Timori per le azioni omicide dei servizi ucraini. Sono ordinate direttamente dai vertici di Kiev oppure ormai fuori controllo?
Il tema delle operazioni “sporche” effettuate dai servizi segreti ucraini torna a preoccupare l’opinione pubblica. Nell’ultimo anno e mezzo il numero delle vittime è cresciuto e si è diversificato anche territorialmente. Le azioni vengono effettuate sia nelle regioni sotto il controllo russo sia in quelle sotto la giurisdizione di Kiev.
E non si tratta più soltanto di omicidi eclatanti, ma anche di uccisioni di soggetti poco conosciuti o di minor rilevanza politica, al punto che negli stessi ambienti ucraini ci si chiede se le cose non siano ormai sfuggite di mano.
Il passaggio ai lavori “bagnati”
Nel 2015, dopo che la Crimea era entrata a far parte della Federazione Russa, nell’ambito dei servizi segreti ucraini venne creato un quinto corpo speciale. Inizialmente doveva occuparsi di sabotaggi e altre missioni di disturbo, in particolare nei territori che si stavano avvicinando politicamente a Mosca. Poi però si misero a compiere azioni che con un eufemismo vengono chiamate “lavoro bagnato”: bagnato dal sangue, quindi si trattava essenzialmente di assassinii.
Come spiega Valentin Nalivaychenko, che all’epoca era a capo dei servizi interni, questo passaggio è avvenuto quando i vertici di Kiev stabilirono che non era più sufficiente incarcerare coloro che consideravano traditori o collaborazionisti. Le prigioni erano già piene e la prospettiva della galera non spaventava né scoraggiava gli oppositori. Si optò allora per una soluzione netta e senza ritorno, racconta Nalivaychenko: eliminare fisicamente i “terroristi”.
Così, nel corso di questi anni hanno organizzato ed eseguito uccisioni di nomi eccellenti. In particolare sono riusciti a colpire i comandanti militari delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, ammazzati solitamente con attentati bombaroli: Mikhail Tolstykh detto Givi, Arsen Pavlov detto Motorola e lo stesso presidente della DNR Alexander Zakharchenko.
Myrotvorets
Devono essere operazioni “segrete”, o quanto meno non ordinate ufficialmente dal governo di Kiev. Ma che le autorità ucraine siano coinvolte in modo più o meno diretto si evince in primo luogo dall’esistenza di un sito Internet molto particolare, il Myrotvorets. È una parola che significa “pacificatore”, ma è una vera e propria lista di proscrizione. Presenta infatti una serie di manifesti che somigliano a quelli dei ricercati e pubblica le loro informazioni personali come telefono e indirizzo, il link ai profili social, i nomi di figli e parenti.
È l’elefante nella stanza che i Paesi occidentali fingono di non vedere quando esaltano la condotta “gloriosa” del governo di Zelensky. Il sito si rifà a un’organizzazione che si dichiara indipendente, ma che in realtà è appoggiata dalle autorità e che espone a ritorsioni coloro che ritiene nemici dell’Ucraina. Nell’elenco infamante compare ad esempio il giornalista italiano Andrea Rocchelli, ucciso nel 2014 da un colpo di mortaio sparato dall’esercito ucraino, sulla cui fotografia è stata tirata una riga rossa e la didascalia lo indica come “liquidato”.
Lo stesso è accaduto per l’ex premier Silvio Berlusconi, anche lui inserito nel sito. Nel 2016 erano apparsi persino i nomi di imprenditori veneti e di amministratori pubblici italiani la cui colpa era stata quella di essere andati in Crimea per motivi d’affari.
E il governo di Kiev cosa dice?
Le operazioni dei servizi ucraini sono destinate a soggetti specifici, ma per quanto si sforzino di essere “cliniche” finiscono per avere effetti collaterali. Sono azioni sporche, al limite dell’attentato terroristico. È il caso di Yevhen Yunakov, sindaco della città di Velykyi Burluk nella regione di Kharkov, per un certo periodo sotto il controllo delle forze russe. Etichettato come collaborazionista, Yunakov è stato ucciso da un’autobomba piazzata dagli agenti speciali, che lo avevano seguito e studiato fino a trovare il momento adatto per tentare di ammazzarlo.
Il governo di Kiev non fa commenti, non conferma né smentisce, anche quando il suo coinvolgimento è risaputo. A volte sono gli stessi servizi segreti che rivelano il proprio operato. Ad esempio in una recente intervista Kyrylo Budanov, capo del GUR, l’intelligence legata al Ministero della Difesa, ha ammesso: Se fate una domanda sul [creare una versione del] Mossad… Non ne abbiamo bisogno. Esiste già.
Sospetti su Zelensky
Si presume che le azioni più controverse vengano autorizzate soltanto da Zelensky in persona. Ma agli alti livelli dello Stato viene negata persino la possibilità stessa di parlare di tale argomento, riconoscendo contemporaneamente che nei casi in cui il presidente decide un atto del genere, ordina di evitare per quanto possibile di danneggiare i civili o chi non c’entra niente. Un caso che ha scosso persino l’alleato americano è però quello dell’uccisione di Darya Dugina, morta un anno fa nell’esplosione della sua vettura.
Il New York Times ha sollevato forti dubbi sull’opportunità di tale azione, dubitando che fosse lei il vero obiettivo e non il padre, il filosofo Alexander Dugin, che in quel momento viaggiava su un’altra auto. Il fatto ha inasprito ancora di più la polemica fra Washington e Kiev a proposito della conduzione della guerra e dell’uso – o per meglio dire dell’abuso – degli aiuti militari e umanitari concessi generosamente da Europa e USA. La moralità di azioni terroristiche come quella non è affatto condivisa da tutti i partner occidentali, che pure non dicono nulla per condannare apertamente l’accaduto.
Lotte intestine
Le varie agenzie di intelligence sono in lotta fra di loro per la predominanza politica. Per adesso sembra prevalere lo SBU, l’organo dei servizi che risponde direttamente al Presidente dell’Ucraina e che ha dimensioni e budget cinque volte maggiori rispetto al GUR. Quest’ultimo, a sua volta, è molto conosciuto grazie al presenzialismo mediatico di Budanov, il quale periodicamente viene indicato come candidato alla guida dell’esercito o persino del Paese.
Poi vi è l’SSO, ramo delle forze speciali creato nel 2016 e che sta progressivamente acquistando importanza. Oggi coordina un movimento di resistenza anti-russo e sta cercando di ottenere maggiori poteri per effettuare azioni sul territorio della Federazione Russa, idea che non è gradita né condivisa da tutti nell’ambito dell’intelligence ucraina.
Terrore cieco, senza razionalità né strategia
Negli ultimi tempi sono stati presi di mira dei soggetti di importanza relativamente bassa. Fonti nello SBU dicono che la campagna di uccisioni di Kiev potrebbe essere guidata dall’impulsività e non da una vera strategia. Spiegano che talvolta uccidere figure apparentemente marginali può servire a livello psicologico, mettendo tuttavia a rischio la struttura stessa: ed è come se i servizi facessero certe cose solo perché sono in grado di farlo, ma è un errore grave.
Il portavoce dell’intelligence militare Andriy Yusov dice che Kiev vorrebbero evitare di attuare un “terrore cieco”, perché l’obiettivo non è spaventare il nemico, ma forzarlo ad andarsene dall’Ucraina. Intanto la lotta interna alle strutture di intelligence continua e con essa le azioni al limite. Un caso clamoroso fu compiuto all’inizio delle ostilità: l’uccisione di Denis Kireev, uno dei negoziatori delle prime trattative con la Russia a marzo 2022. Fu ammazzato dallo SBU, come di fatto ammesso dal capo dell’agenzia “rivale” GUR, Budanov, che ha rivelato come Kireev fosse in missione per loro.
Il tema delle operazioni “sporche” effettuate dai servizi segreti ucraini torna a preoccupare l’opinione pubblica. Nell’ultimo anno e mezzo il numero delle vittime è cresciuto e si è diversificato anche territorialmente. E non si tratta più soltanto di omicidi eclatanti, ma anche di uccisioni di soggetti poco conosciuti o di minor rilevanza politica, al punto che negli stessi ambienti ucraini ci si chiede se le cose non siano ormai sfuggite di mano.
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