L’Occidente, britannici in testa, fece saltare i negoziati di Istanbul fra Mosca e Kiev: le dichiarazioni dell’americana Victoria Nuland

L’Occidente, britannici in testa, fece saltare i negoziati di Istanbul fra Mosca e Kiev: le dichiarazioni dell’americana Victoria Nuland

15 Settembre 2024 0

Victoria Nuland è un ex funzionaria del governo americano con un lungo e chiacchierato curriculum. Sotto le amministrazioni di Obama e di Biden ha svolto ruoli delicati e importanti nella politica estera degli USA in Europa orientale e in particolare in Ucraina. Qualche giorno fa è tornata a parlare di quanto avvenuto al tavolo delle trattative di Istanbul nel 2022. Lo storico Mark Episkopos analizza le sue dichiarazioni e conclude che l’Occidente deve aver messo pesantemente mano nel far saltare i negoziati, grazie ai quali il conflitto con la Russia avrebbe potuto finire quasi subito.

Le affermazioni della Nuland

Victoria Nuland, ex sottosegretario di Stato per gli affari politici e una dei principali architetti della posizione verso la Russia dell’amministrazione Biden, si è espressa su quello che forse è l’episodio più torbido di un conflitto caratterizzato da una sorta di opacità diplomatica quasi impenetrabile: i colloqui di pace a Istanbul nell’aprile 2022 tra Russia e Ucraina. La Nuland riconosce che sul tavolo vi era già un’intesa e che le potenze occidentali non gradivano le condizioni che avrebbero posto un limite all’arsenale ucraino. In questo modo confermerebbe la teoria secondo cui alla fine gli alleati dell’Ucraina si sono impegnati ad affossare l’accordo.

Altri l’avevano già detto

A dire il vero, né l’argomento né il contenuto dei commenti della Nuland sono qualcosa di nuovo. L’ex sottosegretario è solo l’ultima di una serie di soggetti di alto profilo bene informati, tra cui l’ex premier israeliano Nafatli Bennett e il politico ucraino Davyd Arakhamia. La loro testimonianza fa luce sulle pressioni esterne che verosimilmente hanno modellato la fatidica decisione del governo di Zelenksy di staccare la spina ai negoziati ospitati dalla Turchia sulla bozza di accordo che avrebbe messo fine allo scontro armato. Tuttavia, se vogliamo arrivare a qualcosa di simile a un’analisi retrospettiva completa e priva di pregiudizi, bisogna sempre svolgere un compito necessario, seppure ingrato: fare un elenco preciso di tutti questi resoconti, soprattutto se provengono da una figura influente sulla politica estera verso la Russia, cioè la Nuland.

I timori occidentali

Gli ucraini hanno cominciato relativamente tardi nel corso della partita a chiedere consigli su dove si stava andando a finire. Allora per noi così come per i britannici e per gli altri è stato chiaro che la condizione principale posta da Putin era celata in un allegato al documento su cui stavano lavorando, afferma la Nuland, riferendosi alla clausola russa sulle dure restrizioni e sui limiti massimi al personale militare e ai tipi di armamenti che l’Ucraina avrebbe potuto detenere. Secondo lei queste concessioni avrebbero dovuto essere rigettate da Kiev perché in sostanza avrebbero reso il Paese “neutralizzato come forza militare”. E hai poi accennato in sottinteso – naturalmente senza entrare nello specifico – che i funzionari occidentali mostravano quel genere di timore: Quelli dentro l’Ucraina e quelli fuori iniziarono a chiedere se fosse un buon accordo ed è stato a quel punto che è fallito.

Prove indiziarie

Ma chi sono “quelli fuori dall’Ucraina” che hanno fatto le domande e precisamente sui rappresentanti di Kiev che effetto hanno avuto tali mirate domande? Difficilmente la storia completa di quel breve intermezzo diplomatico verrà svelata prima della fine della guerra. Il motivo risiede in gran parte nella natura delicata della questione. Ma adesso c’è qualcosa che persino nelle valutazioni più prudenti sembra una grossa quantità di prove indiziarie che gli attori occidentali, provenienti dal Regno Unito e da altri Paesi definiti “garanti” della sicurezza ucraina dalla bozza del trattato di Istanbul, hanno mostrato riserve verso il formato turco. È complesso stabilire quanto la gravità di queste ultime sia stata determinante per costituire il veto ai colloqui di pace. Si potrebbe ragionevolmente dedurre che per l’Ucraina sarebbe stata dura sottoscrivere un accordo che non godeva nemmeno di un tacito consenso dell’Occidente, dal quale essa dipende in modo assoluto.

Il ruolo delle pressioni occidentali su Kiev

Però è anche vero che i negoziati erano molto tesi e che, sebbene vi fossero segnali positivi di una lenta convergenza fra Mosca e Kiev sui punti principali, nel momento in cui il negoziato è saltato le due parti erano piuttosto lontane dalla piena coincidenza delle posizioni. Così le affermazioni della Nuland portano sostanza all’argomento secondo cui un accordo tra Russia e Ucraina era in via di formazione a Istanbul, che l’Occidente ha avuto un ruolo nel modellare la linea ucraina sull’opportunità di proseguire i negoziati e che i leader occidentali sembrano aver trasmesso a Kiev l’idea che fosse un cattivo accordo. Mettersi a ridiscutere questi dettagli dopo due anni non può essere liquidato come un esercizio di archeologia politica. I fatti di Istanbul sono più rilevanti che mai perché ispirano ciò che pensiamo sugli scenari di conclusione di un conflitto che è ormai al suo terzo anno.

Redazione Strumenti Politici
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