L’unica soluzione che oggi salverebbe Kiev è la neutralità
Gli osservatori occidentali e gli esperti di livello internazionale stanno iniziando a chiedere esplicitamente di propugnare la neutralità come soluzione per l’Ucraina. Dunque niente vittoria né ingresso nella NATO, ma chiedere la pace e accettare lo status di Paese neutrale.
L’illusione fatale che ha rovinato l’Ucraina
La Storia mostrerà se sarà stato più colpevole l’Occidente a illudere Kiev sull’ingresso nella NATO o se invece sono stati gli ucraini ad aver peccato di ingenuità o superbia nel credere di poter davvero diventare membri dell’Alleanza Atlantica. In almeno due occasioni infatti avrebbero dovuto capire che la sicurezza offerta dalla vaga prospettiva della membership era qualcosa di illusorio. Nel 2014 con la Crimea e nel 2022 col Donbass gli “amici” occidentali non si sono attivati militarmente nel senso di un’alleanza vera e propria. Tuttavia, nemmeno un’adesione formale avrebbe fatto miracoli, perché la formulazione del tanto decantato articolo 5 è tale da consentire parecchie scappatoie a chi non voglia impegnarsi totalmente sul campo. Eppure il governo ucraino in tutti questi anni ha insistito tenacemente sul tema. Ancora lo scorso dicembre Zelensky definiva l’invito nella NATO come qualcosa di “necessario alla sopravvivenza” dell’Ucraina.
Le opzioni sul tavolo
Washington e Mosca stanno allestendo il tavolo delle trattative, ma non si sa se vi prenderà posto anche Kiev. Si possono però intuire quali opzioni avrà di fronte il governo ucraino. I negoziati saranno complessi e relativamente lunghi, dunque vi sarà tempo a sufficienza per decidere sul campo alcuni punti. Prima fra tutte la questione territoriale, perché i combattimenti sono ancora in corso e l’iniziativa resta in mano ai russi. I diplomatici ucraini sanno di avere come compito principale quello di salvare il salvabile: non perdere troppa popolazione fra soldati morti e cittadini fuggiti, e non perdere troppo territorio. L’obiettivo primario dunque è il cessate-il-fuoco. Poi appariranno le conseguenti opzioni per il futuro. Difficilmente l’adesione diretta alla NATO. Più probabilmente un’ulteriore assistenza militare occidentale sotto forma di accordi di sicurezza bilaterali o multilaterali. Infine c’è la strada della neutralità, ma occorrerà prima stabilire se sarà neutralità armata oppure smilitarizzata.
L’elemento chiave del nuovo assetto
L’ex diplomatico ucraino Vasyl Filipchuk ritiene che Kiev debba finalmente imparare dagli sbagli commessi finora. Perciò deve smettere di fantasticare e di disegnare righe sulla sabbia mentre gli ucraini soffrono e muoiono ogni giorno. Deve riconoscere che a Mosca andrebbe benissimo la neutralità del Paese come esito del conflitto, cosa già nota nel 2022. Dunque nessuna affiliazione alla NATO né esercitazioni congiunte o installazioni di basi euroamericane. L’elemento chiave del nuovo assetto sarebbero le garanzie di sicurezza date da Stati terzi, anche occidentali. In particolare, una clausola farebbe scattare la protezione diretta degli USA in caso di aggressione russa. In questo modo, secondo Filipchuk, la Russia non avrebbe motivi o incentivi a ricominciare la campagna bellica, mentre l’Ucraina potrebbe risollevarsi e trasformarsi. Da Paese svuotato, sfruttato e disastrato diventerebbe così “un ponte che collega Est e Ovest”, con tutti i relativi benefici di carattere commerciale, sociale e culturale.
Neutralità come strada verso la pace
Sul Fair Observer, i due autori e attivisti Nicolas Davies e Medea Benjamin attribuiscono le colpe anche e soprattutto a Washington. Condannano le azioni di Mosca, ma dicono che storicamente prima Clinton, poi Bush e infine Obama hanno operato per assorbire l’Ucraina nella sfera di influenza occidentale, promettendole la membership NATO e fomentando il golpe del 2014. Lo stesso Trump nel suo primo mandato aveva inviato armi a Kiev. Tutto l’Occidente si è poi intestardito nella disperata guerra di attrito da combattersi “fino all’ultimo ucraino”. Ora basta, perché il Paese si sta spopolando drammaticamente. Trump ha riconosciuto che la pace oggi va raggiunta anzitutto per “motivi umanitari”. I sondaggi mostrano come gli ucraini non ne possano più e vogliano intraprendere la strada dei negoziati verso la pace. L’interesse primario dei russi non sono le annessioni territoriali (altrimenti avrebbero conquistato le grandi città), ma la futura neutralità e la smilitarizzazione dell’Ucraina.
Una neutralità armata
Altri due esperti sostengono la necessità della neutralità come status postbellico dell’Ucraina, puntando però sulla forza militare come elemento deterrente. Sono Jennifer Kavanagh e Christopher McCallion del centro studi Defense Priorities, secondo cui la soluzione ottimale consiste nella “neutralità armata”. Niente ingresso nella NATO, forse nemmeno nella UE, ma graduale trasformazione del Paese in un’impenetrabile fortezza. Gli alleati occidentali non darebbero garanzie di intervento, ma aiuto nella costruzione di un esercito potente e di un Paese sostanzialmente militarizzato. Si tratta per Kiev dell’opzione meno rischiosa di tutte, perché gli ucraini sarebbero responsabili della propria sicurezza e non dovrebbero temere delusioni o tradimenti euroamericani. Inoltre gli investimenti nel comparto militare-industriale sarebbero un grosso volano per l’economia. Resta solo da capire come la prenderebbe Mosca, visto che il Cremlino a suo tempo aveva comunicato che una delle condizioni indispensabili per la fine delle ostilità è proprio la demilitarizzazione completa dell’Ucraina.
Bisogna prima convincere Kiev
Il panorama politico e accademico occidentale sta cambiando: da obiettivi come la vittoria di Kiev, l’ingresso nella NATO e il crollo della Russia si sta passando all’idea della neutralità ucraina come elemento fondante dell’Europa di domani. Ma è necessario che ne siano assolutamente convinti i governanti ucraini. Infatti una soluzione imposta dall’esterno, senza la loro partecipazione o il loro assenso, verrebbe considerata una forzatura, un giogo da spezzare. Rischierebbe di essere una cura peggiore del male. Nonostante alcune recenti aperture, la posizione di Kiev è ancora molto lontana dall’idea di neutralità o di Ucraina smilitarizzata, se pensiamo che lo scorso autunno Zelensky asseriva che le uniche garanzie di sopravvivenza dell’Ucraina sono l’ingresso nella NATO o il possesso di armi nucleari. L’amministrazione Trump deve quindi insistere su quello che è forse l’unico punto in comune con la presidenza ucraina: raggiungere una soluzione al conflitto che sia affidabile e duratura.

52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.