Le affermazioni “dissidenti” di presidenti ed ex premier europei contro l’appoggio incondizionato a Zelensky

Le affermazioni “dissidenti” di presidenti ed ex premier europei contro l’appoggio incondizionato a Zelensky

16 Febbraio 2023 0

Voce del dissenso secondo alcuni, voce del buon senso secondo altri. Sullo sfondo degli abbracci e dei sorrisi del vertice di Kiev, che ha sancito la generosità degli aiuti finanziari e militari da parte dell’Unione Europea, qualsiasi parola di prudenza o di equilibrio da parte dei politici nazionali suona come dissidente. Qualunque posizione non allineata al percorso che porta allo scontro totale con Mosca appare una sfida al tripudio di bandiere gialle e blu che si è visto al summit del 3 febbraio.

Quei colori che accomunano UE e Ucraina vengono proposti come gli unici possibili per i Paesi europei, oggi e per sempre. Le attenzioni di Bruxelles verso Zelensky si stanno facendo troppo impegnative per alcuni governi, criticati dai propri elettori e dai propri cittadini. La vittoria dell’Ucraina viene presentata come uno slogan che coinvolge tutti i livelli: è stata annunciata persino al festival di Sanremo… Ma la sottrazione di armi alla difesa nazionale e le sanzioni-boomerang non sono gradite a tutti, quindi si trovano ancora degli esponenti politici di rilievo che esprimono apertamente la propria contrarietà.

Il presidente della Croazia e la guerra della Germania

Due settimane fa il presidente della Croazia Zoran Milanović si è espresso negativamente verso la decisione di inviare carri armati da combattimento all’Ucraina. Secondo lui queste forniture non faranno altro che prolungare lo spargimento di sangue e la distruzione del Paese. Milanović si chiede: Qual è lo scopo? La disintegrazione della Russia, un cambio di governo? Si parla anche di smembrare la Russia. È una follia. Pone poi altre domande retoriche: quale sarebbe la maniera convenzionale per sconfiggere una potenza nucleare come la Russia?

A partire dal 2014 abbiamo assistito alle crescenti provocazioni di “qualcuno” per spingere a far scoppiare una guerra. Chi ne paga il prezzo? L’Europa. L’America paga il prezzo minore. Secondo lui, alla fine non saranno i tank americani ad essere impiegati sul campo, ma i Leopard prodotti dai tedeschi. E a questo proposito ha rivelato che la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha invitato tutti gli Stati membri della UE a stare uniti perché sono in guerra contro la Russia.

In guerra contro la Russia? Non lo sapevo. Forse la Germania è di nuovo in guerra con la Russia, e allora buona fortuna, magari stavolta faranno meglio di settant’anni fa, commenta Milanović, che aggiunge come lo stesso Ministro degli Esteri ucraino abbia ammesso che si tratta di una “guerra per procura” scatenata da Washington contro Mosca e combattuta per mano degli ucraini. Milanović nota quindi la pesante incongruenza delle parole della Ministra con la sua appartenenza politica, sottolineando che il partito dei Verdi rappresentanto dalla Baerbock è notoriamente pacifista e fondamentalmente sia anti-russo che anti-americano.

Poiché Olaf Scholz è solitamente più moderato nelle sue esternazioni sul conflitto e sulla Russia, allora che si mettano d’accordo in Germania su chi sia effettivamente il cancelliere, invita ironicamente Milanović. Considerata anche l’opposizione all’addestramento dei soldati ucraini in Croazia, la sua reputazione è quella di essere un filorusso, ma il diretto interessato smentisce. Le sue dichiarazioni comunque hanno indispettito il governo di Zagabria, europeista e filo-ucraino. Anche se il ruolo del presidente croato è sostanzialmente istituzionale e senza mansioni decisionali, formalmente rimane pur sempre il capo delle Forze armate.

L’ex premier slovacco contro la fornitura di armi

Se il ruolo della Croazia nell’ambito del sostegno euroatlantico all’Ucraina è importante, quello della Slovacchia è certamente strategico. Confina infatti con la Polonia, uno dei membri dell’Alleanza Atlantica più ostili alla Russia e determinati ad appoggiare Kiev, e condivide con essa la frontiera occidentale dell’Ucraina. La Slovacchia rappresenta così una strada di passaggio degli armamenti NATO per l’esercito ucraino.

Il suo consenso è importantissimo per le prossime mosse di Washington e Bruxelles. Qualche giorno fa, il primo ministro Eduard Heger ha espresso l’intenzione di fornire a Zelensky i MiG-29 slovacchi di epoca sovietica. A Bratislava, però, il suo entusiasmo è tutt’altro che condiviso. E se vi sono dubbi nella maggioranza, figuriamoci nell’opposizione, interessata a spingere su certi temi in vista delle elezioni anticipate del prossimo settembre.

Il ministro Milan Krajniak ritiene che questo genere di aiuti non debba essere unilaterale, ma coordinato almeno con i partner del gruppo Visegrád, quindi con Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria. La mancanza di coordinamento coi membri della NATO e l’incertezza sulle compensazioni per gli aiuti militari sono dei passi falsi, dice Peter Pellegrini, leader del primo partito di opposizione HLAS-SD. È categoricamente contrario l’ex premier Robert Fico, in carica per tre mandati nel periodo dal 2006 al 2018 e oggi alla guida del partito di opposizione Smer-SD. Secondo lui, la promessa di aerei da guerra fatta da Heger a Zelensky è fondamentalmente incostituzionale.

E per una decisione di tale portata il primo ministro non ha nemmeno sufficiente autorità sul piano politico, perché il suo governo è in scadenza, avendo perduto la fiducia del Parlamento. Fico dice che Heger sta aiutando più gli ucraini che gli slovacchi stessi, prostrati dall’inflazione e dalla crisi economica peggiorata dalle sanzioni anti-russe. La sua promessa di fermare gli aiuti militari per Kiev e le sue accuse agli americani e alla UE hanno messo in allarme gli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna, che hanno espresso preoccupazione per l’orientamento politico dello Smer, il partito di Fico.

E infine il presidente di Forza Italia in Italia

Qualche giorno fa l’ex premier Silvio Berlusconi ha affermato in maniera molto chiara il suo pensiero rispetto all’attuale situazione. Giudico molto molto molto negativamente il comportamento di questo signore, ha detto riferendosi a Zelensky. La repulsione di Berlusconi verso la condotta del presidente ucraino è completa, perché sta provocando la devastazione del Paese e la strage dei suoi soldati e cittadini. A parlare con Zelensky, se fossi stato Presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato. Berlusconi è un elemento importante della maggioranza di governo, dunque vedremo quanto le sue affermazioni possano mettere in crisi le scelte di Giorgia Meloni in fatto di politica estera. Al di là delle solite polemiche verbali tipiche di qualunque maggioranza, occorre attendere le prossime azioni del governo per verificare quanto abbia inciso la dichiarazione di Berlusconi. Forse lui sa che la sua posizione è condivisa da molti italiani.

I recenti sondaggi di Ipsos ed Euromedia Research dicono che appena un terzo degli italiani è favorevole all’invio di armi all’Ucraina. I due terzi, invece, sono contrari per ragioni economiche, non volendo accollare all’Italia ulteriori spese statali, né volendo farsi trascinare direttamente nel conflitto. Sembra che l’Italia sia il Paese più scettico d’Europa verso la “causa” ucraina.

Le parole di Berlusconi sono arrivate proprio a ridosso della tornata elettorale amministrativa in Lombardia e nel Lazio: forse Silvio voleva attirare l’attenzione di quella grossa fetta di elettorato contraria alla guerra. Voce del dissenso secondo alcuni, voce del buon senso secondo altri. E allora, sullo sfondo degli abbracci e dei sorrisi del vertice di Kiev, che ha sancito la generosità finanziaria e militare dell’Unione Europea verso Zelensky, qualsiasi parola di prudenza o equilibrio da parte dei politici nazionali suona come dissidente.

Martin King
Martin King

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