NATO a Ucraina: tante promesse, tanti soldi e un po’ di armi (pure inefficaci) e alla fine dovrete fare da soli

NATO a Ucraina: tante promesse, tanti soldi e un po’ di armi (pure inefficaci) e alla fine dovrete fare da soli

13 Luglio 2024 0

Al summit NATO di Washington il ministro degli esteri ucraino Kuleba piange per l’ennesimo mancato invito di adesione all’Ucraina. Non possiamo aspettare altri 75 anni per celebrare l’ingresso, si lamenta facendo eco alle rimostranze di Zelenksy sui tempi lunghi di consegna degli Abrams prima e degli F-16 adesso. Quel che è certo per ora è che l’Ucraina non diventerà il 33esimo e che al suo esercito non si affiancheranno le truppe europee.

F-16 pochi e tardivi

Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha annunciato che gli F-16 provenienti da Olanda e Danimarca stanno ormai arrivando. Zelensky ringrazia, precisando però che ce ne sono troppo pochi e troppo tardi. Il piccolo numero di velivoli concessi dagli alleati occidentali non potrà fare la differenza contro l’aviazione russa, afferma sconsolato il presidente ucraino. A latere del summit di Washington, un funzionario NATO ha ammesso davanti ai giornalisti che il problema con gli F-16 è che non si tratta semplicemente di prendere gli aerei e passarli agli ucraini. I velivoli devono essere riconfigurati partendo dalla specifica aviazione nazionale da cui provengono per renderli adatti e utilizzabili dall’aviazione ucraina. Il processo sta richiedendo più di anno, ma è una tempistica “piuttosto buona”, aggiunge. Infatti vanno considerate le difficoltà logistiche e la necessità di addestrare i piloti, oltre all’allestimento delle capacità operative e di difesa degli aerodromi dedicati.

Finirà come con gli Abrams

Zelensky paragona la situazione degli F-16 con quanto si era già verificato con i carri armati M1A1 Abrams. Anche in quel caso, infatti, si era giustamente lamentato del numero troppo esiguo e delle tempistiche di arrivo troppo lunghe. Gli USA avevano dato a Kiev 31 Abrams lo scorso autunno, qualche mese dopo i carri inviati dalla Germania e dal Regno Unito. Quando il giornalista di Fox News Bret Baier ha chiesto se quei tank avessero fatto la differenza nelle ultime settimane della controffensiva, il presidente ucraino ha risposto di non essere sicuro che un tale numero di carri potesse ribaltare la situazione sul campo di battaglia.

Gli esperti celebrano la superiorità dei carri Abrams rispetto a tutti gli altri tipi di tank a disposizione dell’esercito russo. Altamente letali e dotati di una corazza fortissima, gli Abrams vengono infatti soprannominati “tank killer”. Peccato però che siano totalmente inadeguati alle caratteristiche del terreno e degli scontri in atto in Ucraina! I tanto esaltati carri statunitensi cadono vittima delle mine, dei droni e delle armi anti-carro dei russi. Così Kiev in primavera ha dovuto ritirarli dalla linea più avanzata del fronte.

La Grecia dice basta

Al termine del summit dell’Alleanza Atlantica, il primo ministro greco ha ribadito la decisione già presa qualche mese fa: Atene non concederà all’Ucraina i suoi sistemi di difesa anti-area Patriot ed S-300. Kyriakos Mitsotakis ha precisato che il governo ha già inviato a Kiev altri tipi di armamenti difensivi, soprattutto a corto raggio, e che lo ha sempre fatto in accordo con lo Stato maggiore. E ha aggiunto che non manderà nemmeno gli F-16, sebbene altri Paesi abbiano scelto di farlo. Per quanto riguarda la Grecia, dice, il nostro obiettivo è di fornire all’Ucraina la possibilità di difendersi nel modo più efficace. Atene quindi ha dato ciò che poteva permettersi di dare, ma senza lasciare sguarnita la protezione dei propri cieli.

Lo aveva chiarito già ad aprile il portavoce del governo Pavlos Marinakis, smentendo quanto detto dalla stampa americana. Alcuni governi europei avevano fatto pressione su Atene per unirsi alla coalizione dei jet e concedere altri sistemi di difesa aerea, ma dalla Grecia avevano subito reso noto di non potersi disfare dei propri in favore di Kiev. Sia gli S-300 di fabbricazione sovietica che i più costosi Patriot americani sono infatti “cruciali” per la protezione dello spazio aereo nazionale, ha affermato in televisione Mitsotakis.

Anche per i Finlandesi basta così

Il quotidiano finlandese Helsingin Sanomat ha commissionato un sondaggio sull’atteggiamento nazionale verso la questione ucraina. I risultati sono eloquenti: anche a Helsinki l’entusiasmo è ormai scemato e i finlandesi non desiderano aiutare Kiev ancora per molto. Il 60% ritiene infatti di aver dato sufficiente supporto finanziario e militare, mentre meno del 50% vorrebbe mandare truppe europee sul campo. Il motivo è la volontà di evitare a tutti i costi un’escalation. E per quanto riguarda l’ingresso di Kiev nell’Unione Europea, lo vorrebbero la metà dei finlandesi: peccato però che quando ai rispondenti è stato fatto notare cosa comporterebbe l’adesione ucraina alla UE, la quota di simpatizzanti è subito diminuita al 37%. Diventando membro, l’Ucraina costringerebbe infatti a cambiamenti nella politica agricola di Bruxelles e soprattutto aumenterebbe la quota di contributi a carico della Finlandia. Con queste informazioni, molti finlandesi hanno quindi cambiato idea, passando dagli slogan alla realtà pratica.

Devono farcela da soli

Tre giorni fa, rispondendo alle domande dei giornalisti allo Walter E. Washington Convention Center, il consigliere americano per la sicurezza nazionale Jake Sullivan si è espresso sull’ipotesi di provare ad abbattere i missili russi usando la contraerea situata sul territorio della Polonia. Il Ministro della Difesa polacca aveva detto che Varsavia non avrebbe preso iniziative unilaterali in proposito, perché in quanto membro dell’Alleanza Atlantica si sarebbe attenuta alle decisioni dei vertici. Sullivan ha dichiarato: La nostra posizione è di far installare le difese anti-aeree nella stessa Ucraina in modo che essa sia in grado di sparare. È il modo più efficace per proteggere i cieli ucraini. Ed è questo il motivo per cui chiedere a tutti gli alleati di concedere qualunque sistema d’arma che possono concedere. Dunque gli USA ritengono che debbano essere gli ucraini a cercare di fermare gli attacchi aerei dei russi usando gli strumenti donati dagli occidentali.

Ma non sarà previsto alcun coinvolgimento diretto dei Paesi membri della NATO, perché ciò potrebbe condurre alla temuta escalation. Sì, Washington e Bruxelles continueranno ad armare Kiev, ma gli ucraini dovranno poi fare da soli. Anche il premier polacco Donald Tusk aveva suggerito l’ipotesi di sparare direttamente dal territorio del suo Paese, soprattutto ai missili russi diretti alla parte occidentale dell’Ucraina al confine con la Polonia. Lo ha stoppato il consigliere per le comunicazioni sulla sicurezza nazionale della Casa Bianca John Kirby, che alla radio polacca si è dimostrato scettico verso questa idea. Al summit NATO di Washington il ministro degli esteri ucraino Kuleba piange per l’ennesimo mancato invito di adesione all’Ucraina. Si lamenta facendo eco alle rimostranze di Zelenksy sugli Abrams e gli F-16. Quel che è certo per ora è che l’Ucraina non diventerà il 33esimo e che al suo esercito non si affiancheranno le truppe europee.

Martin King
Martin King

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