Joshua Wong: il coronavirus non fermerà la lotta per la libertà ad Hong Kong. I giovani di tutto il mondo sono chiamati a difendere la democrazia
Quella che stiamo vivendo è un’epoca di transizione dove anche le democrazie più consolidate scricchiolano e dove sempre più giovani si allontano disgustati dalla politica. Ecco che il libro di Joshua Wong – noto attivista politico protagonista della rivoluzione degli ombrelli ad Hong Kong – “Noi siamo la rivoluzione” edito da Feltrinelli pare un forte scossone proprio per le nuove generazioni. Quelle che vivono in tutte quei Paesi dove ancora non esiste una democrazia degna di questo nome, ma anche in quelle dove ci sono preoccupanti avvisaglie di derive autoritarie. Abbiamo voluto approfondire con Wong le tematiche affrontate dal suo libro, anche in ottica di lotta rivoluzionaria in tempo di pandemia.
– Il coronavirus sta rallentando la vostra lotta?
– Lo scoppio dell’epidemia ha diminuito le dimensioni delle proteste, perché ovviamente non possiamo radunarci facilmente in strada: ma dopo che il coronavirus andrà sparendo, le persone torneranno a riunirsi e a protestare, probabilmente verso l’estate.
– ‘Noi siamo la rivoluzione‘ è il manifesto della lotta per l’emancipazione di Hong Kong dalla Cina oppure è anche un appello alle nuove generazioni di tutto il mondo a unirsi in difesa della democrazia e della libertà di parola?
– Direi che “Noi siamo la rivoluzione” non è esclusivamente dedicato alla lotta per la liberazione di Hong Kong, per incoraggiare i suoi abitanti a combattere contro il governo autoritario di Pechino, ma vale anche come manifesto per i giovani di tutto il mondo, ovunque la democrazia stia regredendo, per difenderla insieme e per proteggere la libertà di parola.
– Pensa che alcune democrazie occidentali – almeno definite tali – possano nascondere il germe di dittature striscianti? Ci riferiamo ad esempio ai fatti avvenuti in Catalogna (che Lei peraltro cita), alle pressioni esercitate dall’UE sul popolo inglese in occasione della Brexit, sugli italiani in occasione del referendum di riforma costituzionale promosso da Renzi, e verso i greci quando dovevano decidere la loro permanenza nell’Unione Europa. Il germe del governo autocratico non potrebbe nascondersi anche nelle istituzioni democratiche?
– Certamente alcuni Paesi occidentali hanno delle difficoltà nel governare in maniera democratica, oppure pende su di esse persino una velata minaccia di dittatura: dunque come fare per mantenere vivo il sistema di pesi e contrappesi e la separazione dei poteri nel mondo “libero” ? E come non far dimenticare ai popoli europei che la democrazia è qualcosa che non va mai dato per scontato? Queste sono le domande che ognuno di noi dovrebbe porsi.
– Lei sta dedicando la sua vita alla politica in un momento storico in cui molti in Occidente ne hanno una cattiva opinione. Secondo Lei, le piazze possono ancora essere attratte dalla politica?
– Per far sì che i cittadini comuni abbiano una visione positiva della politica, ciò che possiamo migliorare e aumentare è la richiesta di riforme, cioè dobbiamo invocare riforme sociali spingendo verso quei valori universali come la libertà e i diritti umani.
– Perché la piazza può salvare la democrazia?
– La protesta di strada è uno dei modi per affrontare l’oppressione autoritaria che reprime i diritti umani: questo genere di protesta rappresenta la nostra personale esperienza ad Hong Kong contro il regime cinese.
– Lei descrive con molta passione la sua esperienza di prigioniero politico. Quanto ha aiutato la vicinanza con i tanti sostenitori del vostro partito?
– Moltissimi amici di Demosistō e del partito pro-democrazia di Hong Kong mi sono stati veramente di grande incoraggiamento e hanno permesso che continuassi la mia durissima battaglia.
– I suoi genitori l’hanno sempre appoggiata. Che cosa può dire ai genitori di quei figli che desiderano entrare in politica per cambiare il mondo? Come potrebbero aiutarli?
– Se i genitori dimostrano sufficiente flessibilità e concedono ai ragazzi di fare quello che sentono giusto, allora questi ultimi saranno proprio il cambiamento che sognano di vedere: potranno rendere possibile l’impossibile. Spero che i giovani sappiano ritagliarsi il loro ruolo epico nel futuro che sta arrivando. I genitori, comunque, possono almeno limtarsi a evitare di indebolire le loro motivazioni e la loro intenzione di dedicarsi alla cosa pubblica.
– Perché nel Suo libro non ha quasi raccontato gli episodi vissuti durante il carcere per adulti? È stata più dura la prigionia lì?
– No, non lo è stata. Anzi le condizioni nella prigione per i grandi sono migliori rispetto al carcere giovanile, ma è qui che ho passato la maggior parte della mia galera: dunque non ho menzionato molti dettagli riguardanti la prigione per adulti.
– Pensa che Demosistō abbia ancora un futuro a Hong Kong, dopo i vari casi di candidati rifiutati?
– Demosistō è un gruppo di attivisti che lottano per la democrazia attraverso la resistenza. Quindi, anche se i nostri candidati sono stati squalificati da Pechino, la nostra battaglia continua: resistiamo e resistiamo, invece di acconsentire a trattative a porte chiuse o ad accordi sottobanco. Noi vediamo che c’è ancora un futuro per i nostri concittadini che vogliono la democrazia.
– Avete utilizzato molto Internet per veicolare la vostra proposta riformatrice e di ribellione. Come si fa a distinguere tra fake news e autentici messaggi di lotta per le libertà e i diritti?
– Sappiamo benissimo che non è facile combattere per avere la libertà di stampa e che è dura contrastare le fake news sparse dalla propaganda cinese. Le informazioni false e tendenziose sono difficili da superare, ma proprio questa è una delle ragioni che ci spingono a continuare la nostra battaglia, in particolare utilizzando l’attivismo di strada.
– Non ha mai avuto un momento in cui si è detto: “ma chi me l’ha fatto fare?”. Ha dei rimpianti?
– Non ho mai pensato “ma chi diavolo me l’ha fatto fare!”. Non rimpiango nulla. Sono di Hong Kong e come tale coltivo la speranza di vedere un giorno per essa un futuro migliore. Non c’è alcun motivo per tirarsi indietro, specialmente quando possiamo fare in modo che la gente possa dire la sua in questa società. La mia lotta per la libertà di parola è ciò con cui vorrei essere di ispirazione per le nuove generazioni.
Traduzione: Vincenzo Ferrara
Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos.