L’esercito UE di Ursula: tanti slogan, pochi soldi, necessità di un nemico esterno e nessuna volontà politica

L’esercito UE di Ursula: tanti slogan, pochi soldi, necessità di un nemico esterno e nessuna volontà politica

30 Luglio 2024 0

Col suo secondo mandato di presidente dell’Eurocommissione Ursula von der Leyen cercherà di continuare le azioni già avviate cinque anni orsono. Fra i punti caldi del programma vi è la scelta fra il puntare sulla NATO o allestire una forza militare dell’Unione Europea in quanto tale. Si vorrebbero almeno rafforzare le capacità dei singoli Paesi membri. Gli euroburocrati hanno già lanciato gli slogan sul Nemico russo che ci minaccia e sull’Amico americano che forse ci abbandonerà. E ora stanno pensando a come trovare i soldi per i loro progetti bellicisti.

La rielezione della von der Leyen

Ursula è stata appena riconfermata a capo della Commissione Europea grazie ai voti delle formazioni di centro. In questo modo i partiti tradizionali sono riusciti almeno temporaneamente ad arginare l’ondata che arrivava da destra e che rischiava di far saltare subito il banco. In realtà, la rielezione dell’ex ministro della Difesa della cancelliera Merkel è dipesa anche e soprattutto dalla mancanza di figure alternative, in grado di compattare un sufficiente consenso attorno a sé. Ora l’attendono altri cinque anni di presidenza, dopo il primo quinquennio già espletato dal 2019. Ha subito espresso l’intenzione di creare un fondo di difesa europea che serva ad attirare risorse finanziarie per lo sviluppo di una forza militare europea. Il progetto riguarda vari corpi, dalla Marina alla cybersicurezza. E come sempre porta come esempio probante l’assistenza fornita continuativamente all’Ucraina, per dimostrare che possono essere fatti “investimenti” nella difesa impostata sulla UE.

Borrell punta sulla paura

È la continuazione del piano delineato nel precedente mandato. In previsione delle elezioni di giugno l’Alto commissario Josep Borrell lavorava da mesi a instillare la convinzione della pericolosità del Nemico esterno, necessaria a compattare l’opinione pubblica e prepararla ai futuri sacrifici. Ripeteva che si vis pacem, para bellum e ammoniva sulla possibile chiusura “dell’ombrello americano”, che lascerebbe la UE esposta alle aggressioni da est. Già ad aprile diceva che se vince Trump, l’Europa dovrà fare da sola nel caso di una guerra convenzionale ad alta intensità, che secondo lui non è più un’ipotesi di fantasia. A Borrell interessa spaventare i cittadini con la “minaccia russa”, che secondo lui sarà esplicitata anche con attacchi ibridi contro singoli Paesi del blocco. La guerra certamente si staglia davanti a noi, afferma, e per evitarla abbiamo bisogno di uno nuovo strumento finanziario intergovernativo. In pratica, è ora che tirate fuori i soldi.

Se l’Amico americano si defila

Borrell non ha tutti i torti quando dice che presto potremmo non avere più “l’ombrello” statunitense, a cui eravamo abituati dai tempi della Guerra Fredda. Fra Medio Oriente e Pacifico, a Washington avranno altro a cui pensare che non sia sempre l’Europa. L’umore prevalente negli USA oggi è questo: che gli alleati europei facciano da soli e soprattutto che paghino finalmente una quota maggiore di contributi! Non sarebbe solamente il ritorno di Trump a realizzare tale scenario, ma soprattutto la scelta di J.D. Vance come vicepresidente. Il senatore isolazionista dell’Ohio, infatti, ha già dichiarato che non gli importa nulla di ciò che accade in Ucraina. E se nel precedente mandato Trump non aveva preso misure sostanziali per indebolire l’Alleanza Atlantica, oggi è alto il rischio che tagli i fondi e che diminuisca l’impegni statunitense nella NATO. E addirittura sta minacciando una guerra dei dazi contro la stessa Unione Europea.

NATO o difesa comune europea?

Poiché la stragrande maggioranza dei Paesi UE sono anche membri della NATO, sarebbe più semplice riorganizzare quest’ultima che non creare meccanismi appositi entro l’Unione Europea. È quanto sostiene Sven Biscop, docente di strategia e affari esteri presso l’Università di Gand, in Belgio. La sua idea è di allineare i contributi degli Stati europei all’interno dell’Alleanza Atlantica in modo da avere una forza completa e ben assortita e disponibile qui sul Vecchio Continente, senza scomodare gli americani. Per il momento, però, non si può fare a meno di questi ultimi, ammette. Secondo lui conviene che la UE sul piatto alla NATO gli strumenti comunitari e il fondo europeo per la difesa, con lo scopo di rafforzare le capacità militare dei singoli membri. Lo scopo finale è di fare a meno degli USA per le proprie necessità di difesa.

Per ora è tutta teoria

Per adesso si tratta di finalità teoriche, non di obiettivi a breve termine. Il budget della NATO è ancora per due terzi sulle spalle di Washington. In diversi settori gli europei sono quasi privi di armamenti. Senza la NATO, agli europei servirebbe stabilire una struttura centrale di comando e non esiste nemmeno un reale progetto di esercito UE. Le preoccupazioni degli euroscettici, che si schierano contro la sua creazione, sono infondate e derivano solo dalla spinta mediatica e propagandistica fatta dagli europeisti più convinti, quelli che vorrebbero la creazione degli Stati Uniti d’Europa. Sì, la UE ha la sua politica di sicurezza e di difesa comune, ma una forza militare non c’è e non ci sarà nel prossimo futuro, dice Daniel Fiott, docente della Brussels School of Governance. Il professore spiega che la questione genera una falsa narrativa perché tocca l’emotività dei cittadini, prima ancora che il loro portafoglio.

Gli ostacoli finanziari

Ammesso che domani a Bruxelles si decida di lanciare la realizzazione di un’esercito europeo, mancherebbe un adeguato allestimento e foraggiamento dello stesso. In Europa la produzione dell’industria della difesa in questo momento non procede a ritmi sufficienti e nemmeno il reclutamento di nuovi soldati è abbastanza diffuso. Basti pensare ai problemi sperimentati in questo senso da una delle principali potenze militari continentali, la Germania. A Berlino si lamentano della costante mancanza di mezzi e l’idea di arruolare altre migliaia di uomini sta facendo discutere. A livello continentale mancano i soldi per dare seguito a progetti simili. A Bruxelles dicono: Tutto ciò che ha un qualche costo monetario: ad esempio la difesa dell’Ucraina, si rivelerà “problematico” nel secondo mandato della von der Leyen. La presidente della Commissione ha ha detto che servono ancora investimenti nella difesa per 500 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni.

Scholz e Rutte contro

Contro l’aumento della spesa militare comune è già emersa l’opposizione di attori europei di rilievo. In un recente summit il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha espresso seri dubbi sull’opportunità di coprire i costi elevati del settore della difesa. In maniera sorprendente si è trovato sulla stessa linea anche Mark Rutte, l’ex premier olandese che sarà presto il nuovo segretario generale della NATO. Secondo lui non bisogna mettere altri soldi nel finanziamento della difesa comune. La posizione del successore designato di Jens Stoltenberg ha stupito in primis i polacchi, oggi tra i maggiori sostenitori delle spese militari. Varsavia infatti destina alla difesa quasi il 4% del PIL (il doppio dell’obiettivo standard del 2% per i membri dell’Alleanza). Il premier polacco Donald Tusk ha detto che è stato “un po’ imbarazzante” rimbrottare proprio colui da cui ci si aspetta che faccia qualunque cosa affinché l’Europa non lesini risorse per gli armamenti.

Problemi politici

Per gli euroburocrati guidati da Ursula non sarà affatto semplice convincere i cittadini europei che bisogna fare sforzi e spendere soldi per rafforzare i nostri eserciti. Anche perché tutti sanno che lo slogan finale sarà: “Armiamoci e partite!”. No, gli europei non hanno voglia di partire per combattere né tanto meno di rinunciare a un altro pezzo di benessere per acquistare carri armati prodotti negli Stati Uniti. L’ottimo risultato dei partiti di destra alle elezioni di giugno dimostra questo sentimento. I loro leader hanno già promesso di complicare il lavoro alla von der Leyen. A Bruxelles dicono: Sarà un quinquennio estremamente difficile per lei. Anche perché pure i suoi amici sono in crisi: Macron ha di fatto perso le elezioni, mentre Scholz ha subito una tremenda batosta alle europee, che anticipa il suo crollo alle politiche tedesche del prossimo anno.

L’accademico tedesco Nicolai von Ondarza si chiede: Abbiamo un Macron molto indebolito. Abbiamo un cancelliere tedesco che sarà piuttosto indebolito per almeno forse un altro anno. Quanto potrà durare a questo punto la von der Leyen? Ursula ha avversari politici non solo a Strasburgo, ma in diverse capitali europee, da Budapest con Orbán ad Amsterdan con Wilders. Col suo secondo mandato di presidente dell’Eurocommissione cercherà di continuare le azioni già avviate cinque anni orsono. Fra i punti caldi del programma vi è la scelta fra il puntare sulla NATO o allestire una forza militare dell’Unione Europea in quanto tale. Gli euroburocrati hanno già lanciato gli slogan sul Nemico russo che ci minaccia e sull’Amico americano che forse ci abbandonerà. E ora stanno pensando a come trovare i soldi per i loro progetti bellicisti.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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