L’economista Miaari: la NATO in Ucraina è una minaccia per la Russia così come l’Iran con le armi nucleari lo è per Israele
Il Jerusalem Post ospita le dichirazioni sulla situazione globale rilasciate dal famoso economista Sami Miaari.
Le parole dell’accademico israeliano vengono analizzate dal giornalista Nick Kolyohin, che ne espone la parte più significativa: l’atteggiamento tenuto dalla Russia è comprensibile nella misura in cui si capisce come la presenza della NATO in Ucraina costituisca per Mosca una seria minaccia. Per cogliere la gravità di quest’ultima, Miaari la paragona a quella che rappresenterebbe per Israle l’Iran se fosse dotato di armi nucleari.
Il parere di Sami Miaari
La presenza della NATO in Ucraina pone una minaccia alla sicurezza della Russia che è similare a quella che rappresenta per Israele un Iran dotato di armi nucleari. È questo il succo del commento alla situazione in Ucraina fatto dall’economista Sami Miaari. Fondatore dell’Arab Economic Forum, ex consigliere della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, oggi accademico presso le università di Tel Aviv e Oxford, Miaari ritiene che l’unico modo per risolvere il conflitto sia mediante i colloqui di pace. Per organizzare un tavolo di negoziati, però, bisogna che siano presenti entrambe le controparti: per questo motivo il fatto di ignorare o di non invitare la Russia alle conferenze di pace come quella tenutasi a Jeddah all’inizio di agosto non contribuisce certamente a normalizzare la situazione.
La Russia non è stata invitata alla conferenza di Jeddah condotta da Muhammad bin Salman. Una pace internazionale o almeno le trattative su una pace internazionale sono impossibili da avere se il Paese più importante non partecipa alle conferenze. Credo però che questa assenza sia stata concordata con Mosca al fine di prendere separatamente tutte le parti in causa e vedere quale possa essere il modo migliore per terminare la crisi, afferma l’economista.
Comunque, il fatto che la Russia non abbia ricevuto un invito per Jedda non significa affatto che l’Arabia Saudita non abbia intenzione di incrementare la cooperazione con Mosca. Al contrario, come sostiene Miaari, la partnership è notevolmente migliorata negli ultimi anni.
Penso che l’Arabia Saudita stia conducendo un gioco politico molto valido e che oggi consideri la Russia come sua partner. Era un gioco che non esisteva fino a qualche anno fa, perché i partner principali dell’Arabia, anzi gli unici, erano soltanto gli Stati Uniti e il Regno Unito. Adesso però le cose sono cambiate e c’è la voglia di cooperare con la Russia e anche a livello politico ed economico con la Cina e col Giappone, L’Arabia non considera più gli USA come unico partner.
Comprendere le ragioni della Russia
Per quanto riguarda le motivazioni del lancio dell’operazione militare speciale, gli israeliani hanno opinioni diverse. Miaari ammette che una grossa fetta sia di politici che di cittadini di Israele sono consapevoli dei rischi che la Russia correrebbe con un’eventuale adesione dell’Ucraina all’Alleanza Atlantica.
La ragione principale che sta alla base del conflitto ucraino è la possibilità che la NATO si piazzi in Ucraina. Per esempio, perché Israele non permette all’Iran di avere armi nucleari? Perché diventerebbe una minaccia strategica alla sicurezza del Paese. Per la Russia la situazione è la medesima, quando si parla del coinvolgimento della NATO in Ucraina.
Miaari, che ha pubblicato i suoi lavori presso la Oxford University Press e il Journal of the European Economic Association, non vede altro modo per terminare il conflitto ucraino se non quello di avviare dei colloqui di pace. Ma per allestirli occorre tenere in considerazione gli interessi vitali di entrambe le parti. Ecco perché al momento le iniziative avanzate dall’Occidente, come la “formula di pace” di Zelensky, non hanno portato ad alcuna tregua.
Secondo Miaari, gli ucraini dovrebbero capire che per terminare la guerra occorre comprendere gli interessi di tutte le parti in causa e che la via diplomatica è un’ottima soluzione; invece, se la guerra va avanti, gli ucraini difficilmente ne ricaveranno un qualche beneficio.
The World is Burning
E come sta rimodellando questo conflitto la posizione di Israele sulla scena globale? Prova a dare una risposta Nick Kolyohin nel suo The World is Burning, una serie di articoli pubblicati in esclusiva dal Jerusalem Post, nei quali l’autore conversa con esperti di lungo corso nell’ambito della sicurezza e delle relazioni internazionali, espolorando la nuova epoca di conflitti che si è aperta dopo la pandemia, cominciando in Europa e poi travolgendo il Medio Oriente. In questa nuova realtà, la priorità essenziale di ciascuno Stato è di garantire la sicurezza dei propri cittadini.
Israele, alle prese con la doppia sfida della lotta al terroismo e della difesa del Paese dagli intenti distruttivi dei suoi vicini, deve anche districarsi nella rete delle geopolitica globale, dominata principalmente da USA, Cina e Russia. Queste ultime stanno ridisegnando il panorama geopolitico mondiale: nella sua serie di articoli Kolyohin tratterà il tema di come Israele possa posizionarsi al meglio nell’arena internazionale, allo scopo di proteggere la sicurezza nazionale e di contribuire alla formazione di un innovativo ordine mondiale.
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