Ucraina, declino demografico sempre più acuto, ma lo spopolamento era iniziato già vent’anni fa
Il declino demografico dell’Ucraina è un dato costante da diversi anni, cioè da molto prima che iniziasse la cosiddetta operazione speciale russa. In altre parole, la diminuzione della popolazione non si spiega solamente con la fuga dei profughi e con le difficoltà di una vita quotidiana sotto un conflitto armato, ma ha cause più profonde e radicate nella società ucraina.
Le previsioni dell’Accademia Nazionale ucraina delle Scienze
Dall’Accademia Nazionale delle Scienze dell’Ucraina (NAN, Національна академія наук), con sede a Kiev, arrivano previsioni estremamente negative sullo sviluppo della popolazione ucraina nei prossimi anni. Ella Libanova, direttrice dell’Istituto di demografia e di ricerche sociali M.V. Ptukha della NAN, ha dichiarato che il 2023 potrebbe segnare la “caduta catastrofica” dell’indice di natalità.
Dal 1,1 di due anni fa la discesa potrebbe non fermarsi allo 0,8 previsto per l’anno appena iniziato: la Libanova spera che gli ucraini non vadano ancora sotto questa soglia, considerando che l’indice per un semplice ricambio generazionale sarebbe il 2,13/2,15, secondo la ricercatrice stessa. Procedendo di questo passo, alla fine del decennio gli ucraini presenti entro i confini del 1991 saranno 35 milioni, dai 48,5 milioni che erano secondo il censimento del 2001 e per la Libanova sarebbe già un grande successo limitare le perdite in questa maniera.
E dire che qualche anno fa la riduzione a 35 milioni era stata pronosticata da studi delle Nazioni Unite per il 2050, ma oggi è stata anticipata addirittura al 2030. Questo scenario terribile è stato presentato nel corso di una conferenza sul tema della ricostruzione postbellica dell’Ucraina come descritta nella visione del Dipartimento di economia della NAN.
Le cause dello spopolamento
Occorre premettere che in questo momento non è facile disporre di dati sicuri e soprattutto stabili. Il numero degli abitanti cambia frequentemente, con lo spostamento della linea del fronte e il viavai dei profughi. Chi è già tornato, chi è appena scappato, chi ha deciso di restare nei territori ora divenuti parte della Federazione Russa e così via: al momento, tracciare tutti è impossibile. La difficoltà è ancora maggiore considerando che erano altamente incerti persino i dati di partenza: l’ultimo censimento statale si era svolto infatti del 2001 e quello previsto per il 2020 non è mai stato effettuato.
Secondo l’Istituto Ptukha la guerra fa diminuire la popolazione non solo uccidendo direttamente le persone, ma anche causandone la morte con il sovraccarico di stress psicofisico, l’alimentazione scarsa o di cattiva qualità, la carenza di cure mediche adeguate. La Libanova ha gioco facile nel dare la colpa alla guerra per la sensibile diminuzione degli abitanti. Tuttavia, lei stessa tre anni fa sosteneva che l’alcolismo e gli incidenti stradali fossero tra le ragioni principali di un dato particolarmente triste: il 30% dei ventenni ucraini non riesce ad arrivare ai 60 anni di età. Un altro esempio dello spopolamento in pieno svolgimento negli anni ’10 veniva poi dagli studi condotti a inizio 2020 dall’Università di Cernihiv, città situata a meno di centocinquanta chilometri a nord di Kiev.
La docente di demografia Zhanna Deriy spiegava come ben ventinove villaggi della regione fossero stati sic et simpliciter eliminati dagli elenchi amministrativi perché non più esistenti: la loro popolazione era deceduta o se ne era andata altrove in cerca di lavoro.
I dati dell’emigrazione prima e dopo il 24 febbraio
All’inizio dello scorso anno il numero di ucraini residenti in Italia superava i 200mila, di cui la grande maggioranza erano donne, in particolare in Lombardia, Campania ed Emilia-Romagna. La comunità ucraina nel Belpaese era la più grande fra quelle presenti nei Paesi membri dell’Unione Europea, anche qui con grande prevalenza del sesso femminile, in qualità di mogli, badanti o collaboratrici domestiche.
Nel primo semestre 2021 i lavoratori ucraini avevano spedito fuori dall’Italia 141 milioni di euro sotto forma di rimesse. Secondo il Ministero dell’Interno, negli ultimi mesi sono giunti in Italia 150mila ucraini fuggiti dalle ostilità, ma molti di essi hanno poi proseguito verso altre destinazioni o sono tornati indietro. E proprio in Russia, cioè nel Paese che l’Occidente considera aggressore unilaterale, si sono rifugiati quasi 3 milioni di ucraini, stando ai dati raccolti a dicembre: la fuga verso la Russia è stata scelta da un numero di ucraini molto più alto di chi invece è andato in Polonia o in Germania, i due Paesi UE che hanno accolto di più rifugiati.
La strana “fuga” verso il paese aggressore
Già nel 2010, ben quattro anni prima della crisi seguita alla rivoluzione dell’Euromaidan e alla perdita della Crimea da parte di Kiev, vi erano quasi 2 milioni di ucraini che vivevano stabilmente nella Federazione Russa, come riportano i dati del penultimo censimento generale svolto da Mosca. Nell’Unione Europea i profughi ucraini che vorrebbero restare nel Paese in cui sono fuggiti possono ottenere lo status di protezione temporanea (TPD), che dura fino a tre anni e che dà una serie di benefici per quanto riguarda l’alloggio, il lavoro, l’istruzione e l’assistenza medica e sociale.
Al 30 settembre 2022 ne avevano fatto richiesta ben 1,4 milioni di ucraini in Polonia, 813mila in Germania e più di 100mila in Spagna e Bulgaria. Il loro inserimento nel tessuto lavorativo europeo non permetterebbe la realizzazione delle speranze della citata studiosa Ella Libanova, secondo la quale chi è emigrato o fuggito spera un giorno di ritornare in patria, guerra e condizioni sociali permettendo.
Secondo la professoressa, se la qualità della vita in Ucraina si eleverà a livelli paragonabili a quelli europei, allora ci si potrà attendere il ritorno degli emigranti. D’altronde, sostiene che pure i Paesi mediterranei come Spagna, Portogallo e Italia si sono trasformati nel corso del tempo da luoghi di emigrazione di massa a posti che attraggono immigrazione. Che il paragone sia corretto o meno, sta di fatto che il declino demografico dell’Ucraina è un dato costante da diversi anni, cioè da molto prima che iniziasse la cosiddetta operazione speciale russa.
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