L’Estonia ha un’inflazione al 24% e riapre le centrali inquinanti, ma vuole più sanzioni alla Russia

L’Estonia ha un’inflazione al 24% e riapre le centrali inquinanti, ma vuole più sanzioni alla Russia

27 Ottobre 2022 0

L’inflazione galoppa nelle Repubbliche baltiche, le più accanite sostenitrici delle sanzioni anti-russe e del taglio di ogni rapporto commerciale e sociale con Mosca. Nella spiacevole classifica europea dell’aumento del costo della vita,  al primo posto di settembre c’è l’Estonia (24,1%), seguita dalla Lituania (22,5%) e dalla Lettonia (22%) contro una media europea del 10,9%. Si tratta di record assoluti a livello continentale: e ora la Eesti Pank, la banca centrale estone, prevede tempi ancora più duri.  A partire dallo scorso maggio, gli estoni hanno iniziato a mettere da parte sempre meno risparmi, e presto potrebbero trovarsi nella condizione di dover intaccare i salvadanai per far fronte alle spese quotidiane. E una volta terminati i depositi, il passo successivo sarebbe il crollo dei consumi. Il governatore della banca centrale Madis Müller spiega che l’Estonia si è agganciata rapidamente al livello europeo dei prezzi, mentre i redditi sono rimasti al di sotto della media UE. Anche alla Swedbank dicono che i consumi stanno tenendo nonostante la forte inflazione, ma i cittadini hanno già iniziato a ritirare il denaro risparmiato; si ritiene inoltre che nel 2023 la crescita del PIL sarà pari a zero e che ci vorranno almeno cinque anni per tornare al tenore di vita dell’anno scorso. L’amministratore delegato di Swedbank Olavi Lepp spiega che le aziende che non riescono a trasferire sui consumatori i costi crescenti rischiano seriamente di chiudere i battenti,  annullando così il ruolo economico dell’Estonia come Paese di esportazione di beni e servizi a basso costo. Gli fa eco Lenno Uuskula, economista capo della Luminor Bank, il quale ribadisce come le aziende che non possono pagare un salario di livello medio saranno costrette a fallire una dopo l’altra; aggiunge però che alla lunga ciò porterà in Estonia a un’occupazione con un maggiore valore aggiunto. Nel frattempo, la stessa Luminor Bank comunica che il 36% dei suoi clienti ha rimandato l’acquisto della casa.

Per dare sollievo almeno alla situazione energetica, a Tallinn si sono risolti a tornare alle centrali a scisto bituminoso. Secondo il piano di transizione ecologica che l’Estonia stava perseguendo, gli impianti dovevano essere spenti entro il 2035 e la produzone di scisto smessa totalmente entro il 2040: ma oggi, avendo bloccato l’importazione di energia dalla Russia, il governo ha deciso di rimandare a un futuro ancor più lontano i suoi piani di rinuncia ai combustibili altamente inquinanti. Si tratta solamente di una misura temporanea per superare la crisi, afferma Hando Sutter, direttore della compagnia a partecipazione statale Eesti Energia che gestisce il settore energetico nazionale. Intanto, nel 2022 sono state assunte 600 persone per incrementare l’estrazione di scisto e far funzionare le centrali. Sutter spiega che lo scisto bituminoso è una sorta di “polizza assicurativa” per l’Estonia, che possiede enormi giacimenti e grandi impianti: Si tratta solo di sostituire la parte mancante di forniture di elettricità e di compensare gli alti prezzi dell’energia. Secondo i suoi dati, per tenere la luce accesa servono 2,5 gigawatt ora per pareggiare la quantità di importazioni dalla Russia a cui la Finlandia e le Repubbliche baltiche hanno rinunciato. Ma il costo dell’elettricità è schizzato fino a 4mila euro a megawatt ora, il limite massimo consentito dagli scambi di borsa: un’alta esposizione ai prezzi di mercato ha reso l’Estonia molto più vulnerabile a questi picchi.

Tutto questo non sposta la posizione ostile alla Russia del governo di Tallinn. Qualche giorno fa il ministro degli Esteri Urmas Reinsalu ha presentato alla Commissione Europea proposte per il nono pacchetto di sanzioni anti-russe e anti-bielorusse. Si tratta di misure estese e rafforzate nel settore bancario, energetico, mediatico e commerciale. Reinsalu auspica che vengano applicate il più rapidamente possibile e vorrebbe uno stop immediato alle forniture di gas russo, dal momento che – a suo modo di vedere – i Paesi europei adesso dispongono di riserve piuttosto consistenti. L’obiettivo degli otto pacchetti finora approvati era quello di paralizzare l’economia russa e impedire a Mosca di continuare il conflitto: lo scopo, evidentemente, non è stato raggiunto. Così, ora serve il pacchetto numero 9, supportato anche da Lettonia, Lituania e Polonia, che vogliono limitare ancora di più le importazioni dalla Russia di gas di petrolio liquefatto e bandire altre banche russe dal sistema SWIFT. L’ottavo pacchetto è stato introdotto soltanto due settimane fa, ma i quattro Paesi “falchi” erano rimasti delusi dal fatto che il Belgio fosse riuscito a far depennare dalla lista nera il suo fornitore di diamanti grezzi, il gruppo russo Alrosa. Così, oltre al divieto di importazione dei diamanti, nella bozza attuale le Repubbliche baltiche e la Polonia hanno riproposto alcune delle sanzioni che in precedenza non erano passate, come ad esempio il divieto di vendita di proprietà immobiliari europee a clienti russi. Nella prima discussione preparatoria, comunque, non è stato fatto alcun cenno alle tempistiche dell’eventuale nono pacchetto.

Vincenzo Ferrara
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