L’ex capo dell’intelligence di Gheddafi ancora in prigione. Parla la figlia: “il destino di mio padre non dipende dai libici”

L’ex capo dell’intelligence di Gheddafi ancora in prigione. Parla la figlia: “il destino di mio padre non dipende dai libici”

3 Novembre 2022 0

“Chiedo alla Comunità internazionale, al Consiglio di Sicurezza, al governo libico se ce n’è uno alle autorità di sicurezza interessate di rilasciare immediatamente mio padre, Abdullah Al-Senussi, per ricevere le cure necessarie e salvargli la vita. Farò qualsiasi cosa, con ogni mezzo disponibile, perché non lo lascerò mai morire lentamente dietro le sbarre, davanti ai miei occhi. Finora mio padre non è stato condannato per nessun reato”. Ce lo dice Sarah Al-Senussi, figlia dell’ex capo dell’intelligence libica di Gheddafi. “Lo sappiamo – aggiunge – non ha fatto niente. Inoltre, anche i sostenitori di Febbraio, che ora e prima controllano la Libia, come Abdulhakim Belhadj e Mohammed Abu Sidra, hanno riconosciuto più volte che mio padre debba essere rilasciato. Se mio padre ha qualche responsabilità per qualche crimine, perché in più di undici anni non c’è nessuna prova, nessuna sentenza contro di lui? Mio padre non è mai stato coinvolto in combattimenti e ha fatto del suo meglio per evitare che i libici si uccidessero a vicenda. Anche per il massacro della prigione di Abu Salim, dove sono state uccise circa 1200 persone nel giugno 1996, mio ​​padre non era presente. In realtà si èseduto due giorni dopo con il capo della sicurezza della prigione e sei o sette prigionieri per trovare una soluzione e sono ancora vivi fino ad oggi. Se mio padre ha ucciso 1200 persone, quelle persone che l’hanno visto avrebbero dovuto essere le prime ad essere eliminate. Non c’è niente a suo carico. Nessuna prova, nessun atto giudiziario, anche per i fatti accaduti nel 2011. La sentenza del 2014 è stata annullata e dopo più di undici anni tornano sotto processo”. In Libia, la maggior parte dei prigionieri del precedente regime è stata rilasciata nell’ambito del processo di riconciliazione nazionale, ad eccezione di Abdullah Mansour e Abdullah Al-Senussi.

Senussi era direttore dell’intelligence militare e cognato del colonnello Muammar Gheddafi. È stato accusato dalla CPI di crimini contro l’umanità in seguito allo scoppio di rivolte popolari in Libia nel febbraio 2011. La Libia ha impugnato con successo il caso della CPI, con i giudici internazionali che hanno stabilito che i procedimenti nazionali contro al-Senussi avrebbero avuto la precedenza in base al principio di complementarietà previsto dallo Statuto di Roma. Finora, non c’è alcuna sentenza contro di lui.

“Mio padre è stato trasferito nella prigione di Mitiga sotto il controllo di Abdel Raouf Kara il 16 dicembre 2019. È stato consegnato a Kara (n.d.r. Special Deterrence Force) dalla Brigata Rivoluzionaria di Tripoli di Haythem Al-Tajouri. Io e mia sorella, Anoud, abbiamo potuto fargli visita due volte nel maggio 2021, questo è stato l’unico incontro da quando è stato rinchiuso a Mitiga. Nostro più piccolo lo ha visto tre mesi fa dopo il secondo intervento al cuore. La prima operazione è stata eseguita a marzo, e la seconda a giugno. Da quando si è trasferito lì, abbiamo parlato con lui al telefono solo sei volte perché tutta la nostra famiglia vive fuori dalla Libia, dallo scoppio della guerra nel 2011. Una volta siamo riusciti a parlare per mezz’ora, ma le altre solo per dieci minuti. Ecco perché non possiamo avere informazioni complete. Ci chiede solo come stiamo, come sta andando con lui, perché il tempo non è abbastanza. Nella nostra ultima telefonata, circa tre mesi fa, avendogli fornito le medicine da un medico fuori dal paese, gli ho chiesto informazioni riguardo al trattamento che sta ricevendo per il suo cuore e per i tumori. Il carceriere che gli stava dietro disse: ‘no non si può dare il nome dei medicinali, quando, dove e quale medico ha operato dopo l’ultimo infarto. Non so qual è il grande segreto! Ci sono alcuni farmaci che non possono essere presi insieme in quanto possono avere effetti negativi se combinati. Non chiedo segreti di Stato”. Rivela Sarah Al-Senussi, sottolineando le gravi condizioni di salute di suo padre.Abdullah Al-Senussi, che non può ricevere visite nemmeno dalla commissione medica del Ministero della Giustizia nel Governo internazionalmente riconosciuto.

“Non ci fanno sapere nulla. Abbiamo scoperto che è stato operato dopo due mesi dalla prima operazione! Non ci hanno nemmeno detto che ha avuto un infarto e che l’ambulanza ha dovuto portarlo d’urgenza in ospedale. E il secondo intervento avrebbe dovuto essere eseguito dopo un mese dal primo, ma dopo tutti i nostri sforzi e la campagna mediatica, è andato sotto i ferri soltanto tre mesi dopo. Questo è molto grave per la sua salute, ecco perché le sue condizioni sono peggiorate. Stiamo parlando del cuore, non è qualcosa con cui si può giocare. Inoltre, sta invecchiando, oggi ha 72 anni. Soffre di diverse altre malattie, ha un cancro alla prostata che non sappiamo ancora se benigno o maligno, o quanto sia cresciuto negli ultimi anni. Dovrebbe fare una biopsia o un’ecografia, ma non ha fatto niente di tutto questo. L’ultima ecografia, nel 2016, ha mostrato che la dimensione del cancro alla prostata era di 65 mm. Ho ricevuto un trattamento per lui da un medico tedesco riferendogli i suoi sintomi di cui mio padre mi ha parlato l’ultima volta che l’ho visitato. Si tratta di farmaci generici, niente di specifico, per mancanza di informazioni sulla sua cartella clinica”. Racconta ancora la figlia Sarah.

“La nostra tribù, Maghara, ha incontrato mesi fa il Primo Ministro libico e gli hanno chiesto: ‘perché hai rilasciato tutti i detenuti, hai scambiato prigionieri di guerra dalla parte di Haftar, perché non nostro figlio Abdullah Al-Senussi?’. Abdel Hamid Al-Dabaiba ha detto loro che i primi responsabili del rilascio di mio padre sono gli Stati Uniti. Dabaiba ci ha detto che gli americani impediscono la sua liberazione. Il destino di mio padre non dipende dai libici ma dall’estero. Abbiamo cercato l’anno scorso, attraverso la nostra tribù, di tagliare l’acqua chiedendo la sua liberazione. Dopo nove giorni, mio ​​padre ha chiamato la nostra tribù per riaprirla perché non accettava l’idea che il popolo libico rimanesse senz’acqua per causa sua, anche se ciò potrebbe costargli la vita. Non voleva questa responsabilità. Mio padre dal 2018 non incontra nemmeno il suo avvocato. Ha un processo per gli eventi accaduti durante la guerra nel 2011 e non ha potuto nemmeno assistere alle sessioni della Corte. Inoltre, il ministro della Giustizia ha chiesto alla commissione medica di visitare mio padre, ma Abdel Raouf Kara non ha permesso loro di vederlo. Una ventina di giorni fa, il ministro della Giustizia, la signora Halima Abdul-Rahman, ha incontrato il Consiglio di Presidenza per discutere una soluzione. Ha provato a fare tutte le procedure, ma Kara ha impedito alla commissione medica del Ministero della Giustizia di entrare nella prigione di mio padre. La signora Halima ci ha detto che ha fatto tutto ciò che era in suo poter,ema nessuno la sta ascoltando. Ha informato anche il presidente del Consiglio presidenziale, Mohamed Al-Mnefi. Stiamo facendo del nostro meglio, anche ieri la tribù Maghara ha incontrato il vicepresidente Abdullah Al-Lafi per discutere del rilascio di mio padre. Non abbiamo più tempo; la nostra pazienza sta finendo. Non possiamo aspettare oltre, dopo undici anni”. Ha continuato con la voce rotta dal dolore e dalla preoccupazione per le condizioni del padre nel carcere di Mitiga, nella capitale libica Tripoli.

Ha concluso, rinnovando l’appello per la liberazione del padre Abdullah Al-Senussi alle fazioni libiche e agli attori internazionali che hanno potere su di loro: “Credo che si stiano liberando di lui lentamente, trascurando le sue condizioni di salute. Questo è quello che posso vedere, ma non so chi c’è dietro: è l’Europa, l’America, la CPI, sono i libici a volere questo? Non sappiamo chi controlla il destino di mio padre. A Mitiga c’è anche una base militare turca. Prevenire le visite di controllo, le cure, l’accesso ai medici e alle cure mediche, significa uccidere lentamente mio padre a causa della sua grave malattia. Allora, dov’è l’umanità, dove sono i diritti umani e lo Stato civile per cui i libici hanno si sono battuti?”.

Vanessa Tomassini
Vanessa Tomassini

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