Qual è la situazione nella Libia occidentale? Ne parliamo con Ali Abdul Salam Al-Senussi, presidente del Consiglio Supremo di Warshefana
Le tribù di Warshefana conta quasi 900mila persone, l’omonima regione in Libia si estende dal Mar Mediterraneo alla Montagna Occidentale. Confina ad est con la capitale Tripoli e ad ovest con la città costiera di Zawiya. Il capoluogo di Warshefana è Azizia, altri centri importanti sono Al-Sa’dia, Al-Amiriya, Nasiriya, Al-Zahra, Al-Sawani, Ghout Boussaq, Al-Nujaila, Al-Maya, ed Al-Maamoura. La principale attività per gli abitanti di questa regione è l’agricoltura. Qui si incontrano le più belle piantagioni di aranci ed ulivi, ed è forse per questo che nel 1930, qui sorgeva un importante insediamento italiano. La regione ospita bellissimi monumenti ed i residenti sono molto gentili, simpatici ed accoglienti. Nel corso dei secoli, quest’area della Libia è stata interessata da eterogenei conflitti e tentativi di conquista, fino agli anni più recenti. Dal 2011, Warshefana ha assistito alla proliferazione di numerosi gruppi armati che giocano un ruolo importante nella attuale ricerca della stabilità e bilanciamento di poteri nella Libia occidentale. Facciamo il punto con l’ingegner Ali Abdul Salam Al-Senussi Al-Warshefani, capo del Consiglio Supremo di Warshefana. Al-Senussi è originario della municipalità di Maamoura e si descrive come un sostenitore del precedente regime, si interessa di politica e riconciliazione nazionale.
Quali sono i principali problemi nella regione di Warshefana?
“Warshefana è una zona disastrata, come confermato dai rapporti del parlamento libico e delle Nazioni Unite. La regione è stata testimone di un gran numero di guerre negli ultimi dieci anni. Sette comuni mancano dei bisogni più basilari per vivere. Durante la guerra del 2014, 7.000 case, stabilimenti, fabbriche, ecc., sono stati bruciati. La nostra regione è interessata dal traffico di droga, commercio di armi, traffico di esseri umani verso le coste italiane e caos dal punto di vista di sicurezza. Non ci sono forze armate nelle vicinanze di Tripoli e Warshefana affiliate al Ministero della Difesa. Il nuovo governo deve prendersi cura della regione, risarcire le vittime e assicurare i criminali alla giustizia. I club sportivi sono stati chiusi dalla guerra del 2014. Anche le banche hanno chiuso e si sono spostate a Tripoli, non c’è una stazione di polizia operativa, nessun ente di servizio; elettricità e comunicazioni sono costantemente interrotte”.
Come sta andando il processo di riconciliazione?
“Negli anni precedenti abbiamo tenuto incontri in e all’esterno della patria per colmare il divario tra le parti fraterne e oggi stiamo cercando di partecipare al Ministero della Riconciliazione Nazionale nel nuovo governo”.
La zona di Warshefana ha visto proliferare diversi gruppi armati dal 2011, come può essere risolto questo problema?
“La soluzione è molto semplice: il rilascio del maggiore generale Omar Saeed Tantoush dalla prigione di Tripoli, la formazione di un battaglione affiliato al ministero della Difesa a Tripoli, per procedere con lo smantellamento e il disarmo di tutte le milizie civili”.
A gennaio, abbiamo assistito all’uccisione del giovane, Mohamed Rawaq al-Maymouni nella città di Sawani, il 1° febbraio, un altro giovane, Haidar Hamribtan Al-Atwi, nella città di Amiriya, è stato ucciso. Chi sono i responsabili di queste uccisioni?
“In assenza di un’autorità statale, il Ministero dell’Interno e della Difesa, la regione è testimone di una mancanza di sicurezza che si traduce in drammatici incidenti ogni giorno, ogni settimana, non ogni mese”.
Recentemente il deputato Ali Busriba ha parlato di un progetto di riconciliazione nella Libia occidentale. Cosa ne pensa di questa nuova coalizione “Unione delle forze della regione occidentale” e della sua visione?
“La riconciliazione deve essere completata in tutte le parti della Libia”.
Abbiamo ricevuto rapporti credibili di interferenza da gruppi armati da Zawiya nelle elezioni municipali di Swani Ben Adam. Cosa è successo?
“Le milizie armate hanno truccato le elezioni in totale assenza dell’apparato di sicurezza dello Stato”.
Considerate le condizioni di sicurezza nella sua regione, pensa che sia possibile andare al voto il 24 dicembre 2021?
“È difficile organizzare elezioni eque alla luce di tutte queste divisioni, rotture e caos. Ogni gruppo armato saccheggerà il bene delle persone. Quindi, entreremo di nuovo nel ciclo della violenza. Purtroppo un periodo di dieci mesi non è sufficiente per il nuovo governo di un Paese che ha assistito a numerose guerre. Credo che non si possano organizzare elezioni eque così rapidamente”.
Cosa ne pensa del nuovo Governo designato dal Libyan Political Dialogue Forum (LPDF)?
“La missione delle Nazioni Unite non ha invitato il Consiglio Supremo di Warshefana a questo dialogo, e siamo rimasti solamente a guardare. Ci sarebbe piaciuto vedere una nuova leadership che avesse un impatto reale sul terreno. Qualcuno che possa realisticamente aiutare il popolo libico e risolvere tutti i problemi tra le due parti in guerra. Purtroppo tutti i volti nuovi che sono stati designati erano fuori dal Paese”.
È corretto dire che c’è una divisione interna al GNA tra i gruppi armati affiliati al ministero dell’Interno e quelli che seguono Fayez al-Serraj? Pensa che ci sia una divisione anche tra le forze di Tripoli e Misurata?
“Il conflitto nel Governo di Accordo Nazionale non è un conflitto regionale o tribale. La lotta è tra chi vuole attuare la legge con la forza, come il ministro dell’Interno, e chi vuole mantenere in vita le milizie affinché li aiutino nella pressione politica”.
Gli attori libici si nascondono dietro ai loro sostenitori stranieri. Il GNA ha ricevuto il sostegno militare dalla Turchia mentre l’LNA di Haftar è sostenuto in primis da Russia ed Emirati Arabi Uniti. Il popolo libico, rappresentato dal Comitato militare misto 5 + 5 a Sirte, ha ripetutamente chiesto a Russia e Turchia di lasciare i loro territori. Pensa che quelle forze se ne andranno?
“Il problema libico non è difficile da risolvere. Partiti regionali, come l’Egitto e la Turchia, e quelli internazionali, come Russia e Stati Uniti, si stanno combattendo sul suolo libico. I mercenari sono compagnie disponibili in tutte le parti del mondo. Speriamo che tutti lascino la Libia raggiungere la pace”.
Grazie, signor Senussi, desidera aggiungere qualcosa alle nostre domande?
“Grazie a voi, ci auguriamo che tutti i fratelli che hanno partecipato agli incontri in Svizzera, possano venire nella città di Azizia, capoluogo di Warshefana, per tenere una conferenza a sostegno delle soluzioni raggiunte da tutti e continuare questi sforzi”.
Vanessa Tomassini è una giornalista pubblicista, corrispondente in Tunisia per Strumenti Politici. Nel 2016 ha fondato insieme ad accademici, attivisti e giornalisti “Speciale Libia, Centro di Ricerca sulle Questioni Libiche, la cui pubblicazione ha il pregio di attingere direttamente da fonti locali. Nel 2022, ha presentato al Senato il dossier “La nuova leadership della Libia, in mezzo al caos politico, c’è ancora speranza per le elezioni”, una raccolta di interviste a candidati presidenziali e leader sociali come sindaci e rappresentanti delle tribù.
Ha condotto il primo forum economico organizzato dall’Associazione Italo Libica per il Business e lo Sviluppo (ILBDA) che ha riunito istituzioni, comuni, banche, imprese e uomini d’affari da tre Paesi: Italia, Libia e Tunisia. Nel 2019, la sua prima esperienza in un teatro di conflitto, visitando Tripoli e Bengasi. Ha realizzato reportage sulla drammatica situazione dei campi profughi palestinesi e siriani in Libano, sui diritti dei minori e delle minoranze. Alla passione per il giornalismo investigativo, si aggiunge quella per l’arte, il cinema e la letteratura. È autrice di due libri e i suoi articoli sono apparsi su importanti quotidiani della stampa locale ed internazionale.