Mongolia, un Paese in grande crescita economica e politica. Intervista esclusiva a Jargal De Facto

Mongolia, un Paese in grande crescita economica e politica. Intervista esclusiva a Jargal De Facto

30 Giugno 2023 0

Incastonata fra Cina e Russia, ricca di tradizione e dalle prospettive luminose, la Mongolia è ancora poco conosciuta dal pubblico italiano. Per illustrare la situazione sociale e politica di questo vastissimo Paese, ricco di materie prime e di risorse intellettuali e culturali, Strumenti Politici ha scelto di intervistare l’economista Jargalsaikhan Dambadarjaa, conosciuto anche come Jargal De Facto.

Infografica - La biografia dell'intervistato Jargalsaikhan Dambadarjaa
Infografica – La biografia dell’intervistato Jargalsaikhan Dambadarjaa

– Jargal, grazie per aver accettato la nostra richiesta di raccontare agli italiani qualcosa sulla Mongolia di oggi. Ci troviamo cronologicamente a metà strada fra le proteste del 2022 e le elezioni legislative previste per la primavera del 2024. Qual è il tema di attualità maggiormente dibattuto dalla società mongola? Su quali temi si concentra adesso l’attenzione dei cittadini?

– Anzitutto, vi è stata poche settimane fa una riforma di portata storica. Con una modifica costituzionale, il numero dei parlamentari è aumentato da 76 a 126. Di questi, 78 saranno eletti col sistema maggioritario nelle varie circoscrizioni, mentre gli altri 48 usciranno dalle liste di partito col metodo proporzionale. In Mongolia pensiamo che questo sistema misto darà maggiore rappresentatività alla politica nazionale rispetto alle istanze dei cittadini. Sarà più semplice per le correnti interne dei partiti esprimere gli interessi del loro elettorato. Saranno portati in Parlamento i problemi di un numero maggiore di strati e di componenti della società, ad esempio le persone con disabilità. Inoltre sarà rafforzata la presenza delle istituzioni, grazie ai 48 deputati che arrivano dalle liste di partito.

Ricordiamo anche che di recente sono emersi alcuni scandali relativi alla corruzione. Questo problema c’è sempre stato, ma oggi finalmente viene alla luce perché la Mongolia è finalmente sulla via per diventare una democrazia piena e moderna. Il partito di governo e il primo ministro Oyun-Erdene Luvsannamsrai hanno preso iniziative per svelare diversi casi di corruzione che altrimenti sarebbero rimasti ignoti al pubblico. La gente è arrabbiata proprio perché è venuta a sapere che vi sono questi problemi. Le proteste quindi non sono un cattivo segno relativo al fatto che esista la corruzione – quella c’è sempre stata – ma sono un buon segno della presa di consapevolezza dei cittadini. Si è cominciato appunto a sanare il Paese a partire da questo problema. Lo sviluppo della Mongolia infatti è sempre stato ostacolato dalla corruzione, ma oggi il governo lavora per eliminarla.

– I casi di corruzione potrebbero essere stati svelati con determinate tempistiche, al fine di danneggiare un certo avversario politico oppure favorire un alleato? La pratica degli “scandali ad orologeria” non è rara in Europa e in Italia…

– No, la nostra politica non è sofisticata al punto da dirigere lo svelamento dei casi di corruzione. Quest’ultima è sempre esistita, ma oggi finalmente comincia a venire a galla. Per decenni, i soggetti vicini al potere hanno abusato dei fondi concessi dalla Trade and Development Bank o hanno rubato le risorse minerarie nazionali. Ora, grazie alle iniziative del governo sulla trasparenza e sull’informatizzazione del Paese, i cittadini riescono a sapere quali illeciti hanno commesso i funzionari di alto livello e a comprenderne l’entità.

– Che rapporto hanno avuto le proteste dello scorso anno con i casi di corruzione?

– Abbiamo avuto proteste pubbliche a dicembre 2022 e poi anche a gennaio 2023, nonostante il freddo fosse terribile e scoraggiasse i manifestanti. I primi a scendere in piazza sono stati quelli che protestavano contro l’inflazione, i salari bassi e il crollo del tenore di vita, come peraltro avvenuto anche in altri Paesi colpiti dagli effetti economici della pandemia. Poi si sono aggiunti coloro che chiedevano le dimissioni del governo.

Questi ultimi erano arrabbiati proprio perché le iniziative governative stavano scoperchiando la mangiatoia dei soldi pubblici alla quale loro si alimentavano. Si trattava infatti di soggetti benestanti che hanno sostenuto finanziariamente le dimostrazioni. Il premier è andato a parlare con i rappresentanti dei manifestanti, invitandoli a dialogare con lui senza stare al freddo della piazza, ma andando in luoghi più accoglienti e cercando di capire le loro richieste.

– La Mongolia appare molto aperta agli scambi commerciali e culturali con gli altri Paesi del mondo. In che modo sta attirando investimenti e partenariato a livello di governi e di privati?

– Sì, oggi la Mongolia è una democrazia aperta agli scambi. Noi diciamo di avere tre vicini di casa: i primi due sono quelli con cui confiniamo effettivamente, Cina e Russia, e il terzo vicino è il resto del mondo, compresa naturalmente l’Italia. Abbiamo molto in comune a livello di valori con i Paesi le cui delegazioni vengono a trovarci. Per esempio, nel mese di maggio il presidente francese Macron ha visitato Ulaanbaatar, così come di recente anche il presidente polacco e gli esponenti di altri governi europei.

Ospitiamo le ambasciate di gran parte degli Stati del mondo, anche di quelli più piccoli. Per un Paese come la Mongolia è molto importante avere l’appoggio della comunità internazionale, in particolare degli Stati democratici che rispettano i diritti umani e il libero mercato, due pilastri sui quali stiamo cercando di far evolvere il nostro Paese. Riteniamo che potrebbe raggiungere una maggiore prosperità solamente mantenendo i rapporti con l’estero.

– In che modo si sta trasformando oggi la Mongolia? Quale percorso di crescita ha scelto la società mongola nel XXI secolo?

– La Mongolia si fonda e continua a crescere sulla base di valori come il rispetto dei diritti umani, le libere elezioni, la libertà di parola e di religione. Accanto a questi valori abbiamo la possibilità di usufruire delle nostre ricchezze minerarie nel giusto modo, che è sicuramente un modo meno corrotto che in passato. Abbiamo anche un territorio vastissimo, il diciottesimo al mondo per estensione, su cui pascolano settanta milioni di capi di bestiame (di cui capre e pecore fra le più numerose del pianeta).

La Mongolia quindi ha delle ricchezze su cui contare e sta diventando un Paese gradevole nel quale vivere. L’età media e il reddito pro capite sono saliti moltissimo in questi trent’anni in cui la Mongolia ha preso la strada della democrazia dopo il suo passato comunista. Forse per il 2050 saremo uno dei Paesi più prosperi. Abbiamo degli obiettivi decennali da raggiungere. Per il 2030 il compito è di eliminare i fattori che impediscono lo sviluppo e di coinvolgere le aziende private nei progetti nazionali, con meno Stato e più concorrenza a caratterizzare settori come l’export di minerali e agroalimentari. Per noi è importante essere in pace con gli altri Paesi e stabilire con essi una cooperazione proficua. Vi sono tutte le premesse e le condizioni per rendere la Mongolia un Paese florido e vivibile.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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