L’operazione speciale russa, la reazione occidentale e la posizione della Turchia

L’operazione speciale russa, la reazione occidentale e la posizione della Turchia

30 Settembre 2022 0

Proponiamo il punto di vista turco sul conflitto in Ucraina e sulla posizione della Turchia rispetto ad esso, secondo quanto scritto dal professore di storia İlyas Kemaloğlu in un articolo per l’agenzia di stampa Anadolu Ajansı (AA). Il confronto fra Washington e Mosca era già iniziato parecchio tempo fa, ma adesso si trova al massimo e l’interferenza occidentale sta aggravando la crisi ucraina: la Russia deve raggiungere a tutti i costi gli obiettivi della sua operazione speciale, altrimenti l’Occidente potrà annientarla. C’è soltanto un Paese in grado di aiutare la conciliazione di tutte le parti in causa, ed è la Turchia.

Dal crollo dell’URSS sono passati già 31 anni, ma i problemi fra le Repubbliche che la componevano non sono diminuiti. Fra le problematiche aperte annoveriamo le incessanti aggressioni dell’Armenia all’Azerbaigian, il periodico acuirsi degli scontri di confine fra Tagikistan e Kirghizistan, l’escalation in Ucraina nel quadro dell’attuale contrapposizione fra Russia e Occidente e pure il fatto che si stia seriamente parlando di Terza guerra mondiale.

L’eredità sovietica

Problemi analoghi possono sempre verificarsi anche in altre Repubbliche ex sovietiche, tranne che in quelle baltiche. La causa di tale situazione è costituita dalla politica condotta allo stesso modo che nei tempi sovietici o della Russia degli zar, e dal fatto che nel corso del disfacimento dell’URSS le Repubbliche – a differenza ad esempio della Jugoslavia – scelssero un modo più “civile” di separarsi. In altre parole, quei guai la cui soluzione era stata messa da parte negli anni ’90 per diversi motivi e condizioni specifiche di quel periodo, sono tornati a farsi sentire dall’inizio del XXI secolo. Un fattore importante che fa aumentare la tensione di questi punti critici è rappresentato dalle intereferenze regionali e globali delle varie potenze. Di qualunque problema si tratti, si comincia a discutere se fra due Paesi vi sarà una crisi, un conflitto o una guerra in una dimensione molto maggiore. Quello che sta accadendo oggi sulla linea Russia-Ucraina ne è un ottimo esempio. Com’è noto, la Russia sta conducendo in Ucraina una “operazione speciale”. Fin da subito è stato apertamente dichiarato il sostegno finanziario, di intelligence e militare da parte dell’Occidente a favore dell’Ucraina: gli USA e l’Europa non lo nascondono e anzi dicono che continueranno ad accrescere gli aiuti per Kiev. Dopo il disfacimento dell’URSS, la politica condotta in Ucraina è stata sempre caratterizzata da una dimensione di lotta fra Russia e Occidente, al di fuori dei problemi specifici del ginepraio russo-ucraino. Nel corso di tale contrapposizione, l’Occidente ha fatto uso delle “rivoluzioni colorate”, mentre la Russia dei referendum. Gli eventi verificatisi nella regione negli ultimi giorni rappresentano sia il risultato che un esempio di questi processi.

I referendum, l’asso nella manica della Russia

La settimana scorsa il Cremlino ha fatto due importanti dichiarazioni. Nella prima ha detto che nelle Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk, così come nelle oblast’ di Kherson e Zaporizhzhia si sarebbero svolti dei referendum sull’adesione alla Russia, e che Mosca ne avrebbe accettato l’esito. È stato anche specificato che sarebbero durati cinque giorni e che i risultati sarebbero stati comunicati il 27 settembre. Si è subito ipotizzato che a seguito delle votazioni sarebbe stata presa la decisione di trasformarsi in parti che compongono la Russia e che entrambe le Camere del Parlamento di Mosca vi avrebbero velocemente dato il benestare, e inoltre che il presidente Vladimir Putin avrebbe sottoscritto la decisione entro fine settembre. Per il Cremlino è importante che tali procedimenti si svolgano rapidamente.

Le cause della mobilitazione parziale

L’altra dichiarazione e decisione di grande portata riguarda la mobilitazione parziale dichiarata nella Federazione Russa. È un evento che si spiega con alcune ragioni. Il fatto è che la Russia, nonostante gli ultimi sette mesi, non ha ancora ottenuto tutti gli obiettivi dell’operazione speciale. L’Occidente continua a sostenere Kiev e a quanto pare il Cremlino, dopo l’adesione delle quattro regioni menzionate sopra, potrebbe cambiare la sua strategia in Ucraina: è probabile che la priorità per Mosca diventi garantire la sicurezza delle nuove regioni. Con tutto ciò si produrrà una situazione nuova. Poiché il Cremlino ricomprenderà questi territori entro i confini dello Stato russo, gli attacchi effettuati contro di essi acquisiranno una dimensione totalmente diversa. In realtà proprio per questo motivo negli ultimi giorni i rapporti fra Russia e Occidente sono ulteriormente peggiorati. Si parla persino del possibile ricorso alle armi nucleari e forse ciò porterà l’Occidente ad accettare determinati accordi con la Russia. Le autorità russe hanno comunicato che nell’ambito della mobilitazione parziale saranno richiamati 300mila uomini: tale cifra costituisce appena l’1% delle risorse totali di mobilitazione del Paese. Inoltre il governo sta prendendo alcune misure per ammorbidire le reazioni all’annuncio della mobilitazione parziale. Sono state rafforzate le misure punitive verso coloro disertano la mobilitazione o che si offrono spontaneamente come prigionieri all’esercito ucraino. In particolare, la pena carceraria è stata aumentata a dieci o più anni. Coloro che sono chiamati alla mobilitazione otterranno pagamenti aggiuntivi, verrà pagato loro lo stipendio e verrà data la possibilità in futuro di tornare al precedente posto di lavoro con la mansione di prima, oltre a varie agevolazioni sociali.

La reazione e la risposta dell’Occidente

Anche in Occidente la mobilitazione e i referendum vengono seguiti attentamente, ma USA ed Europa annunciano che non li riconosceranno e che imporranno a Mosca nuove sanzioni. D’altra parte bisogna anche notare che le sanzioni, introdotte nei confronti della Russia a partire dal 2008, non hanno funzionato e il Cremlino non ha cambiato la sua politica. L’ultima carta da giocare per la UE è quella nell’ambito della cooperazione energetica. Nel 2022 tale cooperazione è stata ridotta al minimo, e nemmeno questo ha costretto la Russia a fare dei passi indietro. Come se non bastasse, grazie al rialzo generale dei prezzi e ai mercati alternativi, il Cremlino ha avuto più profitti vendendo meno gas. Pare allora che le nuove sanzioni lanciate dall’Occidente siano rivolte soltanto a provocare a un maggiore isolamento della Russia dal mondo (persino nelle Repubbliche centroasiatiche si è iniziato a limitare l’uso delle carte bancarie russe).

Anche se le autorità russe affermano di effettuare una mobilitazione parziale al fine di proteggere i nuovi territori, la stabilizzazione della situazione nella regione in poco tempo non è uno scenario realistico. La stessa Russia ormai non può lasciare l’Ucraina quando vuole, specialmente dopo i referendum. Inoltre i leader occidentali, anche se dicono che la pace sarà raggiunta al tavolo dei negoziati, sono convinti che prima che le parti effettivamente si siedano a un tavolo, le condizioni dell’Ucraina debbano essere rafforzate. Il presidente Volodymyr Zelensky ha detto che dopo i referendum le trattative con la Russia d’ora in poi saranno impossibili. In un periodo in cui sempre più spesso si parla del ricorso all’arma nucleare e della Terza guerra mondiale, il silenzio degli organismi internazionali – compreso l’ONU – è materia di riflessione e dimostra come la loro influenza si sia affievolita e il loro ruolo rimpicciolito. Assieme a tutto ciò, vi è poi un altro risultato negativo: ognuno cercare di risolvere i propri problemi usando i propri metodi. Ciò non porta a nient’altro che all’aumento delle zone di conflitto.

L’importanza degli sforzi della Turchia

Nel quadro di tutti questi eventi, gli sforzi di mediazione di Paesi terzi acquiscono un’importanza sempre maggiore. In tale contesto una grande responsabilità poggia senza alcun dubbio sulla Turchia, che oggi è l’unico Paese ad essere in contatto con tutte le parti in causa e a suscitare fiducia. Il fatto che Ankara abbia avuto un ruolo importante nella conciliazione dei problemi del grano e dello scambio dei prigionieri testimonia la necessità che la Turchia continui nei suoi sforzi. Bisogna però considerare anche il fatto che molti Paesi siano molto spaventati dalla crescente influenza e autorità della Turchia nell’arena internazionale in relazione al ruolo che essa ha preso e che continua ad esercitare nelle questioni regionali, incluso il problema dell’Ucraina. Per questo motivo, Ankara deve stare attenta come non mai.

Redazione Strumenti Politici
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