Le voci degli esperti sul 2024 e le sfide geopolitiche che plasmeranno il 2025

Le voci degli esperti sul 2024 e le sfide geopolitiche che plasmeranno il 2025

31 Dicembre 2024 0

Il 2024 è stato un anno di profondi cambiamenti geopolitici, con ripercussioni dirette sulla nostra sicurezza e sulla nostra vita quotidiana.
Abbiamo raggiunto esperti di fama internazionale checi offrono un’analisi approfondita di alcuni dei temi più cruciali del momento: l’instabilità in Medio Oriente, la minaccia del terrorismo jihadista, le crisi migratorie e le nuove dinamiche geopolitiche nel Nord Africa. Attraverso le voci di Claudio Bertolotti, Naysan Rafati, Lorenzo Vidino e Michela Mercuri, esploreremo le cause profonde di questi fenomeni, le loro interconnessioni e le possibili evoluzioni future. Le loro visioni sul futuro del mondo offrono una lettura indispensabile per comprendere le sfide che ci attendono e per orientare le scelte dei decisori politici.

Il sequestro

In questi giorni sta facendo discutere l’arresto a Teheran della giornalista italiana Cecilia Sala. Claudio Bertolotti, ricercatore associato e docente presso l’Istituto Italiano per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), raggiunto per un commento suggerisce che “Mohamed Abedini, arrestato a Malpensa dietro mandato statunitense accusato di aver fornito supporto materiale ai Pasdaran con la fornitura di equipaggiamenti tecnologici, e in attesa di estradizione, potrebbe essere legato all’arresto a Teheran della giornalista italiana. Secondo l’analista, “Cecilia Sala sarebbe solamente uno strumento di pressione politica, e nulla centrerebbe la sua attività giornalistica, peraltro autorizzata da Teheran.L’Iran temo guardi all’Italia come all’anello debole di un’alleanza con gli Stati Uniti dove Washington è intoccabile mentre Roma lo è, aggiungo Claudio Bertolotti che spiega come “gli Stati Uniti, a breve guidati da Donald Trump non saranno teneri con Teheran, e di questo gli iraniani sono molto preoccupati. Al contrario, l’Italia, non ha la forza né la capacità politica di imporsi nell’arena internazionale, e dunque è ricattabile.
Bertolotti attribuisce tutto ciò all’assenza di una visione strategica condivisa dalla politica: i governi degli ultimi decenni hanno governato guardando al breve periodo, senza una concreta strategia intesa a tutelare e a perseguire l’interesse nazionale. A differenza di grandi nazioni liberali come gli Stati Uniti e la Francia, o illiberali e autocratiche come la Russia e la Cina, non è stata immaginata, e dunque tantomeno implementata una strategia che possa (e debba) essere condivisa da tutto l’arco parlamentare. E questo per un limite strutturale e culturale nella classe politica italiana.

Un Iran da battuta d’arresto

Tornando all’Iran, è chiaro che la Repubblica Islamica potrebbe rappresentare delle sfide più significative per l’Occidente nel 2025. Così Naysan Rafati, analista senior per il programma sull’Iran di Internationalu Crisis Group, tracciando un bilancio dei dodici mesi ormai trascorsi, ricorda che probabilmente lo sviluppo geopolitico più significativo per l’Iran nel 2024 è stata una serie di battute d’arresto che hanno indebolito notevolmente la sua capacità di proiettare potere e influenza nel Levante.
La Repubblica islamica – aggiunge l’esperto intervistato da “Strumenti Politici”ha investito per molti anni risorse finanziarie e militari nel sostenere Hezbollah in Libano e il regime di Assad in Siria. Il primo è ora notevolmente indebolito e il secondo è crollato. Nel frattempo, è uscita peggio da due scambi militari diretti senza precedenti con Israele che hanno esposto le sue vulnerabilità difensive. Naysan Rafati evidenzia inoltre che“internamente, il sistema iraniano continua ad affrontare malcontento politico, sociale ed economico. È probabile che queste sfide sui fronti interno e regionale rimangano significative nell’anno a venire, così come le relazioni del regime con l’Occidente, soprattutto data la possibilità di una politica più avversaria sotto l’amministrazione Trump, il peggioramento delle relazioni con l’Europa e le crescenti preoccupazioni sul programma nucleare iraniano”.

Il ritorno del terrorismo

Altro tema su cui le autorità non dovranno abbassare la guardia nel 2025 è la minaccia terroristica. Lorenzo Vidino, direttore del Program on Extremism presso la George Washington University, ci spiega che “per quanto riguarda il jihadismo nel 2024, non abbiamo assistito a una significativa escalation. Certo, in alcune regioni come l’Afghanistan, con l’ISIS-K, e in diverse parti dell’Africa, il terrorismo jihadista rimane una minaccia costante.
Tuttavia, a livello globale, non si è verificato un aumento sostanziale, come ci si poteva aspettare considerando le tensioni in Medio Oriente, in particolare a Gaza e in Libano. Nonostante il potenziale di strumentalizzazione di tali conflitti da parte dei gruppi jihadisti, non abbiamo osservato un impatto concreto a livello operativo
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In Occidente, e nello specifico in Italia, il professor Vidino evidenzia come la situazione sia caratterizzata da una presenza jihadista costante, e le operazioni di polizia oggi a Bologna lo confermano. Si tratta spesso di giovani radicalizzati prevalentemente online, spesso di seconda generazione.

Tuttavia, non abbiamo assistito a attentati di grande impatto. La minaccia più significativa sembra provenire da reti più strutturate come l’ISIS-K, che ha una presenza in Occidente magari non tanto in Italia, ma in Germania, Austria, Svizzera e Paesi scandinavi,potrebbe rappresentare un rischio maggiore rispetto ai lupi solitari, ovvero i singoli individui radicalizzati.

L’incognita siriana

Guardando al prossimo anno, Lorenzo Vidino si attende una situazione simile a quella del 2024, dove la situazione in Siria rappresenta la maggiore incognita. Dipenderà molto dall’evoluzione del nuovo governo e dal ruolo di gruppi come Hay’at Tharir Al Shams (Hts). Se quest’ultimo dovesse definitivamente prendere le distanze dal jihadismo, ma se parti del territorio siriano dovessero cadere sotto l’influenza jihadista, ciò potrebbe favorire una rinascita dell’Isis e aumentare la minaccia per l’Occidente.

In conclusione, sebbene il jihadismo rimanga una minaccia concreta, la situazione attuale sembra relativamente stabile. Tuttavia, l’evoluzione dei conflitti in Medio Oriente e le dinamiche interne ai gruppi jihadisti potrebbero portare a nuovi sviluppi e richiedere una costante attenzione da parte delle autorità. Si delinea uno scenario in cui gruppi islamisti forti controllano territorio, quindi HTS e i talebani, la grande domanda da un punto di vista del terrorismo per l’Occidente è se questi gruppi vogliono limitarsi al controllo del proprio territorio o vogliono anche ospitare gruppi jihadisti e se magari nel medio-lungo termine questi stessi gruppi vogliano agire anche in Occidente.

Le rivoluzioni africane

Il 2024 è stato un anno ricco di eventi che hanno interessato anche il Nord Africa. Due di questi meritano un’analisi più approfonditasecondo Michela Mercuri, docente di geopolitica all’Università di Padova e di geopolitica del Medio Oriente presso l’Università Niccolò Cusano.

“In primo luogo – afferma Mercuri – si è registrata una significativa diminuzione degli sbarchi sulle coste italiane provenienti dal Mediterraneo centrale, in particolare da Libia, Tunisia e, in misura minore, Egitto. Grazie agli accordi siglati tra Italia e Tunisia nel luglio 2023, si è assistito a un calo degli arrivi del 60%. Negli ultimi mesi dell’anno, la percentuale di migranti partiti dalle coste tunisine è addirittura diminuita dell’80% rispetto all’anno precedente, evidenziando un notevole successo delle politiche italiane in questo ambito”.
Tuttavia, come spesso accade, la chiusura di una rotta migratoria ne favorisce l’apertura di altre. “Sono aumentate in modo significativo le partenze dal Mediterraneo occidentale, con un incremento degli sbarchi sulle coste spagnole, in particolare sulle Isole Canarie, e dal Mediterraneo orientale, verso i Balcani occidentali. Quest’ultima rotta, pur avendo registrato un calo del 77%, potrebbe subire una ripresa in seguito alla crisi siriana, la cui evoluzione rimane incerta.

In previsione di questa eventualità, il 18 dicembre, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato i leader dei Paesi dei Balcani occidentali a Bruxelles per concordare politiche comuni in materia di sicurezza delle frontiere e gestione dei flussi migratori,” spiega l’analista.

La scommessa italiana sull’Africa

Di fronte a queste sfide Mercuri suggerisce all’Italia di “consolidare il proprio ruolo di hub nel Nord Africa, non solo dal punto di vista energetico verso l’Europa, ma anche come punto di riferimento per la NATO nel suo fianco sud. Questo obiettivo è in linea con il Piano Mattei per l’Africa, che ha già portato alla firma di importanti accordi con diversi Paesi nordafricani, tra cui Libia e Tunisia, nei settori dell’impresa, della formazione, dell’agricoltura, della sanità e delle infrastrutture. In secondo luogo, è fondamentale rafforzare i rapporti con la Tunisia, un Paese strategico sia dal punto di vista migratorio che economico.
Un esempio concreto è il progetto Elmed per l’interconnessione elettrica tra i due Paesi. Inoltre, l’impegno italiano ad accogliere 12.000 tunisini formati ogni anno rappresenta un modello replicabile in altri contesti”. In terzo luogo, prosegue Michela Mercuri “l’Italia dovrebbe cercare di esportare il modello albanese, ovvero una presenza stabile e costruttiva per facilitare l’accoglienza dei migranti nel pieno rispetto dei diritti umani.

Nonostante la forte presenza turca e russa, l’Italia può ritagliarsi un ruolo di primo piano attraverso il Piano Mattei, promuovendo il business e la cooperazione economica. Un’altra sfida importanteinfatti riguarda la crescente influenza russa nell’Est libico, in particolare dopo la caduta di Assad in Siria. La perdita della base di Tartus da parte della Russia ha spinto Mosca a rafforzare la sua presenza a Bengasi, minacciando gli interessi italiani e destabilizzando ulteriormente la regione. In questo contesto, l’Italia deve rafforzare i suoi rapporti con la Turchia, che pur avendo un ruolo complesso in Libia, rappresenta un potenziale alleato nella stabilizzazione della regione”.

Le occasioni mancate dell’Italia

Su questo, Claudio Bertolotti critica “l’’impotenza, e l’assenza di assertività dell’Italia in quel settore di vitale importanza che è il continente africano. Da un lato l’assertività russa e cinese nei paesi della fascia sub sahariana e del Sahel su cui si è concentrata un’intensa e prolungata opera di influenza, senza che l’Italia abbia minimamente contrastato questo diretto attacco ai suoi interessi nazionali e che, di fatto, ha limitato, quando non precluso, l’accesso a risorse primarie per l’approvvigionamento energetico e i minerali rari necessari allo sviluppo tecnologico.
In tale quadro rientra – aggiunge l’esperto la preoccupante e diretta minaccia rappresentata da una presenza sempre più estesa e aggressiva della Russia in Libia (Cirenaica): un atto estremamente grave che però non sembra aver destato la preoccupazione dell’opinione pubblica, delle opposizioni parlamentari così come del governo.
Bertolotti esprime egualmente preoccupazione per l’avanzata della Turchia: “dalla Siria, al Corno d’Africa alla Libia, l’ascesa turca ha imposto all’Italia un ruolo di secondo piano in quella che avrebbe potuto essere una comune visione e azione di proiezione guidata da Roma. Ma così non è stato, a causa dell’assenza di coraggio da parte governativa e l’approccio ciecamente ideologico e strategicamente castrante delle opposizioni. Una scelta, quella turca, non contrastata dall’Italia, che ha aperto alla pericolosa espansione dell’islamismo politico della Fratellanza musulmana legato al jihadismo, dalla Siria alla Libia, dal terrorismo qaedista e dello Stato islamico (già ISIS) confluito nell’Hayat Tahrir al-Sham siriano sostenuto da Ankara, al terrorismo palestinese incarnato da Hamas.

Vanessa Tomassini
Vanessa Tomassini

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