Ucraina: la popolazione continua a diminuire, ma per ora Kiev non farà un censimento ufficiale
È stato recentemente pubblicato un documento delle Nazioni Unite che mette in luce il problema che affligge l’Ucraina con intensità crescente: il calo demografico. E purtroppo non è una novità, perché già da prima della pandemia gli analisti dell’ONU avevano predetto per Kiev una riduzione di un quinto degli abitanti entro il 2050. Ma ora le cose si sono aggravate, con il COVID e le svariate difficoltà che ha portato econ la strisciante guerra civile che sembra voler divampare definitivamente in un conflitto aperto. E se due anni fa c’era ancora la speranza che Volodymyr Zelensky, giovane e fuori dal giro degli oligarchi, avrebbe portato soluzioni concrete contro la corruzione e gli standard di vita troppo bassi se paragonati ai due grandi vicini (Unione Europea e la Federazione Russa), oggi nella società ucraina domina la disillusione; chi può, cerca di emigrare. Il programma di prestiti agevolati che il neo-presidente aveva lanciato nel dicembre 2019 per far ritornare gli emigranti, specialmente quelli giovani, non sembra aver sortito grandi effetti. A tutt’oggi, quella ucraino è uno dei popoli che stanno vanno restringendosi più in fretta di tutti: dai 48,5 milioni di inizio secolo, la previsione dell’ONU è di 35 milioni entro la metà del secolo. E nemmeno la discussione se i crimeani vadano inseriti nel conteggio oppure no modifica la sensazione di trovarsi di fronte a cifre disastrosamente calanti.
Le Nazioni Uniti hanno avviato in Ucraina numerosi progetti, soprattutto per migliorare le condizioni delle fasce più deboli della popolazione, in conformità alla concezione di uno sviluppo equo e condiviso fra tutti dettato dagli “obiettivi di sviluppo sostenibile” o SDG (Sustainable Development Goals). Lo scorso 19 novembre è stato pubblicato il più recente documento che tratta la questione delle dinamiche demografiche ucraine. L’ultimo censimento vero e proprio venne condotto nell’ormai lontano 2001, e gli annunci che ne sarebbero stato fatto un altro nel 2020 o nel 2021 sono stati disattesi. L’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, si sta muovendo insieme al Servizio statistico statale dell’Ucraina per adottare gli strumenti adatti in vista di un censimento entro la fine del decennio, ovvero la dita fissata dall’ONU nel 2015 per il raggiungimento dei Global Goals, l’ambizioso obiettivo di garantire a tutti i popoli pace e prosperità. All’Ucraina si richiede di elaborare una strategia ad ampio spettro, che tenga conto dei cambiamenti della composizione e del numero dei suoi abitanti, dovuta soprattutto alla migrazione all’estero e a quella interna. Il documento indica come cause principali tre problemi: il tasso di fertilità basso, il tasso di mortalità alto e l’emigrazione in costante aumento. Vi è persino uno squilibrio di genere nella diminuzione degli abitanti e sono gli uomini ad avere la peggio: per la fascia sopra i 35 anni la mortalità è superiore per i maschi, per motivi abbastanza evidenti come il trovarsi in prima linea negli scontri in Donbass, il fare lavori pesanti o pericolosi come in determinate fabbriche o settori, il guidare spesso la macchina ed essere quindi soggetti ad incidenti; ma colpisce tristemente il fatto che gli uomini siano più portati delle donne a compierel’estremo gesto del suicidio.
Una popolazione che diminuisce non rappresenta necessariamente un problema di per sé, fa notare la relazione dell’ONU: ciò che conta è infatti la qualità della vita, gli standard offerti dalla società. Ed è qui in particolare che l’Ucraina ha continuato ad arretrare in tutti questi anni. Dal momento che la fertilità rimarrà bassa, secondo gli specialisti, Kiev dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo e sull’impiego efficiente del capitale umano a disposizione, a cui dare un’adeguata protezione sociale che sia sostenibile politicamente e finanziariamente: ma per stabilire quali budget servano e quali misure implementare – e come, e dove attuarle – occorrerebbe appunto eseguire un censimento, che però continua ad essere rimandato. L’avvicinamento progressivo alla UE può essere visto come qualcosa di positivo e di promettente perché obbliga in qualche modo i politici ucraini a comportamenti e a norme consoni a una democrazia moderna. Tuttavia ciò ha una conseguenza subdola: se oggi è più semplice accedere al mercato del lavoro europeo, allora chi può scappa persino in Paesi dove andare a fare lavori molto al di sotto delle proprie qualifiche, ma con maggiori prospettive sociali rispetto a quelle lasciate in patria. Oggi, un terzo degli emigranti ucraini ha meno di 35 anni e un’istruzione migliore rispetto alla generazione precedente: è una fuga dei cervelli che dovrebbe seriamente impensierire Kiev. L’altra conseguenza è ovvia: a casa restano meno persone per diversi settori, tra cui l’agricoltura, da sempre colonna portante dell’economia nazionale.
E se l’Unione Europea sembra trarre un vantaggio almeno temporaneo dall’accogliere i cervelli in fuga, in realtà si potrebbero celare delle situazioni minacciosesul medio e sul lungo termine. La mette in guarda il vicino orientale dell’Ucraina, la Russia, inquietata dalla possibilità che si ripeta una crisi migratoria simile a quella tra Bielorussia e Polonia (quindi UE). Con la differenza che nel ruolo di massa in movimento la prossima volta potrebbero non esserci afghani o siriani, ma ucraini: è quanto ha dichiarato in una recente intervista il segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa Nikolai Patrushev. E lo ha detto accusando l’Occidente di essere una delle cause stesse di questa crisi, avendo provocato esodi di civili a seguito della distruzione di intere società in Iraq e in Libia, con i suoi interventi militari per stroncare le leadership sgradite. E avendo stabilito una sorta di “protettoratoa” sull’Ucraina, oggi l’Occidente si rende responsabile dei disastri sociali ed economici degli ultimi anni, che in futuro potrebbero costringere milioni di ucraini a spostarsi altrove.
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