Polonia e Repubbliche baltiche preferiscono pensare alla guerra invece che ai negoziati

Polonia e Repubbliche baltiche preferiscono pensare alla guerra invece che ai negoziati

12 Febbraio 2024 0

Nei Paesi dell’Europa Occidentale e negli USA si sta facendo largo l’idea di negoziati con Mosca, per aprire finalmente una fase di dialogo e tornare alla cooperazione economica e alla stabilità.

In Europa Orientale invece non si sentono ancora pronti: Lituania, Lettonia ed Estonia, e con esse anche la Polonia, non smettono di voler considerare la Russia come una minaccia e insistono con gli alleati di NATO e UE per militarizzare sempre di più il Vecchio Continente.

Negli USA si parla di pace e cooperazione

È ora di ridefinire i rapporti con Mosca: questo il messaggio che negli USA, partendo dalle riflessioni dei docenti universitari e dei diplomatici, viene veicolato all’opinione pubblica. Dopo il martellamento mediatico degli ultimi due anni (iniziato in realtà molto prima) teso a disumanizzare il Cremlino e i russi in generale, per Washington sarebbe impossibile sterzare di colpo.

Così viene diffusa l’idea che, date le circostanze, invece di pensare a sconfiggere la Federazione Russa con lo scopo di estrometterla dal mondo civile, sarebbe meglio normalizzare i rapporti e cooperare. Oggi ad essere estromessi sembrano i falchi che credono di poter mettere in ginocchio la Russia e sfruttarla come miniera di risorse materiali e umane, riducendola a quel ruolo di terzo piano in cui stava sprofondando negli anni ’90.

Pur avendo sempre in mente l’eccezionalismo americano e la Russia come avversario, almeno si ricomincia a parlare di compromesso e coesistenza pacifica. Thomas Graham, accademico dell’Università di Yale e collaboratore del Council on Foreign Relations, ipotizza quanto segue: l’obiettivo a lungo termine degli USA deve essere il ristabilimento di un sistema di sicurezza basato sulla cooperazione con la Russia, sebbene, forse paradosslamente, il percorso debba passare da uno sforzo a breve termine per difendere l’Europa dalla Russia.

Sempre vedendo Mosca come una potenziale minaccia, parla comunque di “relazioni più costruttive” per uscire da quell’antagonismo da Guerra Fredda in cui siamo caduti. Stephen Walt dell’Università di Harvard loda tale prospettiva, invitando a elaborare una politica che promuova gli interessi americani senza provocare una reazione aggressiva da parte russa, esprimendo la speranza che l’amministrazione Biden si accorga dei giudizi saggi ed equilibrati di Graham.

I membri orientali contro i negoziati

Sfortunatamente non tutti sono del medesimo avviso. Alcuni si agitano in preda al terrore di un’imminente quanto illogica invasione russa: lo ha notato Artin DerSimonian del Quincy Institute for Responsible Statecraft dopo un tour accademico svolto in Europa Orientale. Gli esperti di politica estera con cui ha discusso hanno lamentato il fatto che i Paesi dell’Europa Occidentale minimizzino o ignorino le paure dei membri UE a ridosso della Federazione Russa.

Dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, molti di loro si sono rallegrati dell’impegno messo dall’Alleanza Atlantica nel respingere e contenere la Russia, sebbene non lo stia facendo nella maniera massimalista che alcuni falchi locali e di Washington sembrano invocare. I più agguerriti sostenitori dell’accettazione dell’Ucraina nella UE e nella NATO sono Estonia, Lettonia e Lituania. Anche la Polonia si è schierata dalla parte di Kiev.

Tuttavia ha con qualche riserva sull’ingresso nel mercato comune, dopo l’esperienza negativa dell’afflusso del grano ucraino sui mercati continentali, che ha abbassato il valore della produzione locale e creato scompensi nei prezzi. Comunque a livello di governi, ogni volta che compare un accenno occidentale a trattative con Mosca, baltici e polacchi si sentono abbandonati.

Gli analisti dicono che la deterrenza militare all’est sarebbe addirittura cruciale rispetto al recupero da parte di Kiev dei territori persi. DerSimonian afferma che USA ed Europa Occidentale hanno ormai implicitamente accettato la necessità di negoziati e di una forma di compromesso territoriale. Ma per placare le ansie dei membri orientali dell’Alleanza, a Bruxelles si delinea una forza di deterrenza tutta europea, come ad esempio forze francesi o tedesche che stazionino nei Paesi baltici.

Le Repubbliche baltiche preparano una Linea Maginot

Una Linea Maginot del XXI secolo fatta da 600 bunker difensivi, modellati sull’idea di un attacco russo: se a Washington e Bruxelles ragionano di disgelo e trattative, a Riga, Vilnius e a Tallinn pensano a costruire postazioni sotterranee. Infatti il prossimo anno dovrebbe partire un progetto da 60 milioni di euro per allestire lungo i confini delle Repubbliche baltiche una linea difensiva per prevenire un’offensiva russa.

Centinaia di mini bunker da 35 metri quadrati, capaci di sopportare colpi di artiglieria pesanti e che ospitino fino a dieci soldati. Nei pressi di tali siti saranno immagazzinati esplosivi e munizioni per rispondere agli attacchi. A guadagnarci, per adesso, sono quindi i fabbricanti di armi americani, dal momento che le armi previste per i bunker dovrebbero essere i sistemi di razzi HIMARS di produzione USA.

Il sottosegretario estore alla Difesa Susan Lilleväli preme affinché i progetti e le commesse siano definiti al più presto, perché dopo aver valutato la capacità dei russi di rifornire il proprio esercito, a Tallinn sono giunti alla conclusione che il momento di fare tutti i preparativi necessari contro un’attacco è adesso.

La premier estone Kaja Kallas aveva già lanciato l’allarme: la NATO ha a disposizione da tre a cinque anni per preparasi a un conflitto diretto con Mosca. Forse è più allarmante che i vertici di un Paese così piccolo e ininfluente dal punto di vista economico e militare facciano dichiarazioni rovinose per la diplomazia e cerchino di trascinare verso lo scontro aperto l’intero continente.

I sogni e i timori della Polonia

La Polonia ha un peso specifico di gran lunga maggiore rispetto alle Repubbliche baltiche, quindi le sue scelte di politica estera vanno tenute in alta considerazione. A Varsavia hanno un atteggiamento tutto sommato realistico, ma ancora indulgono da una parte nel timore di un’improbabile invasione russa e dall’altra nel sogno di riprendersi i territori ucraini abitati dalla minoranza polacca. Il rafforzamento della presenza militare americana e delle armi NATO al confine con la Russia porta a Varsavia vantaggi politici di breve periodo entro le organizzazioni europee e benefici economici per l’industria militare.

Nel lungo periodo, invece, deve decidere cosa fare con Kiev. Andrzej Bobinski dell’istituto Polityka Insight dice: I polacchi sono generalmente sostenitori degli ucraini perché combattono la Russia, non per un reale amore per l’Ucraina. L’opinione pubblica polacca non sarebbe contenta di un adesione immediata all’Unione Europea: Roman Kondrów, uno dei leader della protesta degli agricoltori contro la liberalizzazione dei prodotti ucraini, ha affermato che l’Ucraina è un Paese che vuole solo prendere, prendere e prendere, senza dare nulla in cambio.

Ma per il momento niente cessate-il-fuoco, niente negoziati con Mosca, almeno non a livello ufficiale. E intanto circola il concetto di occupare in qualche modo le regioni ucraine in cui è presente la propria minoranza etnica, e questo vale anche per l’Ungheria. Nei Paesi dell’Europa Occidentale e negli USA si sta facendo largo l’idea di negoziati con Mosca, per aprire finalmente una fase di dialogo e tornare alla cooperazione economica e alla stabilità. In Lituania, Lettonia, Estonia e Polonia, invece, non smettono di voler considerare la Russia come una minaccia e insistono con gli alleati di NATO e UE per militarizzare sempre di più il Vecchio Continente.

Martin King
Martin King

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