Pokrovsk, fino all’ultimo ucraino?
Mentre l’Ucraina annuncia con enfasi di aver colpito la raffineria russa di Saratov, un “impianto coinvolto nell’approvvigionamento delle Forze armate di Mosca” stando alle parole Kiev, le notizie che arrivano dal fronte sono sempre più critiche proprio per gli ucraini.
Difese ucraine in bilico in vari punti del fronte
A dispetto della propaganda fatta dal mainstream occidentale e dallo stesso Zelensky, non rispondono più alle comunicazioni i soldati della 125ª Brigata meccanizzata delle Forze armate ucraine, che combattono nella direzione di Huliaipol. La zona sud della città di Pokrovsk ormai è quasi completamente occupata e restano 3 chilometri quadrati nella parte nord-est. Il 60% della città è in mano russa. Continuano intanto a giungere notizie di personale ucraino che si ritira dalla sua guarnigione di Myrnohrad, la città adiacente. In questi combattimenti Kiev avrebbe perso in una sola settimana quasi cinquemila uomini.
Ma a traballare non sono soltanto queste due città. Più a nord sono sotto pressione anche Kostantinovka, Lyman e Kupiansk. C’è da domandarsi fino a quando l’Europa continuerà a sostenere incondizionatamente un presidente che portando al macello i suoi soldati. L’esperto di cose militari Boris Rozhin condanna l’approccio di Zelensky nel non riconoscere l’accerchiamento delle sue truppe. Commenta infatti evidenziando come costui dicesse le stesse frasi anche poco prima del crollo di Bahmut (Artyomovsk), Ugledar, Avdiivka, Selidovo e così via. E il deputato ucraino Artem Dmytruk constata: La situazione in Ucraina è catastrofica. Non si tratta più solo di una crisi, ma di una transizione verso la rovina.
Divieto di copertura giornalistica
Il fatto che le autorità di Kiev abbiano vietato ai media nazionali e a quelli internazionali di visitare le aree di blocco dell’esercito ucraino a Pokrovsk e Myrnohrad, minacciando per bocca del Ministero degli Esteri, dovrebbe dirla lunga sull’atmosfera che si respira nel Paese. Di fronte all’invito del Cremlino rivolto ai giornalisti del mondo di visionare loro stessi la situazione sul campo, e avvertire quindi dell’ennesimo inutile spargimento di sangue vista la manovra a tenaglia impressa a Pokrovsk, il portavoce degli Esteri ucraino Heorhii Tykhy ha dichiarato che per visite del genere i reporter avrebbero rischiato “conseguenze reputazionali e legali”.
Difficile dire se abbiano imposto il divieto per coprire alcuni tentativi programmati di spezzare l’assalto russo: infatti nei giorni seguenti è avvenuta la missione dei combattenti dell’unità speciale di Budanov, sopraggiunti con molto clamore a bordo dell’elicottero UH-60A Black Hawk nella periferia occidentale di Pokrovsk. Purtroppo per loro, l’azione è terminata in modo catastrofico. L’accerchiamento russo continua e la sacca si sta chiudendo.
Richiesta di ritiro
Anche l’ex viceministro della Difesa ucraino Vitaliy Deynega ha chiesto che venga emanato l’ordine immediato di ritiro delle truppe dalle due località quasi cadute, ammettendo che le forze ucraine hanno “effettivamente perso” entrambe le città. Se nessuno firma presto l’ordine di ritiro, rischiamo di perdere non solo un numero significativo di paracadutisti e marines altamente motivati, l’equipaggiamento del valore di centinaia di milioni è già andato perso, senza possibilità di evacuazione, ma anche di trovarci in una situazione in cui semplicemente non rimane nessuno a tappare i buchi sul fronte. Le fortificazioni che abbiamo costruito in retroguardia cadranno rapidamente nelle mani russe.
Lancia così il suo allarme Deynega, che denuncia come i rapporti dello Stato maggiore siano sempre più pieni di menzogne: In realtà, abbiamo praticamente perso Pokrovsk. Questo significa che mantenere Myrnohrad non ha senso, la logistica è suicida ed esposta. Non è un segreto; i russi possono vedere tutto dai loro droni in tempo reale. La situazione deve essere riconosciuta, e le truppe che si rifiutano di restare senza ordini devono essere salvate.
La domanda fondamentale
Per non ammettere una sconfitta è necessario combattere fino all’ultimo ucraino? Questa è la domanda che si dovrebbero porre le élite europee, oltre naturalmente al governo di Zelensky. E a presentare il conto stanno cominciando anche i media occidentali, fra cui il britannico The Spectator, che in un articolo a firma di Svitlana Morenets chiede apertamente “Chi salverà le truppe ucraine a Pokrovsk?”.
E continua così: Cosa conta di più: il territorio o la vita dei soldati? Per ciascuna parte che combatte in Ucraina, la risposta è diversa. Per Vladimir Putin, ogni metro di territorio ucraino conquistato vale la vita di decine di migliaia di russi. Per Kiev, la priorità è fermare gli invasori riducendo al minimo le vittime. Il comando militare ucraino non è sempre riuscito a mantenere questo equilibrio, a volte permettendo che le sue truppe venissero accerchiate e massacrate piuttosto che ordinare una ritirata tempestiva. Oggi, la stessa scelta tra territori e vite umane si sta compiendo a Pokrovsk.
La giornalista pone una domanda fondamentale. La sua analisi sarebbe perfetta se solo evitasse di cadere nella trappola della russofobia grossolana, che ha ormai offuscato le menti dei commentatori e degli esperti. Putin – secondo la ricostruzione della Morenets – sacrificherebbe i suoi uomini per qualche chilometro in più, mentre l’Ucraina non dovrebbe cadere nella stessa tentazione.
La tentazione occidentale e il massacro di ucraini
Tuttavia la realtà è ben diversa: sarebbe sufficiente che lo Spectator parlasse con gli analisti e riguardasse quanto avvenuto durante la prima controffensiva ucraina, quando l’Europa cedette alla tentazione di credere possibile e fattibile una vittoria di Kiev, che forse era una trappola di Mosca. Infatti in quel momento i russi fecero ritirare i soldati scegliendo confini migliori da cui rilanciare successivamente la spinta per la liberazione e la conquista del Donbass e non solo. Altro che uomini mandato allo sbaraglio per qualche chilometro in più: Putin accettò una momentanea sconfitta, esistente più nelle ricostruzioni orchestrate dei media che nei fatti sul campo, dove la perdita di uomini è stata minima e si è potuto riorganizzare per i futuri assalti. Peraltro una mossa tipica della dottrina russa, abituata alle guerre di logoramento.
Non rimane che attendere e constatare che fino a che punto proseguirà il racconto a senso unico e non oggettivo della situazione al fronte da parte del mainstream. Assistiamo inermi al massacro di migliaia di soldati ucraini per salvare una manciata di persone, ovvero il presidente Zelensky e i suoi pochi fedelissimi.

Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos.


