Le gravi responsabilità politiche di Washington nella catastrofe ucraina secondo Scott Horton

Le gravi responsabilità politiche di Washington nella catastrofe ucraina secondo Scott Horton

13 Dicembre 2024 0

Qualche giorno fa sulla stampa tedesca ha trovato posto l’opinione del pubblicista americano Scott Horton, che attribuisce ai governi americani succedutisi negli anni una grossa parte diresponsabilità nella catastrofe ucraina.

Chi è Scott Horton

Il quotidiano tedesco Berliner Zeitung ha pubblicato un’intervista con affermazioni forti da parte di Horton. Le sue parole due anni fa sarebbero state considerate roba da putinisti o antiamericani, ma oggi sono ormai accettate nel discorso politico. Peraltro Horton non è né un semplice passante o un partigiano di una o dell’altra parte, ma tifa solo per la pace. È conduttore radiofonico, prolifico intervistatore, responsabile editoriale di “Antiwar Radio” e direttore del Libertarian Institute. Ha già scritto diversi libri, tra cui Fool’s Errand: Time to End the War in Afghanistan del 2017, un resoconto sul conflitto in Afghanistan a partire dal 2001, e Hotter Than the Sun: Time to Abolish Nuclear Weapons del 2022, una raccolta di interviste ad esperti della materia. Il suo ultimo lavoro, uscito quest’anno, è How Washington Started the New Cold War with Russia and the Catastrophe in Ukraine, un titolo assolutamente esplicativo.

Perdite territoriali irreversibili

Per Horton è chiaro che Kiev non riprenderà più il controllo dei territori già incorporati nella Federazione Russa. Rispondendo alla domanda del giornale tedesco dice che l’est del Paese è perduto e che comunque le forze armate ucraine non hanno armi o uomini a sufficienza per contrastare i russi. Dal canto suo, in un’intervista concessa qualche giorno fa all’agenzia di stampa giapponese Kyodo News, Zelensky di fatto ha già ammesso che le cose stanno così, anche se convincere gli oltranzisti non sarà facile. Lui stesso si è impegnato moltissimo per propagandare una visione di vittoria totale, grazie alla quale ha ottenuto la solidarietà dei governi europei e contribuzioni da miliardi di dollari. Così, ora il presidente ucraino ha asserito la necessità di trovare soluzioni diplomatiche per riottenere quelle regioni, a patto comunque di avere le spalle coperte almeno da un invito ufficiale a entrare nella NATO.

Niente NATO…

Ma è proprio questo il punto: niente “ombrello NATO” per Kiev, perché in Occidente nessun governo è disposto a rischiare la guerra aperta con la Russia solo per compiacere le esigenze politiche di Zelensky. In primis non lo vuole Washington: Biden non ha inviato le truppe statunitensi a sostegno degli ucraini e certamente non lo farà Trump. Lo si era capito già a novembre, quando per la prima volta Zelensky accennava pubblicamente all’idea di posare le armi e lasciare temporaneamente le cinque regioni (quindi compresa la Crimea) in mano a Mosca, con l’assicurazione della futura membership nell’Alleanza Atlantica. Scuotono la testa pure i partner europei, soprattutto la Germania, poco propensa a un’apertura del genere. A ipotizzare almeno il congelamento della linea del fronte e il conseguente invio di un contingente europeo di peacekeeping sono solamente Francia e Regno Unito, quest’ultimo retto sempre da governi ai limiti della russofobia.

Responsabilità americana

Se le cose dovessero effettivamente evolversi in questo modo, gli alleati occidentali non darebbero riconoscimento formale alla giurisdizione russa su quelle regioni. Tuttavia ciò farebbe poca differenza, perché l’obiettivo della riconquista militare sarebbe stato abbandonato, scrive il britannico Telegraph. A Zelensky verrebbe attribuita la colpa di tale perdita, sebbene la responsabilità iniziale delle catastrofe poggi sulla coscienza delle varie amministrazioni di Washington, sostiene Horton. Gli USA infatti avevano manifestato la disponibilità a integrare l’Ucraina nel sistema difensivo euroatlantico già negli anni ‘90, non volendo fare i conti con la realtà di quel Paese. Per ignoranza o per superbia hanno ignorato quanto una parte consistente della storia e della popolazione ucraina fosse indissolubilmente legata a quella della Russia e dunque non andasse sciolta in maniera forzata. Horton ricorda come i senatori americani andassero a Kiev nel 2013 ad appoggiare apertamente il rovesciamento del legittimo governo, considerato filo-russo e quindi cattivo.

Il “lavoro” dei politici americani

A proposito dell’Euromaidan, quando in Ucraina si consumò un tragico golpe, Horton rammenta le parole del senatore democratico Chris Murphy. Costui si dichiarava “soddisfatto dell’ottimo lavoro” ed escludeva una reazione russa. Sottovalutò clamorosamente il Cremlino, che poco tempo dopo avrebbe preso la Crimea. E oggi ha preso un quinto dell’intera Ucraina, con buona pace di Murphy e dell’ormai defunto senatore repubblicano John McCain. Costui nel dicembre 2013 sulla piazza principale di Kiev concionava: Popolo dell’Ucraina, questo è il vostro momento. Il mondo libero è con voi, l’America è con voi, io sono con voi. Se avrete successo, il Senato USA starà dalla vostra parte fino alla fine. Non è andata proprio così, nemmeno con tutti gli sforzi dell’ex sottosegretario di Stato Victoria Nuland, la quale a settembre ha ammesso che l’Occidente aveva fatto saltare il tavolo delle trattative a Istanbul nel 2022, quando il conflitto poteva terminare quasi subito.

Zelensky, attento ai nazisti

Horton parla anche della delicata situazione interna che Zelensky deve fronteggiare. La popolazione è stanca del governo e vuole un cambiamento radicale. Il suo mandato è scaduto da sei mesi e oggi negoziare con la Russia sarebbe una sconfitta politica, anzi la fine della sua carriera. Si sentirebbero tradite soprattutto le frange di estrema destra che hanno combattuto insieme a lui (o nonostante lui). Sono pronte a chiedere la sua testa e in modo nemmeno tanto metaforico. Horton porta l’esempio di Dmytro Yarosh, ex deputato che capeggiava il famigerato partito di ispirazione neonazista Pravyj Sektor e una formazione di miliziani volontari. Poi parla del suprematista bianco Andriy Biletsky, il primo comandante dell’infausto Battaglione Azov e poi della 3ª Brigata d’assalto autonoma, che utilizzano simboli nazisti. Kiev li ha sfruttati prima contro i separatisti in Donbass e poi nel contrasto alle forze russe. E oggi questi presentano il conto.

Società ucraina spaccata

Purtroppo la scorsa estate hanno gli USA hanno tolto il divieto di fornire armi e addestramento a tali formazioni estremiste. Del pericolo nazista per Zelensky – per l’Ucraina e da qui per tutta l’Europa – ne ha parlato recentemente anche France24, che ha raccolto l’opinione dell’accademica Lesia Bidochko. Secondo lei, negli anni la destra neo-nazista ha accumulato in Ucraina un certo grado di legittimazione sociale, sebbene abbia un seguito politico ancora limitato. Tuttavia, un eventuale accordo di pace che faccia concessioni alla Russia potrebbe ridare slancio ai fanatici, che farebbero presa sui delusi e i traditi. Qualche giorno fa sulla stampa tedesca ha trovato posto l’opinione del pubblicista americano Scott Horton, che attribuisce ai governi americani succedutisi negli anni una grossa parte di responsabilità nella catastrofe ucraina.

 

Martin King
Martin King

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