Le mani delle multinazionali finanziarie sulle terre agricole dell’Ucraina

Le mani delle multinazionali finanziarie sulle terre agricole dell’Ucraina

2 Giugno 2023 0

Il giornalista argentino Alejandro Marcó del Pont illustra, numeri alla mano, le desolanti prospettive del settore agroalimentare ucraino, destinato a essere quasi interamente svenduto alle multinazionali. Sono soprattutto i terreni agricoli, il suolo fertile, a mettere l’acquolina in bocca alle grandi società di investimento come Vanguard e BlackRock, che beneficiano maggiormente di quelle riforme strutturali che FMI e Banca Mondiale chiedono a Kiev per continuare a elargire prestiti. “La terra è di chi la lavora”, diceva l’eroe sudamericano Emiliano Zapata: in Ucraina invece le proprietarie sono le multinazionali occidentali,che in futuro stringeranno ancora di più la presa.

Secondo l’organizzazione Transparency International, prima della guerra l’Ucraina era il secondo Paese più corrotto d’Europa, dietro solamente alla Russia. Era un paradiso per i contrabbandieri, i narcotrafficanti, i mafiosi e i nazisti. Quando nel 2022 è iniziato il conflitto armato, nella classifica mondiale è miracolosamente passata al 116esimo posto su 180 Paesi. Strano, perché dal 2012 si piazzava solitamente tra il 140esimo e il 150esimo posto, secondo le statistiche. In quel lasso di tempo, però, secondo i media occidentali ha smesso di essere un Paese eccessivamente corrotto.

Allo stesso modo, sui media occidentali si sono perse le tracce dei collegamenti poco chiari del banchiere ucraino Ihor Kolomoyskyi, padrone di PrivateBank, che diede una mano all’attore Volodymyr Zelensky a diventare presidente. Era anche il proprietario di Burisma Holdings, la principale azienda di gas dell’Ucraina, che per puro caso prese come direttore generale Hunter Biden, il figlio del presidente americano: tale cooperazione portò alla famiglia presidenziale un aumento del conto in banca e in egual misura un grosso mal di testa.

Qui però non si parla di un atto di corruzione avvenuto una sola volta, ma delle correnti accuse al patron di PrivateBank, sotto imputazione negli USA per riciclaggio di denaro, che avrebbe serenamente fatto trasferimenti da Cipro ad altri Paesi tramite offshore (lo Stato del Delaware). Un quadro del genere, connesso direttamente a Joe Biden in qualità di senatore, vicepresidente e presidente in carica, costituisce materiale che potrebbe comprometterlo anche adesso. Nel 2019 Kolomoyskyi comunicò ai mass media ucraini di avere due soci, uno dei quali era l’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, che era stato consigliere politico dell’ex presidente USA Donald Trump. E per concludere la “festa”, l’agenzia  Reuters ha pubblicato lo scorso 23 maggio una notizia relativa all’uomo d’affari ucraino-americano Lev Parnas, arrestato nel 2019 dalle autorità americane con l’accusa di fare da tramite per i soldi di un oligarca russo verso le campagne politiche americane: fra i beneficiari delle sue donazioni vi erano anche il governatore della Florida Ron DeSantis e forse pure Biden.

Tuttavia, poiché questa storia è cominciata con un tenebroso passato di corruzione e di affari sporchi che perseguitano i partecipanti alla guerra, vi sono anche delle immagini di un futuro apocalittico con alcuni scenari di sviluppo  poco gradevoli per l’Ucraina, che vanno dalla sua scomparsa come Stato vero e proprio fino all’assorbimento nella Polonia, oppure la sua trasformazione in protettorato posto sotto determinate aziende americane che governeranno il Paese. In alcuni articoli abbiamo già riflettuto a proposito della ricostruzione e di chi potrebbe essere il beneficiario di un bottino così ricco, ma in questo caso ci concentreremo sui 41 miioni di ettari di terra ucraina, una delle più fertili del mondo, grazie alla quale ha conquistato la reputazione di “granaio d’Europa”. Chi controlla queste terre? È evidente che chi le governa controllerà il futuro del Paese, che è già iniziato. L’Oakland Institute ha pubblicato un rapporto intitolato “Guerra e ruberie: la presa del controllo dei terreni agricoli ucraini” che tenta di definire gli interessi che gravano sulle terre a uso agricolo in Ucraina e analizza le dinamiche di sviluppo delle proprietà terriere nel Paese negli ultimi anni, inclusa la riforma agraria del 2021. Essa è parte del programma di modifica strutturale elaborato sotto l’egida delle istituzioni finanziarie occidentali, in particolare del BERS (Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo) dell’FMI e della Banca Mondiale.

Ma prima di addentrarci nei problemi della proprietà terriera, occorre ragguagliare i lettori sulla situazione attuale dell’economia in Ucraina, affinché comprendano che i problemi economici sono sorti molto tempo addietro. Dal momento dell’instaurazione di un governo pro-UE con la rivoluzione del Maidan nel 2014, la Banca Mondiale, l’FMI e la BERS hanno posto le basi per una privatizzazione su larga scala tramite un poderoso programma di ristrutturazione. Nel 2014 l’Ucraina venne costretta a prendere una serie di misure di austerità in cambio di un pacchetto di aiuti da 17 miliardi di dollari da parte dell’FMI e di un pacchetto addizionale da 3,5 miliardi dalla Banca Mondiale.

Tali misure includevano la riduzione delle pensioni per gli impiegati statali, la riforma dell’acqua e dell’energia pubblica, la privatizzazione delle banche e la modifica del sistema dell’IVA, e infine la privatizzazione del suolo, da praticarsi abolendo la moratoria sui terreni e con la liberalizzazione della loro proprietà. Parallelamente all’attuarsi di questi cambiamenti, il debito aumenta: nel luglio 2022 quello del settore pubblico ammonta a 60 miliardi di dollari, mentre le imprese private hanno un debito di 68 miliardi. Oggi l’Ucraina costituisce il terzo maggior debitore al mondo verso l’FMI, dopo Argentina ed Egitto. Il debito estero ucraino enorme e crescente ci dice che la ricostruzione sarà effettuata dalle istituzioni finanziarie internazionali e dalle aziende straniere. È stato calcolato che in questo stesso periodo il debito di 140 miliardi è continuato ad aumentare con la guerra. Il Paese è riuscito a stare in piedi grazie agli enormi aiuti militari ed economici da parte dell’Europa e degli USA. Nel 2022 l’Ucraina è diventata il beneficiario numero uno degli aiuti stranieri elargiti dagli Stati Uniti. È la prima volta dopo il Piano Marshall che un Paese europeo occupa questa posizione. Nel dicembre del 2022, a meno di un anno dall’inizio del conflitto, la somma dei soli aiuti americani era maggiore di 113 miliardi di dollari.

Dei 41 milioni di ettari di cui si parlava sopra, 33 sono coltivabili, mentre 4,3 circa sono destinati alle coltivazioni industriali, e una buona parte di altri 3 milioni circa si trovano nelle mani di una dozzina di grosse imprese agricole. Secondo il governo altri 5 milioni di ettari – l’equivalente di due Crimee – sono stati “rubati” allo Stato da aziende private, per un totale di più di 9 milioni di ettari (il 28% della terra coltivabile) a cui vanno aggiunti ancora 7 milioni che sono di proprietà statale, quindi in totale il 50%. L’altra metà viene sfruttata da più di otto milioni di agricoltori ucraini. A un primo sguardo appare semplice dedurre che i soggetti che controllano oggi il suolo dell’Ucraina sono un gruppo di oligarchi ucraini e varie società straniere, soprattutto nordamericane ed europee, tra cui un fondo di investimento privato con sede negli USA e un Fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Con un’unica eccezione: dieci imprese che controllano la maggioranza delle terre sono registrate all’estero, principalmente in paradisi fiscali come Cipro o Lussemburgo. Anche se in buona parte i terreni sono ancora controllati dagli oligarchi fondatori, molti di essi si trovano nelle mani delle banche e dei fondi di investimento che oggi possiedono una parte significativa delle azioni o dei debiti e in questo modo ne diventano proprietari.

L’idea ben mascherata in realtà è semplice: la maggior parte delle società appartenenti agli oligarchi ucraini ha dei debiti verso le istituzioni finanziarie occidentali, in particolare verso la BERS, la BEI (Banca Europea per gli Investimenti) e la IFC (Società Finanziaria Internazionale), una ramificazione della Banca Mondiale che si occupa della sfera privata. Tali organizzazioni messe insieme erano il principale creditore del settore agricolo ucraino, con quasi 1,7 miliardi di dollari prestati a soltanto sei delle maggiori aziende agricole negli ultimi anni. Tale finanziamento internazionale porta un beneficio diretto agli oligarchi, molti dei quali sono accusati di frode e corruzione, e anche ai fondi stranieri e alle imprese associate in qualità di azionisti o creditori. La Kernel Holding S.A. è la società numero uno per dimensioni e la useremo come esempio per illustrare come funziona il giochino. Essa possiede la maggiore superficie di terra e rappresenta il principale produttore ed esportare di olio di semi di girasole dell’Ucraina. Il suo proprietario Andriy Verevskyi è al sedicesimo posto nella graduatoria degli uomini più ricchi del Paese. Il 42% della azioni appartiene alla NN Investment Partners Holdings, una società di investimento privata che ha sede in Olanda e che è stata acquisita dalla banca di investimento Goldman Sachs e fusa con la Goldman Sachs Asset Management, della quale Vanguard e BlackRock detengono il 16% delle azioni. Tuttavia, un restante 7% è nella mani di Vanguard e di KopernikGlobal Investors LLC, una società privata americana di investimento che ha quote in Kernel, MHP e Astarta, ovvero la prima, la terza e la sesta impresa per dimensione. In poche parole, le imprese ucraine non sono assolutamente le proprietarie, perché la maggioranza delle loro azioni è nelle mani degli investitori stranieri, principalmente di fondi di investimento come Vanguard Group, KopernikGlobal Investors, BNPAsset Management Holding (di cui Varguard Group è uno degli investitori), Goldman Sachs e NorgesBank Investment Management, che controlla il fondo sovrano norvegese.

Fino al collasso dell’Unione Sovietica nel 1991, tutta la terra era di proprietà statale e le aziende agricole operavano sotto forma di sovchoz e kolchoz. Negli anni ’90, sotto la guida dell’FMI e delle altre organizzazioni internazionali, il governo ha privatizzato gran parte delle terre a uso agricolo dell’Ucraina, portando a un livello crescente di concentrazione del suolo nelle mani di una nuova classe di oligarchi-possidenti agricoli. Per fermare questo processo, nel 2001 il governo introdusse una moratoria che ha impedito ulteriori privatizzazioni e ha interrotto quasi tutti i trasferimenti di terreni privati. Il 96% del suolo agricolo dell’Ucraina, cioè circa 40 milioni di ettari, era soggetto alla moratoria. Sebbene quest’ultima impedisse altre acquisizioni, i terreni agricoli potevano sempre essere dati in affitto. Anche se la moratoria doveva essere temporanea, è stata rinnovata varie volte, fino al suo annullamento nel luglio del 2021 sotto la pressione delle istituzioni finanziarie internazionali. Togliere la moratoria sulla terra a uso agricolo e creare un mercato terriero costituivano una delle richieste fondamentali fatte dagli organismi internazionali a partire dal 2014. Come dimostrato qui sotto, BERS, FMI e Banca Mondiale hanno spinto per questa riforma al fine di allargare l’accesso ai terreni agricoli ucraini a favore del settore agroalimentare industriale e degli investitori privati.

La BERS ha elargito un prestito di più di 2 miliardi di dollari, mentre la nel 2020 e 2021 BIRS (Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo) ha confermato prestiti per un totale di 700 milioni. La prima e la seconda tranche vanno allo sviluppo e alla ripresa economica del Paese e sono entrambe sotto condizione di applicazione di riforme destinate a “stabilire un mercato trasparente per le terre a uso agricolo”. Nel 2017 l’FMI aveva esortato a “una significativa accelerazione delle riforme strutturali necessarie”, insistendo su una “riforma agraria per togliere la moratoria sulla vendita dei terreni” e su altre misure di privatizzazione. Il 31 marzo del 2020 in Ucraina è stata approvata una norma che legalizza la vendita delle terre agricole e annulla la moratoria durata 19 anni sulle transazioni di questo genere. L’abolizione della moratoria era parte di una serie di riforme politiche che l’FMI aveva posto come condizione per la concessione di un prestito da 8 miliardi di dollari.

Le maggiori aziende sfruttano 4,4 milioni di ettari, e quando nel 2024 le restrizioni legali verranno tolte, le multinazionali potranno acquistare fino a 10mila ettari, le aziende agroalimentari potranno espandere il proprio accesso al suolo, ed è un processo che è già cominciato. Per esempio, nell’ottobre 2021 la Kernel ha annunciato i suoi piani per aumentare i propri lotti fino a 700mila ettari, partendo dai 506mila già in suo possesso. Anche le piccole e medie aziende agricole ucraine hanno un ruolo importante, ma sono sconfitte per quanto riguarda la possibilità di garantire la sicurezza alimentare del Paese. Da esse proviene più del 50% della produzione agroalimentare nazionale, tra cui il 99% delle patate, l’89% delle verdure, il 78% del latte e il 74% di carne di manzo. Tuttavia, la maggioranza dei piccoli agricoltori hanno un accesso molto limitato ai finanziamenti, per i quali vincono invece le grandi aziende e imprese agricole. Le banche lavorano principalmente con gli agricoltori che superano i 500 ettari. La cosiddetta “operazione speciale” russa ha generato molte ripercussioni sull’agricoltura ucraina, come la carenza di fertilizzanti, di semi e di combustibile, il blocco dei porti sul Mar Nero, la distruzione delle infrastrutture e l’impossessamento del grano ucraino. I militari russi hanno anche attaccato gli impianti agricoli. L’Ucraina è stata afflitta pure dalla perdita di territori, con i 100mila ettari della regione meridionale di Kherson e i 6500 ettari in quella orientale di Lugansk, mentre le perdite nella oblast’ di Donetsk sono grandi ma non precisate, e infine sono stati persi 95mila ettari intorno a Mariupol. Nel 2022 l’Ucraina ha pagato 4,3 miliardi di dollari di estinzione di debiti, nonostante la guerra. In quello stesso anno ha anche pagato 496 milioni alla Banca Mondiale e 2 miliardi all’FMI. Tali pagamenti pesano molto su un’economia già gravata dal conflitto e dalla crisi economica e superano le spese nazionali nei settori chiave. La privatizzazione forzata causata dal debito, il trasferimento delle risorse naturali in mani straniere, la perdita della terra a causa del conflitto… Con queste premesse, l’Ucraina diventerà un paradiso per BlackRock e Vanguard Group, per i quali la ristrutturazione e il settore agroalimentare sono le condizioni principali del debito. L’altra condizione è la terra, ma quella ce l’hanno già.

 

Redazione Strumenti Politici
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