Kiev non vuole più aspettare: ingresso nella NATO e aerei da caccia, subito! Intanto il premier ucraino va in America a chiedere armi

Kiev non vuole più aspettare: ingresso nella NATO e aerei da caccia, subito! Intanto il premier ucraino va in America a chiedere armi

22 Aprile 2023 0

I jet da combattimento ricevuti da Polonia e Slovacchia non bastano a Kiev per organizzare la sua controffensiva di primavera, che per il momento resta sulla carta. Alimentando come sempre il rischio di un’escalation, il primo ministro ucraino Denys Shmyhal si è recato la settimana scorsa in Nord America per chiedere altre armi, altri aiuti. Durante la visita ufficiale ha incontrato il primo ministro canadese Justin Trudeau e il segretario alla Difesa USA Lloyd J. Austin e ha ottenuto promesse e incoraggiamenti, ma forse nulla di concreto per ridare spinta alle operazioni belliche.

Kiev insiste per entrare nella NATO al più presto

In un’intervista televisiva nel programma Question Period del canale canadese CTV, Shmyal ha espresso l’insistenza di Kiev per entrare nell’Alleanza Atlantica. Vorrebbe il suo governo riceva indicazioni da Bruxelles per sapere a che punto è il percorso di adesione, possibilmente prima del summit degli Stati membri previsto a luglio.

Ha ammesso di essere conscio che l’Ucraina non può beneficiare dell’ormai famoso articolo 5 del Trattato Nord Atlantico sulla difesa collettiva. Nonostante ciò, chiede che al suo Paese vengano date “garanzie di sicurezza” dai Paesi membri. Non ha però rivelato se Trudeau abbia effettivamente promesso aiuto dal Canada per accelerare l’accettazione di Kiev. Ribadisce però la speranza che durante il prossimo summit di Vilnius la NATO faccia per l’Ucraina “passi concreti” a proposito del “futuro comune”. E in questo senso le parole del ministro degli Esteri ucraino chiariscono bene ciò che vuole il governo di Kiev. Qualche giorno fa, nel corso di una diretta su Instagram Dmytro Kuleba ha definito “inaccettabile” che gli alleati dicano “per la 130esima volta” che la porta di ingresso per l’Ucraina è aperta, ma non fanno nulla di serio per accettarla nella NATO.

Secondo il ministro è ora di finirla con le mezze misure o le opzioni alternative, come con lo status di candidata nella UE che non si trasforma mai nello status di membro effettivo.  Kuleba rafforza il concetto: Non c’è bisogno di ripetere lo stesso giochetto a livello di NATO. È necessario stabilire ciò che serve per venire incontro agli interessi sia della NATO che dell’Ucraina. Insomma, la pazienza di Kiev è finita: l’Ucraina vuole entrare nella NATO e vuole più armi, subito.

Senza aiuti militari l’Ucraina non può nulla, ma gli USA ora tengono il conto

Durante la visita di Shmyhal, Trudeau ha annunciato nuovi aiuti militari, tra cui 21mila fucili d’assalto, 38 mitragliatrici e più di 2 milioni di proiettili. Ora il totale del supporto canadese ammonta a oltre 8 miliardi di dollari. Ma al governo di Kiev non basta. Dopo Ottawa, Shmyhal è andato al Pentagono per incontrare il segretario Lloyd J. Austin.

E ha così spiegato le necessità del suo esercito: Vinceremo questa guerra. Ma per farlo più in fretta e con meno vittime, l’Ucraina ha ancora bisogno di un intenso supporto militare, più sistemi di difesa aerea che minimizzino l’impatto degli attacchi missilistici russi, più artiglieria pesante, mortai e relative munizioni. Vi chiediamo anche di riconsiderare la possibilità di fornire all’Ucraina missili a lungo raggio. Austin ha proclamato la formula rituale dei politici euroatlantici quando si riferiscono a Kiev: gli Stati Uniti continueranno a supportare l’Ucraina per tutto il tempo necessario a sconfiggere il presidente russo Vladimir Putin. Anzi, aggiunge che con la leadership del presidente Biden, gli Stati Uniti hanno sostenuto la lotta dell’Ucraina per la libertà in ogni passo del percorso. Non solo, ma la battaglia dell’Ucraina contro gli invasori sta addirittura ispirando il popolo americano con “l’esempio quotidiano di coraggio e resilienza”.

Ma stavolta aggiunge una lode che sa di rimprovero: ringrazia infatti gli ucraini di aver agevolato gli USA a tenere il conto delle armi fornite e a far sì che vadano nelle mani giuste. Il riferimento sottinteso è alle polemiche e alle interrogazioni che si sono sviluppate dopo l’insediamento del nuovo Congresso a forte presenza repubblicana. Con tutti i miliardi di dollari mandati a Kiev, i risultati sono stati piuttosto scarsi: è ora di sapere come vengono spesi i soldi e perché le polizie europee sono preoccupate dal traffico illecito di armamenti…

Kiev vuole gli aerei da caccia

Nell’intervista alla tv canadese, a Shmyhal è stato chiesto di parlare delle condizioni del sistema di difesa aerea ucraino, che la recente fuga di notizie sui documenti americani descrive come piuttosto vulnerabile. Ma Shmyhal insiste per avere ulteriori aiuti militari dagli amici occidentali. Altrimenti non si potrà sferrare la controffensiva di primavera, e siamo già oltre la metà di aprile. All’appello hanno risposto in maniera positiva Slovacchia e Polonia coi loro MiG-29. Trattandosi di velivoli di produzione sovietica, gli ucraini li conoscono bene e non necessitano di particolare addestramento. Varsavia ne ha già dato otti, Bratislava quattro, e altri sono in via di approvazione e consegna.

Ma una dozzina di aerei non può bastare.  Così, Shmyhal nel suo giro di incontri ad alto livello ha ripreso l’invito già fatto dal viceministro degli Esteri ucraino Andriy Melnyk per creare una “coalizione dei caccia”, possibilmente F-15 ed F-16 di produzione americana. Una coalizione con intenti simili alla decantata “coalizione dei Leopard” che ha fatto pressione su Berlino per mandare i suoi carri pesanti e su Washington per dare i suoi Abrams.

Ma Shmyhal precisa che nei conflitti moderni, la superiorità aerea è cruciale. Perciò l’Ucraina vuol mettere in piedi una coalizione dei jet. E di tale gruppo proprio gli USA dovranno essere il “socio più importante”, dice Shmyhal: L’America può dimostrare ancora una volta la sua leadership fornendo all’Ucraina gli aerei F-15 o F-16. Sarebbe però un’ammissione aperta del carattere di “guerra per procura” che questo conflitto ha assunto per gli Stati Uniti. I politici americani, per ora, non se la sentono di arrivare a tanto.

Sui jet a Washington fanno orecchie da mercante

Nelle audizioni al Congresso di fine marzo, gli ufficiali americani hanno infatti scartato l’idea di dare nel prossimo futuro velivoli agli ucraini. Questi ultimi vorrebbero pure i droni MQ-9, ma l’amministrazione Biden ha sostanzialmente nicchiato, giustificando il diniego con la spiegazione che in questa fase del conflitto avrebbero un’utilità limitata. Anzi, davanti alla Commissione del Senato il 28 marzo Austin ha sottolineato la supremazia aerea dei russi, che vanificherebbe l’azione dei caccia o dei droni americani: Quello spazio aereo è particolarmente ostile a causa della capacità che i russi hanno nella difesa aerea. I vertici statunitensi quindi cercano di convincere gli ucraini che in realtà ciò di cui hanno bisogno sono sistemi di difesa aerea e di artiglieria.

In questo modo, le forniture belliche degli USA a Kiev resterebbero in un ambito già ampiamente sperimentato, che finora non ha dato luogo alla temuta escalation. Dunque, perché rischiarla proprio adesso mandando i jet? La mancata fornitura velivoli da parte degli USA è spiegata così anche dall’ex tenente generale David A. Deptula, che partecipò alla pianificazione della campagna aerea nelle operazioni Desert Storm in Iraq ed Enduring Freedom in Afghanistan. Secondo il militare, l’amministrazione Biden sembra essere scoraggiata dalla preoccupazione per un’escalation con la Russia. Quindi nemmeno i droni MQ-9, che il generale Mark A. Milley definisce “grossi e lenti” e probabili vittime della difesa aerea russa. Proprio un MQ-9 è stato di recente abbattuto sul Mar Nero da un caccia russo, che lo ha fatto precipitare scaricandogli addosso del carburante e colpendogli un’elica mentre passava sopra.

La “proposta indecente” ai piloti occidentali

I vertici ucraini insistono per avere gli aerei della NATO pur sapendo che serve molto tempo per addestrare i piloti. E il tempo è un’altra delle cose che mancano al governo di Kiev. Il concetto è sottolineato dal sottosegretario alla politica per la difesa americana Colin Kahl, che davanti al Congresso ha spiegato le ragioni del rifiuto di fornitura degli F-16. Sarebbe un’operazione non soltanto estremamente costosa, dice, ma richiederebbe troppo tempo rispetto al momento in cui servono in azione.

Almeno due piloti ucraini sono stati di recente negli Stati Uniti per addestrarsi al simulatore. E l’esito del test è stato che occorrono 18 mesi per renderli in grado di manovrare i caccia americani. E allora dal Ministro della Difesa ucraino arriva la proposta indecente. Durante un incontro col suo omologo danese, Oleksii Reznikov ha invitato i piloti stranieri a unirsi all’esercito ucraino: Se vi sono piloti che sanno guidare un F-16 e sono disposti a partecipare (alla guerra), la legione straniera è pronta ad aprire le sue porte.  Un pilota americano si era in precedenza reso disponibile a questa eventualità.

L’ex tenete colonnello Dan ‘Two Dogs’ Hampton, con una lunga esperienza di volo sugli F-16, conferma l’approccio della Casa Bianca spiegando che tali velivoli sarebbero utili a Kiev solo in una prospettiva di lungo periodo, ma non esclude che accetterebbe l’offerta degli ucraini, se gli chiedessero di volare per loro.  Introdurre nel conflitto aerei americani pilotati da occidentali sarebbe un passo tremendo verso l’escalation, ma non sembra importare troppo ai vertici ucraini. Così, il primo ministro Denys Shmyhal si è recato la settimana scorsa in Nord America per chiedere altre armi, altri aiuti. Dal primo ministro canadese Justin Trudeau e dal segretario alla Difesa USA Lloyd J. Austin ha ottenuto promesse e incoraggiamenti, ma forse nulla di concreto per ridare spinta alle operazioni belliche.

Redazione Strumenti Politici
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