Si è dimessa Victoria Nuland, la neocon che ha lavorato instancabilmente per accendere il conflitto in Ucraina
Sull’American Conservative è uscito un articolo al vetriolo che sintetizza e stigmatizza la lunga carriera di una componente importante del Dipartimento di Stato americano, Victoria Nuland, che si è recentemente dimessa dal suo servizio nell’amministrazione Biden. La tesi dell’opinionista Helen Andrews è riassunta dal sottotitolo del pezzo: “Meritava di andarsene con disonore, non di licenziarsi alle sue condizioni dopo che le era stata negata una promozione”.
Per decenni, dice, la Nuland ha seminato instabilità e fomentato guerre per procura: l’attuale conflitto in Ucraina è figlio della sua instancabile opera di discordia e distruzione.
Andrews afferma nel corsivo
Speravo di ricavare una gioia maggiore dalle dimissioni di Victoria Nuland, comunicate dal Dipartimento di Stato. Ma non fraintendetemi: sono comunque contenta. E chi non lo sarebbe? Per più di tre decenni e sotto sei presidenti (da notare, però, non con Donald Trump), la Nuland ha spinto la politica estera americana in direzione neocon e ha seminato instabilità in giro per il mondo.
Colpa di una mancata promozione
La verità è che il ritiro della Nuland probabilmente non implica un cambiamento ideologico nel governo. Il motivo principale della sua uscita di scena potrebbe consistere banalmente nella storia della volpe e dell’uva: lo scorso anno la Nuland non ha ottenuto una promozione, mentre lo specialista di affari cinesi Kurt Campbell è salito al secondo posto nella graduatoria, proprio sotto il segretario di Stato Antony Blinken.
Gli amici della Nuland sono andati a sfogarsi con Julia Ioffe, giornalista della testata Puck, dicendo quanto fosse più qualificata rispetto a Campbell: ne è uscito un articolo pieno di pettegolezzi, col titolo “Zizzania al Dipartimento di Stato”. Non ha intenzione di lavorare per Kurt, ha dichiarato al Puck una fonte anonima, prevedendo quindi la Nuland avrebbe dato le dimissioni poco dopo la conferma di Campbell.
Ma la Nuland ha continuato a lavorare fino alla fine; era a Kiev un mese fa, qualche giorno prima che il presidente Volodymyr Zelensky licenziasse il capo dell’esercito, forse su richiesta della stessa Victoria o comunque con la sua approvazione. Pur pensando già alle dimissioni, ha proseguito la sua opera nella nostra guerra per procura contro la Russia, che è stata la sua creatura fin dall’inizio, a partire dalla rivoluzione del Maidan nel 2014 o anche prima.
Una carriera da falco nel Dipartimento di Stato
Negli anni ‘90, la Nuland lavorò all’ambasciata americana a Mosca e poi come capo dello staff di Strobe Talbott, l’uomo di Clinton nelle questioni relative alla Russia. Era un “falco” già all’epoca. Quando Boris Eltsin iniziò la guerra di Cecenia nel 1994 per impedire la spaccatura della Federazione Russa, la Nuland era fra coloro che sostenevano che gli USA dovessero fare di più per punire Mosca a causa del suo impegno militare.
Sulla Cecenia, disse in un’intervista anni dopo, molti pensavano, me compresa, che dovesse esserci un modo per far male alla Russia e che dovessimo farle male. Le sue esortazioni a punire la Russia per la Cecenia non vennero seguite, per fortuna (una Cecenia indipendente sarebbe stata un’incubo). Ma dopo ebbe più successo. Durante gli anni di George W. Bush lavorò per il vicepresidente Dick Cheney. Suo marito è Robert Kagan, autore ed esperto neoconservatore: i due sono visti come una coppia potentissima del mondo neocon.
La carriera della Nuland è andata alla grande negli anni di Obama col segretario di Stato Hillary Clinton. In quegli anni si è distinta per una telefonata intercettata, tra lei e il campo dell’ambasciata americana a Kiev Pyatt. La diplomatica americana oltre a chiedere che Vitaly Klitchko, l’ex boxer e leader dell’opposizione “Non penso dovrebbe governare. Non penso sia una buona idea“, di fronte alla possibilità di coinvolgere l’Onu per la crisi, in particolare della nomina di un inviato speciale Onu per l’Ucraina: “…sai una cosa, l’Unione Europea si fotta (fuck the Eu)”.
Victoria ha poi rifiutato di servire sotto l’amministrazione di Donald Trump, facendogli indirettamente una grossa pubblicità. Ha così passato il suo tempo gonfiando la bufala del Russiagate. Ha incontrato Glenn Simpson della Fusion GPS nell’autunno del 2016 e ha avuto un ruolo, da lei minimizzato, nella promozione del dossier Steele.
Il ritorno di Nuland al servizio governativo con Biden mostrò che i falchi antirussi erano di nuovo al comando dopo quattro anni di esilio. Sarebbe bello se oggi la sua uscita significasse un cambiamento, ma forse non è così, anche se adesso il partito della guerra dovrà perseguire la sua politica distruttiva nei confronti della Russia senza l’alfiere più tenace e dogmatico.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.