L’Europa vuol fare da giudice sui crimini in Ucraina ascoltando solo l’accusatore

L’Europa vuol fare da giudice sui crimini in Ucraina ascoltando solo l’accusatore

1 Novembre 2022 0

Già qualche anno l’Europa cerca di imporre il suo giudizio morale su tutto ciò che concerne l’Ucraina. Lo ha fatto a partire dal Maidan del 2014, il colpo di Stato – pardon, “rivoluzione” – per arrivare fino ad oggi. Lo fa tramite i media mainstream che impongono una narrativa di una puerilità sconcertante, per la quale un bel giorno un certo capo di Stato si è alzato con la luna storta e ha deciso di invadere il Paese vicino. Così, la maggioranza del pubblico ha finito per credere che il conflitto sia scoppiato improvvisamente lo scorso 24 febbraio e non fa più caso quando una notizia data dal telegiornale viene in seguito sburgiadata. Limitandosi al recinto della stampa italiana, si possono fare giusto un paio di esempi. Le immagini che il Tg2 presentò come un bombardamento russo sui palazzi di Kiev erano in realtà prese da un videogioco, ma le persone hanno continuato a prendere per buono tutto ciò che la Rai mostra dell’Ucraina. Poi, la foto pubblicata in prima pagina da La Stampa che ritraeva cittadini disperati con i titoli di contorno sui “bimbi in fuga da Leopoli” l’assalto “finale” su Kiev, suggerendo apertamente che quelli in foto fossero i poveri ucraini vittime dei missili russi: peccato che l’immagine provenisse da Donetsk, il territorio dei separatisti preso di mira dai razzi dell’esercito di Zelensky. La successiva spiegazione del direttore della testata Massimo Giannini fu una pezza peggiore del buco e i lettori hanno continuato a farsi condizionare dalle immagini tendenziose del giornale.

Oggi l’impianto accusatorio contro la Russia messo in piedi dalla stampa viene a essere rafforzato da quello giuridico. L’Eurojust, l’agenzia di cooperazione giudiziaria dell’Unione Europea, sta concretizzando l’intenzione di costruire il quadro legale in cui elaborare formalmente le accuse – tanto che le condanne sono già state emesse dai media – sulla base dei resoconti finora arrivati, di cui alcuni, si è visto, sono falsificati o allestiti ad arte. Si è tenuto un paio di settimane fa il 16esimo Forum di consultazione dei procuratori generali degli Stati membri della UE sul tema della “risposta giudiziaria” alla guerra in Ucraina. È stato invitato a partecipare niente meno che il procuratore generale ucraino Andriy Kostin, per presentare insieme al procuratore della Corte penale internazionale, il britannico Karim Khan, una relazione sul perseguimento dei crimini di guerra nel suo Paese. Il francese Olivier Christen, esponente del Ministère de la Justice francese, ha detto che l’Unione si è già “mobilitata” in questo senso: fedele ai suoi valori, l’Unione Europea si mantiene totalmente impegnata nell’identificazione e nel perseguimento dei colpevoli delle atrocità che stanno avvenendo in Ucraina. La nostra mobilitazione ci ha messo in grado di intraprendere un notevole lavoro legislativo, comprendente l’allargamento delle prerogative di Eurojust, per migliorare la lotta contro l’impunità per i crimini di guerra. E per rendere più incisivo il lavoro dell’organismo gli è stata data la possibilità di archiviare, conservare e analizzare le prove dei crimini suddetti. Che si tratti di un lavoro a senso unico che prende in considerazione solo ed esclusivamente le accuse contro i russi, è implicitamente confermato dalle parole del presidente stesso di Eurojust, lo slovacco Ladislav Hamran, che ha sottolineato che mai nella storia dei conflitti armati la comunità giuridica ha reagito con tale impegno e determinazione, aggiungendo che spera di vedere in futuro una forza ancora maggiore per realizzare la loro ambizione a dare giustizia al popolo ucraino. E il 13 ottobre Eurojust ha annunciato l’ingresso della Romania nel Joint Investigation Team (JIT), il gruppo congiunto di inchiesta creato il 25 marzo scorso e di cui fanno già parte Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovacchia e Ucraina stessa. Grazie al JIT viene facilitata la cooperazione giuridica fra gli Stati membri, ad esempio con lo scambio di informazioni o permettendo agli inquirenti di un Paese di operare sul territorio di un altro, il tutto con l’obiettivo di intraprendere ogni misura possibile per raccogliere le prove sui presunti crimini internazionali principali commessi in Ucraina al fine di assicurare i responsabili alla giustizia.  Quindi abbiamo un gruppo ristretto di Paesi che si fa arbitro ed esecutore delle inchieste e di esso fa parte pure il Paese che è contemporaneamente belligerante, accusatore, vittima e accusato. E aggiungiamo che al suddetto vertice si è discusso anche della disinformazione nel cyberspazio: si sa, tutto ciò che presenta un punto di vista diverso dalla narrativa ufficiale viene etichettato come “disinformazione”.

Dunque, se l’Europa vuole ergersi a giudice assoluto di questioni internazionali, perché in tutto questo tempo non ha mai preso provvedimenti severi verso le violazioni perpetrate dall’Ucraina stessa? Ai resoconti sulle condotte criminali delle autorità ucraine raramente è stata data dignità mediatica dai canali occidentali, ma a livello di Nazioni Unite numerosi report non sono assolutamente lusinghieri nei confronti di Kiev. L’OHCHR, l’Alto commissariato ONU per i diritti umani, da diversi anni pubblica periodicamente le sue relazioni sulla situazione in Ucraina. In quello di novembre 2019 / febbraio 2020 ha parlato di detenzioni arbitrarie, maltrattamenti e torture avvenute ad opera delle forze governative ucraine. Nei report si trovano accuse pesanti anche verso i separatisti filorussi, ma l’Europa ha sempre puntato il dito solo contro di essi, ignorando convenientemente quanto di male fatto dalle forze ucraine. Anzi, ha continuato ad armare l’esercito di Kiev e a pompare aiuti a finanziari a tutto spiano. Tutto ciò accadeva ancora prima dell’inizio della “operazione speciale”: dopo di essa, i governi e i media hanno persino santificato le gesta del battaglione Azov, la milizia ucraina di ispirazione nazistoide. Chi ha osato sollevare dubbi ha subito un anatema, come accaduto a un’organizzazione da sempre descritta dai media come affidabile, imparziale se non addirittura eroica, quella Amnesty International criticata e boicottata dopo aver denunciato che la condotta dell’esercito ucraino metteva in pericolo le vite dei civili, trasformandoli in obiettivi militari. Occorre infine citare un altro elefante nella stanza che la superiorità morale dell’Europa impedisce di vedere: è il sito Myrotvorets(termine che significa “Pacificatore”), secidente organizzazione indipendente che in realtà è una lista di proscrizione vera e propria, una specie di raccolta di manifesti di ricercati, che pubblica le informazioni personali di coloro che sono considerati “nemici dell’Ucraina”, come il numero di telefono, l’indirizzo, il link dei profili social, i nomi di figli e parenti. Nel 2016 aveva inserito i nomi di amministratori pubblici e imprenditori del Veneto la cui colpa era stata quella di essersi recato in viaggio di affari in Crimea. E sulla foto del giornalista italiano Andrea Rocchelli, ucciso nel 2014 da un colpo di mortaio sparato dall’esercito ucraino, ha messo una riga rossa e posto la dicitura “liquidato”.

Martin King
Martin King

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