globale ed impone le sue regole del bene e del male da lei stessa definita in funzione di un cambiamento culturale tale da rispondere ad interessi superiori.
L’ideologia woke
La cancel culture è la rappresentazione più distruttiva di un monopolio culturale che cancella la libertà di espressione e della democrazia reale sempre più in bilico per la sua sopravvivenza. Questo tipo di (non)cultura dilaga nelle università dove ai docenti non allineati viene vietato di parlare, nelle piazze dove vengono abbattute statue come quella di Churchill dichiarato fascista e quella di Lincoln come razzista e di Colombo come razzista. Ed ancora nel giornalismo, dove si impongono modalità espressive che non offendono la sensibilità di alcuno.
Poi nella politica che cavalca il pensiero unico ed il dibattito sul gender e sull’economia green diventano i cavalli di battaglia di un pensiero unico che nel non pensiero della società diventano una monarchia culturale senza freni. Sentire la segretaria del PD che inneggia ad una società libera senza freni al gender inanellando più di dieci sigle a cui potrebbe aggiungere gli indiani apache, i mescaleros, gli hutu, i pigmei del Borneo senza fare una piega ma mostrandosi come esempio di universalità tanto tutto fa brodo.
I temi veri scompaiono
Ci si dimentica dei problemi veri come la disuguaglianza, la povertà, la disoccupazione il degrado morale dei giovani spinti all’ideologia del cambio di gender.
E così che si passa dallo stato di diritto allo stato etico assolutista dove censura, dimissioni, repressione e gogna pubblica sono la fine dei non allineati. Il fenomene dilaga nei paesi anglosassoni senza più un punto di riferimento etico e morale. Fanno alla svelta a cancellare la poca cultura che hanno.
L’attacco alla democrazia
L’attacco alla democrazia liberale è basato su un populismo securitario che riscopre lo Stato forte che protegge il cittadino sempre più solo , indifeso e confuso ma anche più facile da dominare e governare e così lo Stato etico entra di forza nella vita dei privati proponendo modelli assoluti da seguire ordinatamente scardinando il sistema sociale che si trova alla mercè del pensiero unico.
Accanto al gender fa da mito e da bibbia l’economia green funzionale ad interessi superiori ma che rischia di mandare in rovina la classe media e scardina la gerarchia sociale dove i super-ricchi impongono la loro “ cancel culture “ indifferenti ai drammi sociali che stanno creando .
Il mondo occidentale si sta costruendo la sua pietra tombale con una forma di nichilismo estremo e senza speranza che sposa un globalismo senza regole morali , il globalismo è un’ideologia complessa che contrappone un’apparente libertà smisurata con i social invasivi e talora criminali ed un controllo sempre più profondo ed invasivo delle opinioni espresse dai social.
Viviamo in una libertà effimera che diventa da condannare se usciamo dalle opinioni consentite e dalle idee politicamente corrette , viviamo in un’illusione di libertà sconfinata ,edonistica senza limiti morali che siano espressione di una minima decenza ma governati da una ristretta oligarchia che controlla, guida e punisce senza pietà i poveri ed innocenti trasgressori. Il cambiamento antropologico che caratterizza il nostro tempo è il rifiuto dell’umano e della realtà.
L’epoca dell’autoritarismo e individualismo
La cultura dominante è autoritaria, statalista, individualista, triste ed ostile a qualsiasi fondamento che leghi al passato e rafforzi i legami spontanei e naturali. Viviamo nel tempo “post”: post cristianesimo, post umanesimo.
La mutazione antropologica ci allontana da tutto ciò che trenta secoli di civiltà, dal paganesimo antico al cristianesimo, avevamo condiviso e trasmesso. Siamo inseriti in un acuto cambiamento culturale, etico e sociale, caratterizzato, tra gli altri aspetti, da un’intolleranza in nome del suo contrario, dalla rinascita – molto anglosassone- di un nuovo puritanesimo, trasferito dall’ambito sessuale a quello dell’ossessione per l’uguaglianza, al divieto di giudizi di valore, e soprattutto, dall’assenza di una visione comune per lo spezzettamento della società in mille segmenti, micro identità ostili, rancorose, rivendicative.
Un cambiamento antropologico
Il cambiamento antropologico tocca anche il diritto, che di fatto scompare, sostituito dalla semplice legalità. La legge non è più “giusta”, conforme a natura, come sempre fu, dai tempi di Sofocle a Paolo Giulio, ma solamente “legale” , posta cioè secondo procedura a guardia delle idee del tempo, ovvero dei dominanti: diritto detto positivo, padre dell’autoritarismo amministrativo privo di radici ontologiche e umanistiche; le opinioni possono essere soggette ad una disciplina penale quando affermano verità inconfutabili come il fatto che il mondo è fatto da uomini e donne.
Siamo in un mondo etereo fatto di giochi, illusioni ed autoritarismo senza limiti ma preda di un pensiero unico che si è posto l’obiettivo di cambiare il mondo. Eppure di fronte a questa discesa nell’inferno non sembra che ci sia una sola voce di protesta ma un infinito gregge di lemming che si stanno gettando nel burrone . E’ la “fase tragica” del nichilismo, l’inizio della “miseria dell’uomo senza Dio” per usare il lessico di chi scrutò sino in fondo l’abisso, Friedrich Nietzsche.
È Dottore commercialista, revisore contabile e Professore ordinario di Economia Aziendale, Università Bocconi. Docente senior dell’Area Public Management & Policy della SDA Bocconi. Ha insegnato presso l’Università di Parma e Trento. È stato visiting professor alla Harvard Business School e alla Harvard School of Public Health.
Ha rivestito il ruolo di membro della Commissione sul riordino dei sistemi di controllo presso il Dipartimento della Funzione Pubblica; componente dell’Accademia Italiana di Economia Aziendale e della Società Italiana di Storia della Ragioneria; membro del Comitato scientifico nazionale di Legautonomie; membro del Comitato scientifico dell’European Centre for Public Affairs, Bruxelles; membro del Consiglio Generale della Fondazione Cari-Parma e membro del Comitato editoriale delle riviste Azienda Pubblica ed “Economia & Management”.
Membro del Comitato Scientifico Editoriale della Rivista “Azienda Pubblica”, Maggioli Ed., Rimini , della Rivista “Economia & Management” RCS Ed. Milano, “Quaderni di ricerca sull’Artigianato”, Mestre , della rivista “Finanza” , Roma, Membro del comitato scientifico della rivista “I controlli nelle società” dell’Ordine dei Dottori commercialisti di Milano.
E’ stato membro della Commissione sui principi contabili delle amministrazioni pubbliche presso il Ministero dell’Interno