Referendum, Violante: chi sostiene il ‘Sì’ porti avanti una proposta di legge per superare il bicameralismo perfetto

Referendum, Violante: chi sostiene il ‘Sì’ porti avanti una proposta di legge per superare il bicameralismo perfetto

17 Settembre 2020 0

Luciano Violante, ex magistrato ed ex presidente della Camera dei Deputati, si è sempre dichiarato contrario al taglio dei parlamentari voluto dal referendum del 20 e 21 settembre: «Una riduzione secca toglierebbe rappresentanza e funzionalità. C’è troppa incertezza su future riforme, e non conosciamo le vere conseguenze di questa riduzione lineare». Consapevole, però, di una «inevitabile vittoria» del «», ha lanciato una proposta al Partito Democratico: «Se vuole faccia pure campagna per il sì, ma intanto raccolga le firme su una proposta costituzionale di iniziativa popolare per il bicameralismo differenziato, impegnandosi a sostenerla immediatamente». Detto fatto, pochi giorni dopo si è tenuta la direzione nazionale dem, dove il segretario nazionale Nicola Zingaretti ha accolto l’idea di Violante e ha lanciato una proposta di riforma costituzionale «per rafforzare l’impronta riformista dell’attuale maggioranza di governo». Il documento, che verrà presentato in Parlamento e per il quale saranno raccolte le firme nella Festa dell’Unità, nei circoli, nelle piazze e nelle strade di tutta Italia, parla di bicameralismo, sfiducia costruttiva e voto dei diciottenni in Senato. Questo non significa che Violante voterà sì quando dovrà scegliere nelle urne questo fine settimana: «Occorre una concreta proposta di legge». Ma ad oggi, almeno, il Partito Democratico ha fatto un primo passo per non lasciare il taglio lineare senza alcuna riforma.

Infografica – La biografia dell’intervistato Luciano Violante

Violante, lei ha detto «no» al taglio dei parlamentari?

«È vero, ho detto «no», ma ho anche aggiunto che chi sostiene il sì è bene che porti avanti una proposta di legge raccogliendo le firme dei cittadini, per superare il bicameralismo paritario».

Il problema della riduzione, quindi, sta nella mancanza di una riforma più ampia?

«Certamente. Se non si supera il bicameralismo, questo taglio sarà molto pesante sulla democrazia. La proposta di ridurre il numero dei parlamentari senza alcun provvedimento che lo accompagni non è mai arrivata da nessuna parte, che sia destra o sinistra. Tutti l’hanno sempre portata avanti legandola a qualcos’altro: da sola ha solo effetti negativi sulla funzionalità del Parlamento».

In effetti il Movimento 5 Stelle aveva proposto anche il referendum propositivo, giusto?

«Esatto, referendum propositivo senza il quorum, con la possibilità di contrapporre a una legge del Parlamento una proposta di iniziativa popolare: ma questo significherebbe davvero un depotenziamento classico di Camera e Senato. D’altronde, però, qualcuno ha detto che bisognerebbe aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, mentre qualcun altro si è augurato che la democrazia rappresentativa fallisse… ».

Il leader del Pd Nicola Zingaretti, però, ha accolto la sua proposta e raccoglierà le firme. È come se l’aspettava?

«Purtroppo non basta un elenco di obbiettivi condivisibili, e questi lo sono; occorre una concreta proposta di legge, perché molto dipende da come le singole norme sono formulate».

Nel caso in cui le piacesse quello che legge, sarebbe pronto a votare sì?

«Occorre essere chiari; si può votare sì, a mio avviso, solo se ci sarà un impegno serio e verificabile. Non escludo che possa esserci, ma siamo a meno di una settimana dal voto e Nicola Zingaretti non ne ha parlato nel discorso di chiusura della festa nazionale dell’Unità, pur avendo fatto qualche cenno al referendum».

Non è un po’ tardi per presentare riforme?

«Se si presenta la proposta in commissione e la maggioranza dichiara che la mette all’ordine del giorno, no, non è tardi. Ovviamente, bisogna anche che si raccolgano le firme tra i cittadini. Si può ancora fare, ma bisogna sbrigarsi».

Il taglio verticale ai parlamentari che ora spezza i partiti, però, ha ricevuto la maggioranza all’ultimo voto alla Camera. Come se lo spiega?

«Il Partito Democratico ha votato contro le prime tre volte, la quarta ha detto sì per salvaguardare l’alleanza di governo, sperando che il M5S non andasse avanti con le altre proposte. Poi, non avendo i 2/3, alcuni parlamentari hanno chiesto il referendum. Il voto di questo fine settimana è importantissimo perché si sta votando sulla Costituzione, non è un gioco. E l’unica domanda da farsi è: “Questa modifica aiuta o meno il processo democratico?”».

Ha definito la vittoria del «sì» inevitabile. Come siamo arrivati a questo?

«Si tratta dell’effetto di una demagogia antiparlamentare non combattuta con argomenti politici.  E questo non è altro che un refrain di tutte le culture antidemocratiche, da Hitler a Lenin».

Giulia Ricci
GiuliaRicci

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