NO, NON E’ SOLO UN POPE-STAR. Francesco: un cristianesimo ordinario e non reattivo

NO, NON E’ SOLO UN POPE-STAR. Francesco: un cristianesimo ordinario e non reattivo

8 Febbraio 2022 0

Notarelle a margine dell’intervista al Santo Padre di Fabio Fazio

“La civiltà dell’Europa cristiana è stata costruita da gente il cui scopo non era affatto quello di costruire una “civiltà cristiana”. La dobbiamo a persone che credevano in Cristo, non a persone che credevano nel cristianesimo”. Partiamo da questo sano esercizio di parresia del filosofo francese Rémi Brague, gran relativizzatore della semplificazione ideologica cristianista e perciò serio conservatore, per dire qualcosa (speriamo di non scontato e non tifoso) rispetto all’inusuale intervista che papa Francesco ha concesso a Fabio Fazio per “Che tempo che fa”. Sarà chiaro, procedendo dalla lettura, perché fissiamo subito questo punto.

Autorevoli amici che vorrebbero indicare la direzione da seguire per un’autentica salvaguardia della tradizione, ma che paiono da un po’ aver smarrito la bussola, hanno deciso che quest’intervento in partibus infidelium meritasse una stroncatura in anticipo: “Essa denota una accentuata secolarizzazione (o sconsacrazione) del papato. Durante la rivoluzione comunista in Cina, Mao faceva sfilare nudi i Mandarini per mostrarne la ridicola debolezza una volta dismesse le solenni vesti cerimoniali e una volta fatti scendere dagli scranni del potere ieratico” (Stefano Fontana)Altri ancora, anch’essi protagonisti di primo piano di passate stagioni ecclesiali, non si comprende se per libertà di giudizio o per nostalgia del potere che fu, prima e dopo la trasmissione, si sono attestati sulla medesima linea. Ad esempio, ieri su “La Stampa”, Lucetta Scaraffia ha denunciato il rischio che il Papa divenga “una celebrity come tante altre. Il problema è un altro: abbiamo davvero bisogno che il Papa sia un personaggio mediatico di successo? Abbiamo bisogno che scenda al nostro livello e si mescoli a noi, dandoci certo dei buoni consigli, ma sottolineando sempre e comunque che è solo un uomo come gli altri?”.

Foto Papa Benedetto XVI risponde alle domande dei fedeli durante “A sua immagine

Qui si vuole proporre, sommessamente, ben altro giudizio rispetto a questa storica (comunque la si valuti) pagina della storia televisiva. E non limitandosi a ricordare agli antipatizzanti che Benedetto XVI rispose alle domande di “A sua immagine” e San Giovanni Paolo II telefonò in diretta a “Porta a porta” (ringraziando Bruno Vespa). No, lo si fa proprio nel solco di quanto abbiamo posto a premessa. Ci permettiamo, perciò, ancora una citazione di Brague – tratta dalla fonte della prima: un dialogo con un grande amico dell’attuale pontefice, il giornalista Gianni Valente, riportato su “30 Giorni” dell’ottobre 2004. Il pensatore transalpino invita a pensare a papa Gregorio Magno. Ciò che lui ha creato – ad esempio il canto gregoriano – ha sfidato i secoli. Ora, lui immaginava che la fine del mondo fosse imminente. E dunque, non ci sarebbe stata alcuna “civilizzazione cristiana”, per mancanza di tempo. Lui voleva soltanto mettere un po’ d’ordine nel mondo, prima di lasciarlo. Come si rassetta la casa prima di partire per le vacanze”. Da qui il richiamo al fatto che “Cristo non è venuto per costruire una civiltà, ma per salvare gli uomini di tutte le civiltà. Quella che si chiama “civiltà cristiana” non è nient’altro che l’insieme degli effetti collaterali che la fede in Cristo ha prodotto sulle civiltà che si trovavano sul suo cammino. Quando si crede alla Sua resurrezione, e alla possibilità della resurrezione di ogni uomo in Lui, si vede tutto in maniera diversa e si agisce di conseguenza, in tutti i campi. Ma serve molto tempo per rendersene conto e per realizzare questo nei fatti. Per questo, forse, noi siamo solo all’inizio del cristianesimo”

Chi scrive certo non avversa “l’Opzione Benedetto” proposta nell’omonimo libro da Rod Dreher, considerando che, in qualche modo e in un certo senso, “separarsi dall’Impero per poter ritrovare le proprie origini, radici e identità” possa essere davvero, sulle orme del santo monaco di Norcia, come recita il sottotitolo del volume, “Una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano”. 

Paragonandosi seriamente al magistero intellettuale di Brague e al peculiare stile pastorale del Santo Padre “venuto quasi dalla fine del mondo”, che non è meramente un pope-star, però, ci si chiede questo tempo non sia più o non sia ancora cristiano. Certo di non vagheggiando d’un ritorno alla Cristianità (anche perché sempre sarebbe una e la tale). 

“Se siamo, forse, all’inizio del cristianesimo” – e la Verità ha sempre la forza, non reattiva, dell’inizio – vale la pena giocare in campo aperto. Stare dentro, ancora richiamando Brague, un “cristianesimo ordinario”. Sempre in riforma, nella sua natura di tentatività e nel suo non essere meramente un progetto egemonico sulla società. 

Come ha ben spiegato il teologo gesuita Christoph Theobald, cioè, non rassegnandosi all’esculturazione del cristianesimo in Europa accontentandosi di una affermazione contro-culturale dell’identità cattolica, perché questo ne accelera l’estetizzazione e la folclorizzazione. Un’opzione certo più complessa della precedente, che accetta fa sfida di discendere “verso quei “luoghi” elementari dell’esistenza umana e sociale dove nascono le nostre convinzioni”

Come dire: non si è più cristiani – e più Papi – se si sta lontano dalle megamacchine che creano un certo costume (la faziosa trasmissione è certo un tempio del pensiero unico). La sfida accettare è quella di esserci e di starci (non come compromesso, bensì come immersione) per mostrare l’incontemporaneità del Vangelo. 

L’opzione Francesco, insomma, è quella di essere – insieme – “non tranquilli” e pazienti. L’alternativa non è Benedetto XVI, che non gli è certo avversario ma complementare, bensì “The Young Pope”. Meglio un’intervista da “curato di campagna” nella tv mondana, che la “mondanità spirituale” di chi adora le forme e perde la sostanza. 

Marco Margrita
Marco Margrita

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