Inviare armi all’Ucraina, non importa se sono rotte: un circo imbarazzante, ma redditizio

Inviare armi all’Ucraina, non importa se sono rotte: un circo imbarazzante, ma redditizio

8 Maggio 2023 0

Quello dell’invio di armi all’Ucraina è un tema che in Europa si presta ancora benissimo agli slogan e alla propaganda. Oggi, in alcuni Paesi europei, torna utile anche e soprattutto a livello economico. Sul piano militare, l’effettiva utilità in questo frangente dei carri armati e di altri sistemi d’arma è tuttora in discussione, mentre sulla funzionalità si può anche sorvolare: tanto c’è chi è molto ben disposto a riparare i guasti. Ma la domanda che ne consegue è: chi paga veramente le riparazioni, lo Zio Sam? Zelensky? o i cittadini europei?

Il caso degli obici italiani

Finalmente in Italia qualcuno si sarà accorto che la narrativa del sostegno totale e disinteressato all’amico Zelensky non coincide perfettamente con la realtà. O magari molti preferiscono pensare che su tratti della solita “frittata” all’italiana (anche se casi del genere non sono tanto strani nella vicenda degli armamenti NATO per Zelensky). Sta di fatto che fra gli ultimi mezzi italiani donati all’Ucraina, una ventina di obici semoventi M109L sono rotti, inutilizzabili. Li aveva destinati Draghi, ma erano fermi da oltre vent’anni, abbandonati all’aria aperta in una zona umida. Per rimetterli in sesto servivano pezzi di provenienza americana che però non si sono visti. E allora, pur di non aspettare ancora, l’Italia ha mandato dei cannoni ammuffiti.

Sembra siano stati rimandati indietro per le riparazioni in Belgio o proprio in Italia, ma secondo la stampa ucraina sono stati rapidamente sistemati e mandati al fronte. Non sappiamo se poi sul campo di battaglia abbiamo cominciato a funzionare bene  oppure alla fine la negligenza ha prevalso sulla retorica occidentale. E la Difesa italiana si difende così: Roma ha fornito mezzi che era stati dismessi dalle Forze armate italiane e mai offerti proprio per il loro stato di manutenzione e vetustà. Tuttavia sono stati richiesti, comunque, da parte Ucraina, nonostante le condizioni, per essere revisionati e messi in funzione, vista la urgente necessità di mezzi per fronteggiare l’aggressione russa. Infine: Sull’esito della rimessa in efficienza il ministero della Difesa italiano non è stato aggiornato, trattandosi solo di mezzi classificati come di non conveniente riparazione.

Fare le riparazioni in Ucraina non si può

Piazzare i centri di riparazione in Ucraina è altamente sconsigliabile, così come inviare là direttamente i tecnici americani. Infatti, nel momento in cui un impianto del genere venisse costruito sul territorio ucraino diventerebbe un facile bersaglio dell’artiglieria russa. La NATO rischierebbe di perdere in pochissimo tempo attrezzature estremamente costose. E se Mosca dovesse decidere di colpire determinati punti della rete stradale o ferroviaria, impedirebbe il trasporto dei mezzi da riparare, rendendo inutile tutto il lavoro degli occidentali.

Per ovviare a questa eventualità, il ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov ha suggerito agli alleati di inviare i propri tecnici. È molto complicato far fare a un carro armato tutta la strada in Europa per le riparazioni, spiega. Se potessimo far venire qui gli specialisti con l’accesso ai documenti necessari, sarebbe di grande aiuto. In questo momento, gli americani andati in Ucraina ad aiutare con la manutenzione degli armamenti sono esclusivamente volontari ed ex militari. Tuttavia, nemmeno quelli particolarmente esperti e istruiti possono visionare tutti i manuali tecnici classificati come “riservati”. Mandare in Ucraina i militari in servizio e per di più farlo apertamente, però, è un passo che la Casa Bianca non si sente assolutamente di fare.

L’attivismo della Polonia

L’attivismo politico e militare di Varsavia all’interno della NATO è ormai ben noto. Il governo polacco continua a prendere iniziative in chiave anti-russa o comunque di sostegno all’Ucraina o per meglio dire alla presenza americana in Europa Orientale. Ad aprile, il premier Mateusz Morawiecki si è recato in visita ufficiale negli USA, da dove ha annunciato che la Polonia intende diventare il centro di manutenzione dei tank americani e il centro di produzione delle relative munizioni a uranio impoverito.

Tornato in patria, ha visitato la Bumar-Łabędy, azienda fabbricante di armi alla quale ha promesso di dare le commissioni per le riparazioni dei carri Leopard impiegati in Ucraina. Era presente anche il ministro della Difesa Mariusz Błaszczak, che ha sottolineato la ricaduta positiva del progetto in termini di occupazione e di sicurezza. Ha detto che il merito della Bumar-Łabędy è stato di aver modernizzato i carri sovietici T-72 che ora stanno funzionano bene sul campo di battaglia. Ritiene comunque che operare sui tank tedeschi sarà una grande opportunità di sviluppo per tutto il settore.

La Repubblica Ceca e i carri T-64

La Repubblica Ceca è stata finora uno dei Paesi che in maniera più solerte ha rifornito Kiev di armi, fra carri armati, munizioni, piattaforme lanciarazzi e altro. Ora, il Ministro della Difesa ceco ha dichiarato che le aziende nazionali del settore militare si occuperanno di riparare i tank ucraini e gli altri veicoli danneggiati. Si parla però delle revisioni più impegnative, perché la manutenzione immediata deve essere svolta dall’esercito ucraino, dice il ministro ceco.

Nel primo contratto fra i rispettivi ministeri è stato incluso un numero imprecisato di carri armati T-64 di fabbricazione sovietica. Ad adempiere ai lavori sarà la holding industriale e tecnologica Czechoslovak Group, che come dice il nome stesso ha i suoi impianti sparsi fra la Repubblica Ceca e la Slovaccia. Ed è proprio una delle aziende che ha fornito a Kiev parte degli armamenti inviati da Praga.

La Germania piazza centri di manutenzione in Lituania e in Romania

La Rheinmetall AG, una delle principali aziende tedesche produttrici di armi, gestisce in Lituania un centro di manutenzione per i mezzi da combattimento delle forze lituane e di altri eserciti dei Paesi NATO che stazionano nelle Repubbliche baltiche. Qualche settimana fa ha annunciato che aprirà un analogo laboratorio destinato alla manutenzione degli armamenti forniti a Kiev. Lo piazzerà in Romania, nella città di Satu Mare, a una quarantina di chilometri dal confine sud-occidentale dell’Ucraina.

I lavori di riparazione del “service hub” si concentreranno soprattutto sui mezzi tedeschi come i carri Leopard 2, i veicoli corazzati da combattimenti Marder e i veicoli da trasporti blindati Fuchs. L’amministratore delegato Armin Papperger ha dichiarato che la priorità dell’azienda è di dare alle forze della NATO così come a quelle dell’Ucraina il miglior supporto possibile in questa situazione critica.

Il cancelliere Scholz, in visita a Bucarest, si è detto lieto dell’annuncio e ha lodato la cooperazione militare fra Germania e Romania ha sottolineato la “necessità” che gli armamenti vengano riparati presso il confine con l’Ucraina (e quindi non sul suo territorio). Quello dell’invio di armi all’Ucraina è un tema che in Europa si presta ancora benissimo agli slogan e alla propaganda. Oggi, in alcuni Paesi europei, torna utile anche e soprattutto a livello economico. Ma la domanda che ne consegue è: chi paga veramente le riparazioni, lo Zio Sam? Zelensky? o i cittadini europei?

Martin King
Martin King

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