Siria, Damasco condanna piano israeliano di ‘ripopolamento’ del Golan. “Si tratta di un’escalation pericolosa e senza precedenti da parte delle autorità di occupazione”

Siria, Damasco condanna piano israeliano di ‘ripopolamento’ del Golan. “Si tratta di un’escalation pericolosa e senza precedenti da parte delle autorità di occupazione”

31 Dicembre 2021 0

L’annuncio il 26 dicembre scorso del primo ministro israeliano Naftali Bennet di raddoppiare la popolazione ebraica sulle alture del Golan in Siria, ha suscitato la dura reazione di Damasco e del ministero degli Esteri e degli Emigrati siriano. In una nota lo stesso Ministero condanna quella che definisce “un’escalation pericolosa e senza precedenti da parte delle autorità di occupazione israeliana nel Golan”, e rilancia dichiarando che “la loro ostinazione nel portare avanti pratiche di insediamento e gravi violazioni, equivalgono a crimini di guerra. Il Golan occupato, agli occhi della legittimità internazionale, è parte integrante del territorio siriano, che si adopererà a ripristinarlo completamente con tutti i mezzi”.

Il progetto di ampliamento demografico del successore di Netanyahu poggia le sue basi nel riconoscimento nel 2019 – l’anno che ha visto il rilancio degli Accordi di Abramo per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico – da parte dell’ex presidente degli stati Uniti Donald Trump della sovranità israeliana sul Golan e l’indicazione dell’amministrazione Biden di non voler fare marcia indietro. E suona quasi come una beffa per Damasco la seduta straordinaria tenutasi proprio nel villaggio più meridionale della regione montuosa, Mevo Hama, dove il governo israeliano ha deciso che darà il via a un piano di un miliardo di shekel (317 milioni di dollari) per lo sviluppo di quelle aree. Metà dei fondi sarà destinata alla pianificazione e all’edilizia abitativa. Al momento, nel territorio che ha un’estensione di 1.800 chilometri, il numero di coloni ebrei (20mila) e arabi si equivale, ma con il nuovo piano, secondo media israeliani, i primi aumenterebbero da 50.000 a 100.000 persone. Il Golan era stato conquistato da Israele al termine della Terza guerra arabo-israeliana del 1967, poco prima della salita al potere di Hafez al-Assad. Da allora, solo alcuni Paesi hanno riconosciuto la sovranità di Tel Aviv su quelle alture che si affacciano ad ovest sul Mar di Galilea, mentre il Consiglio di sicurezza dell’Onu già nel 1981 con la risoluzione 497 considerava nulla la decisione di Israele di imporre le proprie leggi, giurisdizione e amministrazione sul Golan siriano occupato. Conclusione ribadita dal Palazzo di Vetro pure il 2 dicembre del 2020, con il documento A/75/L.29, in cui si chiedeva il ritiro di Israele dal territorio, approvato con 88 voti favorevoli, 9 contrari (Stati Uniti, Regno Unito, Palau, Isole Marshall, Stati Federati di Micronesia, Israele, Canada, Australia e Brasile) e 62 astenuti. Risoluzione di cui, questa volta, si è ricordata pure Damasco, che non ha mancato di citarla nel suo comunicato.

Qual è stata, invece, la risposta del popolo siriano? Ebbene anche su questa vicenda si è trovato spaccato: da un lato i diretti interessati, i vicini di casa dei coloni ebrei sul Golan, all’agenzia filogovernativa Sana hanno riferito di avere la “capacità di resistere e sventare quei piani volti a sfollare con la forza la nostra gente, distruggere villaggi e città e stabilire insediamenti”. Dall’altro, un cittadino di Aleppo che per ragioni di sicurezza preferisce mantenere l’anonimato, a Strumentipolitici ha spiegato che «il Golan non è al centro delle preoccupazioni dei siriani. Come me, la maggior parte di loro ha perso case, terre, negozi e aziende a causa del conflitto, di bande camuffate da miliziani e di saccheggiatori guidati dalla Turchia al Nord e dall’Iran nelle aree meridionali e orientali del paese. Molti siriani non considerano Israele come loro nemico – prosegue la fonte-, al contrario di Turchia e Iran che hanno occupato e ripulito etnicamente fette di territorio, compresa l’area del Golan, reinsediando stranieri, vale a dire, sciiti dall’Iran e turkmeni e sunniti dalla Turchia. La nazione resta profondamente divisa, e i più non si curano del piano israeliano. La sola speranza che hanno è quella di tornare alle loro case senza timore di essere uccisi o rapiti. Damasco è un governo ombra, solo chiacchiere e se anche Israele dovesse colpire, non oserebbe mai lanciargli una pietra contro». Mentre per Sami Haddad, docente di origine siriana che insegna Lingua araba all’Università Orientale di Napoli «le alture del Golan sono territori occupati e su questo mi pare ci sia poco da discutere. Poi, ogni incremento di insediamento di popolazione e di cambio demografico, potrebbe complicare nel futuro ogni previsione per una soluzione negoziata». Le dichiarazioni della fonte di Strumentipolitici anticipano quanto riportato ieri dall’agenzia di stampa Nova che, citando l’emittente Al Arabiya, riferisce delle intenzioni di Bashar al Assad di limitare le attività di Teheran e delle milizie sue alleate all’interno del Paese e in particolare nella regione del Maten al Sahel e nelle aree portuali di Tartus e Latakia. Proprio quest’ultima lo scorso 28 dicembre è stata pesantemente colpita da un attacco aereo, la cui matrice secondo i media siriani sarebbe riconducibile a Israele. Il presidente siriano sarebbe preoccupato che le attività di Teheran nel suo territorio rappresentino ormai una minaccia alla sovranità siriana e che siano alla base di tutti i raid condotti negli ultimi mesi dallo Stato di Israele.

Marina Pupella
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