Mentre aspetta gli F-16, l’Ucraina militarizza le infrastrutture civili

Mentre aspetta gli F-16, l’Ucraina militarizza le infrastrutture civili

15 Ottobre 2023 0

Le capacità militari delle forze ucraine si stanno assottigliando sempre di più. Per questo motivo, Zelensky sta cercando il modo di sfruttare tutte le risorse possibili, sia umane che materiali. Nel primo caso, sta tentando di richiamare i maschi ucraini scappati all’estero e di mandare al fronte quelli rimasti.

Nel secondo, sta passando alla militarizzazione dell’economia e delle infrastrutture civili, specialmente per quanto gli aerodromi. In attesa di fornire i benedetti e forse inutili F-16, il blocco euroatlantico spera che l’Ucraina riesca a conservare qualche elemento utile che possa essere sfruttato dopo la fine delle ostilità.

La situazione prima del 24 febbraio 2022

Dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica l’Ucraina ha ereditato una parte consistente dell’aviazione militare. La flotta aerea e l’arsenale rimasti nelle mani di Kiev erano però largamente superiori alle sue effettive capacità economiche di supportare tali forze a livello di manutenzione e di ammodernamento. Come se non bastasse, la piaga endemica della corruzione e le mani rapaci degli “investitori” occidentali hanno ulteriormente indebolito e depredato gli hangar. Alla fine, sono rimasti circa 125 aerei militari di vario tipo, tra cui una cinquantina di caccia MiG-29 “Fulcrum” (nome in codice NATO), trenta Su-25 e altri Su-27 “Flanker”, oltre a una dozzina di bombardieri tattici supersonici Su-24 “Fencer”.

Posto che durante il conflitto la Russia non ha calcato la mano, gli ucraini sono riusciti a mantenere integra una parte della flotta con l’aiuto dell’intelligence occidentale e con una serie di accorgimenti. In particolare, gli ucraini sono riusciti a disperdere i velivoli in piccoli aerodromi o su tratti stradali fuori mano, oppure volando molto bassi per esporsi il meno possibile all’artiglieria russa.

Ma non bastava: con grande insistenza l’ex ministro della Difesa Reznikov (eliminato da Zelensky fra sospetti di tangenti e di scandali finanziari) ha cercato in tutti i modi di ottenere gli aerei dei Paesi della NATO. Ha ricevuto quasi subito dalla Polonia e dalla Slovacchia quelli di fabbricazione sovietica, ma il sogno ucraino era di mettere le mani su quelli di produzione americana.

Le perdite attuali dell’aviazione ucraina

Difficile stabilire con certezza le perdite ucraine, perché i numeri arrivano da fonti contrastanti. Da una parte ci sono le cifre raccolte dai comandi militari russi. Dall’altra ci sono le statistiche del Ministero della Difesa ucraino (che ha interesse a minimizzare le informazioni negative) e le veline che i servizi britannici passano ai media italiani, i quali le riportano dandole come obiettive e totalmente attendibili. Ad oggi si può dire che l’aviazione ucraina abbia perso una settantina di velivoli. Di recente la Difesa russa ha dichiarato di aver eliminato altri cinque aerei fermi nei loro aerodromi, di cui due di provenienza polacca.

Ma Kiev subisce perdite anche per incidenti. Ad agosto sono morti tre piloti che volavano su due jet da addestramento, scontratisi durante un’esercitazione. Fra le vittime c’era anche un pilota considerato un’astro nascente dell’aviazione ucraina. L’artiglieria russa ha martellato gli obiettivi militari ucraini e ha distrutto buona parte delle capacità di Kiev. Le basi sono state distrutte o comunque messe fuori uso, col risultato di frammentare l’operatività  dell’aviazione ucraina. Con un parco aerei poco omogeneo, fatto di velivoli tattici e velivoli d’assalto, gli attacchi che riesce a portare alle posizioni russe non hanno carattere di continuità o di sistematicità, ma vengono effettuati solo quando risulta possibile. Il dominio sui cieli dell’Ucraina appartiene oggi alla Russia.

Un’integrazione difficile con gli armamenti NATO

Due settimane fa, il New York Times ha scritto che Kiev sta affrontando un compito “incredibilmente difficile”: integrare nelle sue forze armate gli armamenti e le tattiche occidentali. La situazione viene complicata dal fatto che, come precisa il giornale americano, l’esercito ucraino sta già combattendo per la sua stessa sopravvivenza. La quadra andrebbe trovata giungendo a una sintesi fra i diversi metodi di combattimento, anche se sarebbe stato meglio se gli USA avessero dato a Zelensky molte più armi e molto prima.

Per la difesa antiaerea il problema è l’assenza di un coordinamento centrale. Sono arrivate armi diverse di Paesi diversi: è impossibile usarle tutte al massimo dell’efficacia: i missili Storm Shadow britannici, i francesi Scalp, e forse in futuro i Taurus tedeschi e gli JASSM americani.

E in Occidente temono che le loro tecnologie belliche cadano in mano a Mosca: per questo motivo, vengono spediti armamenti in formato “semplificato”, a cui è stata tolta una parte di meccanismi. Lo hanno fatto con gli obici M777, coi tank Leopard e sarà fatto ai carri Abrams. Senza dimenticare che, in ogni caso, adattare missili di standard NATO a cannoni o aerei di concezione sovietica non è un lavoro facile nè veloce.

La militarizzazione delle infrastrutture civili

Un’altra soluzione a cui vogliono ricorrere i vertici ucraini è di militarizzare gli aerodromi e le infrastrutture civili. Posta la la carenza di basi militari, in quelle civili verranno piazzati i velivoli restanti, prima che vengano distrutti tutti. L’incontro del Gruppo di Contatto del 19 settembre, tenutosi in Germania presso l’aeroposto militare americano di Ramstein, ha prodotto la seguente conclusione: la difesa dello spazio aereo ucraino rappresenta la priorità assoluta.

Lloyd J. Austin, segretario USA alla Difesa, ha esortato gli alleati a donare a Kiev tutte le munizioni possibili in vista del prossimo inverno. Difendere i cieli significa anche proteggere gli altri equipaggiamenti donati dall’Occidente, fra cui i carri Abrams in arrivo sul campo. Austin ha detto che Varsavia ha fornito anche attrezzature per lo sminamento, mentre Stoccolma ha annunciato un pacchetto di aiuti militari da 300 milioni di dollari, Berlino uno da 420 e Copenhagen da 833, tutti comprendenti munizioni ed equipaggiamenti blindati.

La lezione che i Paesi NATO dicono di aver imparato dalla “operazione militare speciale” russa è la necessità di effettuare operazioni di dispersione per dislocare rapidamente i velivoli. E in questo modo renderli non rintracciabili dai radar e dall’intelligence nemica, per averli integri e poterli usare al bisogno. È la dottrina che gli americani chiamano Agile Combat Employment (ACE), di cui gli svedesi sono riconosciuti maestri. Gli ucraini sono riusciti finora a metterla parzialmente in pratica. E sono gli stessi analisti militari occidentali ad affermare che torna utile a questo scopo riconvertire le infrastrutture civili a uso militare.

Meno male che gli F-16 salveranno la situazione… anzi no

I vertici di Kiev hanno creato aspettative eccessive nei confronti degli F-16 elemosinati all’Occidente. Questi aerei sono stati presentati come l’arma capace di ridare automaticamente il dominio dello spazio aereo all’Ucraina. In realtà, ci sono due ordini di problemi che affliggono la fornitura dei jet americani. Anzitutto resta il dubbio di se e quando verranno effettivamente dati.

Olanda, Danimarca e Norvegia, i Paesi che hanno ceduto alle pressanti richieste di Zelensky, hanno espresso  “l’intenzione” di concedere i velivoli senza specificare o ufficializzare quando e quante unità. Si parla di qualche decina nei prossimi mesi, ma in termini troppo vaghi per brindare al successo. E quanti mesi serviranno per addestrare seriamente i piloti? Non si sa nemmeno se i caccia saranno efficaci nel contesto specifico del conflitto. Gli F-16, ormai non più nuovissimi, non si sono mai veramente misurati contro le difese aeree di un Paese militarmente potente come la Federazione Russa. Forbesscrive che non sono “un’arma miracolosa”, ma che dovranno solo aiutare l’aviazione ucraina a sparare i missili un po’ più in là e con maggiore precisione.

Il generale James B. Hecker, comandante delle US Air Forces dislocate in Europa, ammette che non saranno la “pallottola d’argento”, ovvero la bacchetta magica con cui sfondare il muro difensivo russo. Anche il segretario dell’aeronautica statunitense Frank Kendall ha sminuito l’importanza degli F-16: un modo per migliorare le capacità di cui ora gli ucraini non dispongono, non certo l’elemento decisivo in grado di ribaltare la situazione. Le capacità militari delle forze ucraine si stanno assottigliando sempre di più. Per questo motivo, Zelensky sta cercando il modo di sfruttare tutte le risorse possibili, sia umane che materiali.

Redazione Strumenti Politici
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