Poco consenso e ancor meno possibilità per un altro pacchetto UE di sanzioni anti-russe
Dopo il decimo pacchetto di sanzioni anti-russe emesso da Bruxelles a febbraio, sono in molti a chiedersi quando e se arriverà l’undicesimo. Attualmente è in fase di discussione, ma sono parecchi temi sul piatto dividono i governi dei Paesi membri. Infatti, un anno di pressione politica e diplomatica non ha causato il tanto sperato isolamento internazionale di Mosca. E soprattutto, gli effetti negativi che le sanzioni dovevano avere sulla Federazione Russa si sono abbattuti come un boomerang sulle economie europee. E allora, dopo dieci pacchetti cosa resta da sanzionare? E quali altre eccezioni verranno chieste da questo o da quel governo?
La prudenza polacca
La Polonia si è dimostrata finora parecchio ostile alla Russia e decisa a sostenere l’Ucraina se necessario pure a livello militare. Varsavia ha spinto moltissimo per dare i carri armati a Kiev ed è stata la prima a concedere i suoi aerei da caccia. Ma a livello economico il suo atteggiamento fermo e risoluto sta diventando più flessibile e prudente. I polacchi, infatti, hanno avuto modo di assaggiare il retrogusto amaro della solidarietà finanziaria all’Ucraina. La Polonia non soltanto ha avuto costi pesanti e tensioni sociali per l’accoglienza e la gestione dei profughi, ma ora il suo settore agroalimentare sta andando in crisi per colpa dell’importazione facilitata dei prodotti ucraini.
L’elettorato rurale è altamente scontento e si farà sentire in vista della campagna elettorale per le elezioni in autunno. Così, meglio attendere ancora prima di approvare le prossime sanzioni. Non prima di fine maggio, ha detto il ministro degli Esteri Zbigniew Rau. La Polonia ha già presentato la sua proposta di sanzioni, che comprende lo stop al petrolio e ai diamanti, proprio due punti che non possono ottenere il consenso di membri importanti, Belgio in primis. Secondo il ministro, per terminare la fase di discussione serviranno ancora alcune settimane ed è quindi inutile aspettarsi che una decisione venga presa prima.
Disaccordo sulle sanzioni al nucleare civile
La Polonia vorrebbe sanzionare il nucleare civile russo. E insieme a Varsavia si sono schierate, come sempre, le tre Repubbliche baltiche. Le prime sanzioni sul nucleare risalenti a un anno fa non avevano sortito praticamente alcun effetto. Così, ora si vorrebbe colpire direttamente il colosso energetico statale Rosatom. Un primo passo sarebbe sanzionare i suoi dirigenti, per poi bloccare gli investimenti nei nuovi impianti.
Altresì occorrerebbe limitare le importazioni di combustibile nucleare e diminuire le esportazioni di tutto ciò che può favorire l’industria nucleare russa. I contrari all’inserimento del nucleare civile nell’undicesimo pacchetto di sanzioni sostengono che il blocco all’importazione di combustibile recherebbe perdite minime alle finanze russe. D’altra parte, la Russia fornisce circa il 20% del materiale necessario al funzionamento dei reattori europei.
È una cifra non indifferente, che implica per le eventuali sanzioni un danno maggiore alla UE che non alla Russia. E addirittura per quindici centrali continentali non vi è per il momento alcuna alternativa al combustibile russo. Si tratta degli impianti presenti in Bulgaria, in Finlandia, in Slovacchia e nella Repubblica Ceca. Vi è poi l’Ungheria, che si è già espressa in modo netto contro le sanzioni a Rosatom e al nucleare russo.
Per superare l’ostacolo posto da Budapest, la Polonia e i Paesi baltici sarebbero disposti a concedere all’Ungheria una deroga individuale. Si tratterebbe così dell’ennesima eccezione nella storia delle sanzioni UE. E andrebbero fatte delle deroghe pure a favore di Francia e Germania, ancora legate al nucleare russo da contratti impegnativi.
Resta poco da sanzionare
Il consenso totale di tutti e 27 gli Stati membri su tutti i settori sanzionabili è dunque un’utopia, buona solo per gli slogan. Nella pratica, dieci pacchetti hanno dimostrato più eccezioni che regole, con tutti i blocchi incrociati, le deroghe e i buchi legislativi che permettono comunque alla Russia di esportare in Europa. L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell lo aveva ammesso dopo l’approvazione del decimo pacchetto: Non resta molto altro da fare dal punto di vista delle sanzioni. L’unica opzione che vede è quella di aumentare il sostegno finanziario e militareall’Ucraina, ma anche questo tipo di azione ha mostrato i suoi limiti operativi e i suoi rischi di rottura del fronte pro-Kiev. Se è di fatto impossibile individuare altri settori o altri beni che sia utile sanzionare, allora meglio concentrarsi sul far rispettare le sanzioni già in vigore. Lo pensa la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, secondo la quale bisognerebbe lottare contro i metodi per aggirare le sanzioni messi in atto con successo da vari intermediari, europei e non.
E intanto l’export verso la Russia riprende a ritmi vertiginosi
Le esportazioni di beni di consumo dai Paesi europei alla Russia, intanto, non si sono fermate. Anzi, per alcuni articoli oggi riprendono vigore dopo un periodo di pausa. Per mostrarsi “solidali” agli ucraini, lo scorso anno multinazionali e brand famosi avevano chiuso i propri negozi nella Federazione Russa o avevano bloccato lo sviluppo di ulteriori affari. Da diversi mesi a questa parte, però, alcuni di essi hanno ripreso le attività in maniera più o meno evidente.
L’ultima in ordine di tempo è la francese Pernod Ricard, gigante delle bevande alcoliche, che ha riattivato le esportazioni dei suoi marchi più famosi come il whisky Jameson e il gin Beefeater. Dalla sede centrale fanno sapere che si tratta di una decisione sofferta, dettata unicamente dalla necessità di garantire la sopravvivenza economica delle sue aziende controllate ed evitare la loro bancarotta. Gli attivisti pro-Kiev hanno però definito questa decisione come “disgustosa”.
Nel 2022 l’esportazione di fiori ha generato qualcosa come 9,4 milioni di euro e adesso sta conoscendo un momento molto favorevole. Ne beneficiano soprattutto i produttori dell’Olanda, Paese che si è distinto particolarmente per le condanne morali e gli attacchi verbali alla Russia. Ma di rinunciare ai grandi affari, ad Amsterdam non se ne parla. Così, dopo il decimo pacchetto di sanzioni anti-russe emesso da Bruxelles a febbraio, sono in molti a chiedersi quando e se arriverà l’undicesimo. Attualmente è in fase di discussione, ma parecchi temi sul piatto dividono i governi dei Paesi membri. Infatti, un anno di pressione politica e diplomatica non ha causato il tanto sperato isolamento internazionale di Mosca.
Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana. Dal 2015 conduce conduce su youtube video-rassegne sulla cultura e la società russa.