Chi deve aiutare l’Ucraina? Il Fondo Monetario Internazionale di sicuro no, secondo Bloomberg
Un articolo apparso la scorsa settimana su Bloomberg spiega le ragioni per le quali concedere ulteriori prestiti all’Ucraina non deve essere compito delle istituzioni internazionali. Dunque né la Banca Mondiale né il Fondo Monetario Internazionale, di cui Kiev è il terzo maggior debitore, dovrebbero deviare sull’Ucraina i denari destinati ai Paesi in via di sviluppo. Questi ultimi sono frustrati e irritati nel vedersi costretti a soddisfare condizioni pesanti per ottenere prestiti relativamente piccoli, mentre all’Ucraina vengono concesse decine di miliardi senza che Kiev possa offrire garanzie serie. Lo racconta Mihir Sharma, opinionista del giornale economico americano e collaboratore della Observer Research Foundation di Nuova Delhi.
Le recentissime riunioni di primavera della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (FMI) si sono svolte sullo sfondo delle lamentele espresse dal cosiddetto Sud Globale, che mette in discussione l’architettura finanziaria mondiale postbellica. Ed è un vero problema per l’Occidente. Gli sforzi di quest’ultimo per aiutare l’Ucraina stanno solo peggiorando la situazione. Oggi la pandemia e l’inflazione, esacerbata dal conflitto russo-ucraino, hanno condotto un numero record di Paesi in via di sviluppo sull’orlo di una crisi del debito sovrano. Aiutarli in queste circostanze deve essere il compito principale di istituzione come l’FMI e la Banca Mondiale. Persino David Malpass, capo uscente della Banca Mondiale, riconosce che il processo di ristrutturazione del debito non si sta muovendo molto rapidamente e non c’è stata ancora discussione a sufficienza sulle misure da prendere per assicurare la sostenibilità del debito. Questa tempistica lenta, in combinazione alla domanda se tali istituzioni non stiano rinunciando alla propria missione concentrandosi invece sui temi legati al clima, ha fatto sì che molti Paesi si chiedano se i creditori multilaterali non abbiano perso di vista le loro necessità.
È impossibile sovrastimare l’importanza di FMI e Banca Mondiale nel garantire fiducia all’ordine liberale postbellico e all’idea che esso debba servire gli interessi di tutti, persino dei più poveri e dei più indebitati. Le difficoltà con cui si scontrano queste istituzioni minacciano di provocare un crollo delle fondamenta del consenso che regge da quasi 80 anni fra i Paesi ricchi e quelli poveri, come hanno recentemente scritto la premier di Barbados Mia Amor Mottley e il presidente della Fondazione Rockefeller Rajiv J. Shah. Peggio ancora: a ciò si aggiunge il fatto che in Occidente molti Paesi in via di sviluppo vengono sgridati perché non sono abbastanza critici verso la Russia. E qualche volta le loro risposte hanno un tono permaloso: ad esempio, lo scorso anno il Ministro degli Esteri indiano è finito sui titoli di testa dei notiziari quando ha detto che l’Europa deve ormai uscire dalla mentalità per la quale i suoi problemi sono anche i problemi del mondo, ma i problemi del mondo non sono i problemi dell’Europa. In buona parte, comunque, questa insoddisfazione è esagerata. Nessuno può accusare gli europei o gli americani di cercare una condanna più ampia per l’invasione russa. Altresì nessuno deve discutere su quante risorse le nazioni occidentali abbiano deciso di destinare ad aiutare l’Ucraina a difendersi. Tuttavia, quando istituzioni globali violano le loro stesse regole per sostenere tale sforzo, le loro azioni devono essere messe sotto esame.
In particolare, a marzo l’FMI ha deciso l’approvazione di prestiti a Paesi che stanno affrontando “situazioni di incertezza eccezionalmente alta”. In ottant’anni di esistenza, l’FMI ha attentamente evitato di fare prestiti a Paesi coinvolti in conflitti armati. Questo atteggiamento è stato confermato appena due anni fa, quando i mezzi finanziari promessi all’Etiopia non sono arrivati perché nella parte settentrionale del Paese era scoppiata una guerra civile. Ma quattro giorni dopo la decisione del comitato esecutivo, l’FMI utilizzò queste nuove regole di credito per prestare 15,6 miliardi di dollari all’Ucraina, che costituiva già il terzo maggior debitore del Fondo, una posizione detenuta per oltre un decennio. All’Occidente probabilmente sembra un esempio lodevole di istituzione che si muove con agilità per trattare una nuova e urgente minaccia. Al resto del mondo, invece, appare come un plateale favoritismo, reso ancora più odioso dal fatto che vengono usati i nostri soldi come quelli occidentali, tutti soldi che diamo all’FMI. Questa evidente faziosità dell’FMI ha irritato Asia e Africa fin dal momento in cui l’istituzione, guidata dagli europei, ha destinato tranche enormi per aiutare i Paesi del continente durante la crisi dell’Eurozona. Lo stesso report del Fondo di quel periodo avvertiva tali aiuti avevano creato la percezione che gli Stati membri europei godessero di un peso eccessivo nelle decisioni dell’FMI relative al loro potere economico e che i programmi dell’FMI nell’Unione Europea avessero condizioni più morbide rispetto a quelle verso l’Asia. Secondo tale rapporto, l’impressione della faziosità stava minando alla base l’organizzazione: Quasi metà dei capi missione [dei membri dell’FMI] ritenevano che l’assenza di equità si fosse riflessa negativamente sul loro lavoro con le economie di mercato in via di sviluppo.
È piuttosto difficile negare che le condizioni dell’FMI per l’Asia meridionale siano più rigide in Asia che in Europa. Oggi vi sono tre Stati che stanno ricevendo o stanno cercando di ricevere aiuti dall’FMI: Bangladesh, Pakistan e Sri Lanka. Tutti quanti devono passare attraverso riforme dolorose solo al fine di accedere a crediti di qualche miliardo di dollari. Che dite, secondo voi cosa pensano quando vedono il terzo maggior debitore del Fondo che ottiene molti più aiuti senza poter nemmeno lontanamente soddisfare condizioni analoghe alle loro? Quando dieci anni fa la Grecia chiese aiuto, l’FMI pagò invece la Germania e la Francia. Che errore fu! Oggi l’Ucraina necessita e merita aiuto. Essa non deve cedere la propria sovranità solo perché le mancano i soldi. Però i suoi amici occidentali possono permettersi di mantenerla solvibile: devono aiutarla in modo diretto e trasparente, invece che sovvertire le istituzioni globali. In una prospettiva di lungo periodo sarà un’opzione migliore per l’Ucraina rispetto a quella di aumentare il suo già pesante carico debitorio. E se il prezzo di una tale decisione appare troppo alto ai governi occidentali, allora essi dovrebbero ricordare che il prezzo da pagare per spezzare un patto che dura da 80 anni sarebbe molto, ma molto più alto.
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