L’energia solare per pompare acqua in Africa. Il grande progetto sociale della giovane israeliana Silvan Ya’ari

L’energia solare per pompare acqua in Africa. Il grande progetto sociale della giovane israeliana Silvan Ya’ari

27 Ottobre 2021 0

Aiutiamoli nei loro paesi”, tuonano i tanti slogan, in alcuni casi figli di una consorteria superficiale e parolaia che ignora o colpevolmente si rifiuta di conoscere la realtà di milioni di persone che, fame, guerre e siccità costringono all’emigrazione disperata, una strada spesso senza ritorno, come testimoniano ogni giorno le drammatiche cronache del Mediterraneo.

C’è chi, invece, senza strepitare ha fornito gli strumenti a 586 villaggi, dislocati in dieci paesi dell’Africa sub-sahariana per prelevare acqua pulita dal sottosuolo, utilizzando la risorsa naturale di cui il continente africano è ricchissimo, il sole. Così dal 2008, la giovane imprenditrice sociale israeliana, Silvan Ya’ari, fondatrice e Ceo della ong “Innovation: Africa”,  ha iniziato ad esportare in Tanzania, Etiopia, Senegal, Malawi, Sud Africa, Camerun, Zambia, eSwatini e Congo le tecnologie avanzate nel settore delle rinnovabili del suo Paese, fornendo corrente elettrica e acqua potabile a 3 milioni 200 mila africani. «Abbiamo concluso 586 progetti nel campo del solare e dell’approvvigionamento idrico – ci spiega Ya’ari, che il 10 ottobre scorso è stata ospite del Maker Faire Rome 2021, la più grande fiera annuale sull’innovazione patrocinata dall’ambasciata d’Israele a Roma – . Attualmente siamo impegnati in sei Paesi e in ognuno di essi abbiamo uffici dove lavorano solo persone del luogo, questo perché vogliamo creare opportunità di crescita e sviluppo. Abbiamo già fornito acqua potabile a questi villaggi, con una sistema molto semplice e soprattutto poco dispendioso: ogni progetto idrico interessa dieci mila persone per un costo totale a impianto di 50mila dollari, compreso di trivellazioni, pompa solare, pannelli fotovoltaici, serbatoi, tubazioni fino a otto chilometri, rubinetti e la costruzione di una torre di 10 metri. Trivelliamo il suolo per raggiungere l’acqua – prosegue – quindi, con delle pompe azionate dai pannelli solari, la facciamo risalire in superficie. In questo modo usiamo una risorsa naturale, salvaguardando l’ambiente per produrre energia pulita che servirà a fornire acqua potabile a ospedali, scuole e famiglie. Risorse presenti in loco, come l’acqua che abbonda nel sottosuolo e il sole. L’energia è vitale – conclude – e lo sviluppo delle fonti rinnovabili non solo come risorsa ambientale, ma anche sociale, per garantire l’accesso ai beni di prima necessità come l’elettricità, riducendo le diseguaglianze è la vera sfida».

Oggi, 620 milioni di persone vivono senza elettricità nell’Africa sub sahariana e altre 400 non hanno accesso diretto all’elemento essenziale per la vita: l’acqua. Portare luce a scuole e centri medici grazie all’innovazione tecnologica ha un costo di solo 18mila dollari. Così Innovation:Africa, che nel 2012 ha ottenuto lo status consultivo speciale presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (Ecosoc) e ricevuto numerosi premi, ha illuminato scuole rurali e fornito scrivanie e computer. Nei centri medici, oltre alla corrente elettrica, anche frigoriferi solari, letti e attrezzature mediche. Le piccole centrali di zona tolgono dalla miseria gli abitanti dei villaggi, avvalendosi di contractors locali, che danno lavoro a 98 persone a tempo pieno e 640 part time, formandoli anche sul campo. In Camerun, ad esempio, dove la stabilità del Paese è minata dai terroristi di Boko Haram, hanno completato 103 progetti per i centri medici. «La nostra più grande soddisfazione – conclude l’imprenditrice sociale – è illuminare interi villaggi e poterlo fare utilizzando energia da fonti rinnovabili e a costi minimi».

La tendenza verso l’innovazione tecnologica, unita all’attuazione di programmi di cooperazione allo sviluppo e assistenza umanitaria rientra fra gli interessi dello Stato ebraico che per raggiungere l’obiettivo, ha fondato nell’1958 il Mashav, acronimo per l’Agenzia israeliana per la cooperazione internazionale allo sviluppo. Una divisione speciale all’interno del ministero degli Affari Esteri, voluta dall’allora ministro israeliano Golda Meir. Di ritorno da un suo viaggio in Africa la Meir comprese la necessità che il suo Pese dovesse adoperarsi per porre un argine all’enorme scarsità di risorse e all’arretratezza sociale, culturale ed economica di quei territori, dilaniati da sanguinose guerre intestine che condannavano alla fame intere popolazioni, generando i micidiali mostri della malnutrizione, dell’assenza totale di un sistema sanitario e d’istruzione e di una condizione femminile, soprattutto nei villaggi rurali, relegata ai margini della società. Di qui, l’istituzione del Mashav che, ispirandosi agli ideali ebraici tradizionali del “tikkun olam”, “riparare il mondo”, condivide con i paesi in via di sviluppo il know how e le tecnologie alla base della modernizzazione dello Stato ebraico.

L’innovazione tecnologica, soprattutto in campo energetico per una riduzione delle emissioni di gas serra, è ora una priorità dei governi preoccupati dai cambiamenti climatici. Non a caso l’Accordo di Parigi nelle sue linee guida stabilisce fra le altre cose di “mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C, rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine”, come anche di “fornire ai paesi in via di sviluppo un sostegno internazionale continuo e più consistente all’adattamento”. Tuttavia, le ultime previsioni della Global Energy Review 2021 dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), non sono rassicuranti, stimando che quest’anno le emissioni di Co2 potrebbero aumentare del 4,8% man mano che la domanda di carbone, petrolio e gas risale con la crescita economica, arrivando a oltre 33 miliardi di tonnellate, ritornando così ai livelli pre pandemia. Il timore degli esperti è che la riduzione delle emissioni di anidride carbonica rilevata nel 2020 (-5%) sarebbe stata solo temporanea e,  una ripresa economica senza interventi verdi, farebbero ritornare ai livelli degli ultimi anni, pregiudicando in tal modo il raggiungimento degli obiettivi climatici 2030. Un segnale positivo arriva, invece, dalla produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che per il 2021 è destinata a crescere di oltre l’8%, con un aumento annuo più rapido dagli anni ’70. Il solare fotovoltaico e l’eolico, rileva il rapporto dell’Aie, contribuiranno per due terzi alla crescita delle energie rinnovabili. La Cina, che attualmente è il maggior contributore al mondo di gas serra (con il 30% di emissioni) dovrebbe rappresentare da sola quasi la metà dell’aumento globale dell’elettricità rinnovabile nel 2021, seguita da Stati Uniti, Unione Europea e India.  

Marina Pupella
MarinaPupella

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