Il valore morale ed economico dell’artigianato in Italia

Il valore morale ed economico dell’artigianato in Italia

22 Aprile 2024 0

Il termine artigiano e quello conseguente di artigianato ha radici lontane nella storia e rappresenta il contributo operativo dell’attività manuale dell’uomo allo sviluppo delle prime formazioni di società. A partire da quelle che all’inizio della nostra civiltà si formano in Mesopotamia alle foci del Tigri e dell’Eufrate. Nell’antica Grecia questa attività assume una particolare rilevanza perché non si limita a creare gli strumenti ed i mezzi per consentire il miglioramento della vita sociale ma si propone come “arte” per dare forma all’idea di bellezza proprio della cultura classica.

E’ in quel tempo che le creazioni artistiche dell’artigianato offrono un contributo determinante per lo sviluppo non solo materiale di quel periodo storico. E rappresentano la ricerca di una perfezione stilistica coerente con un contesto socio-culturale molto legato ad una visione anche trascendente in senso spirituale della loro cultura.

L’armonia tra arti e scienze 

Quel periodo storico si presenta come un tutto armonico  sia nelle arti così come nelle altre scienze – la filosofia, la matematica, le scienze naturali, la letteratura, l’etica e la morale, la politica – che informano un società profondamente orientata ad una visione dell’uomo come centro dell’interesse. Quel periodo storico ha posto le basi per i futuri sviluppi della storia.

E di seguito, sotto il dominio romano, l’insieme delle arti e dei mestieri acquista sempre più un ruolo critico per lo sviluppo della società fino a quando il tardo impero romano collassa decretando la fine di una fase storica in cui l’esclusiva attenzione ad una visione materialista della vita ha soffocato lo spirito creativo ed innovatore necessario per preparare una nuova svolta storica.

L’artigianato nel Medioevo

Il medioevo rappresenta, conseguentemente, un ritorno ai valori trascendenti ed ad una visione del mondo meno edonistica. Così l’artigianato riprende anche una vita più spirituale, specie nelle associazioni monastiche. Ed è proprio questa fase intermedia che, riportando l’uomo ad una visione più trascendente della vita, lo prepara ad un’epoca di grande creatività che prelude al rinascimento dove “le arti ed i mestieri” acquistano la loro determinante dimensione per il suo sviluppo economico e sociale.

E’ proprio attorno al XI ed al XII secolo che le corporazioni di artigiani assumono rilevanza critica nella società non solo come contributo artistico ed operativo ma proprio nella rappresentanza del loro ruolo nelle scelte di sviluppo della società.

Il contributo dell’artigianato nel XVI secolo

Quel periodo storico, fino al XVI, secolo porta un contributo immenso allo sviluppo dei nostri tempi, è così che si va formando quel patrimonio artistico italiano che rappresenta oggi i due terzi del patrimonio artistico mondiale. E contribuisce a consolidare e rendere quasi genetica quella componente di creatività del popolo italiano che lo rende unico nel mondo .

Il lavoro artigiano è rappresentato, infatti, da una forma di lavoro immediato in cui l’occhio, la mano, la volontà di raggiungere uno scopo, il senso ed il piacere del materiale utilizzato, la fantasia ed in definitiva la capacità di dare una forma alla materia stimolano una costante propensione alla creatività.

E’ così che questa attitudine finisce per caratterizzare profondamente la storia del nostro popolo. Perché il lavoro artigianale consente, appunto, di mantenere la creatività del pensiero e riduce la spinta all’uniformità dei comportamenti estesa anche ai modelli di vita e di consumo  che caratterizza la moderna civiltà industriale.

La somma di storie millenarie

Il mondo diventa globale ma la realtà dei singoli territori sono il risultato di storie millenarie e quindi il vero obiettivo non è un modello uniforme per tutte le società ma quello di riuscire a coniugare principi e metodi di collaborazione e convivenza che dalla differenza tra stati, società e civiltà possano trovare nel tempo un percorso di progressiva unificazione cogliendo il meglio dei vari contributi.

Un ulteriore aspetto del valore morale dell’artigianato è quindi  il forte legame con la natura, da cui deriva la materia oggetto di continua trasformazione, in questo senso come vedremo assume particolare rilevanza la cultura del mondo rurale. Il concetto di rapporto con la natura è nel tempo cambiato, ma in misura minore nel nostro paese.

La natura veniva spesso indicata come “madre” per i valori che ispirava, rappresentava una norma obbligante per ogni conoscenza ed ogni azione che è naturale, da cui il senso di validità dell’esistenza, ma questo intimo rapporto finisce sempre più per incrinarsi nella misura in cui la “tecnica” comincia ad avere un ruolo indipendente e dominante nell’indirizzare la società, il sistema di vita e di valori del mondo moderno. Questa spinta al cambiamento contribuisce sempre più a sostituire e modificare il concetto di utilità con quello di dominio.

Una nuova concezione di società

Dominio nel senso estremo che si esprime in una nuova concezione della società e del rapporto dell’uomo con la natura che non è più diretto ma viene sempre più intermediato dal calcolo e dalla tecnica e reso, in un qualche modo più asettico. Infatti, l’uomo sa oggi molto di più di quello che può vedere o sentire con i suoi sensi. Diventa capace di progettare e di realizzare cose che non può più sentire, così si verifica un crescente distacco dal mondo naturale che contribuisce ad  aumentare la sua freddezza di cuore e la sua difficoltà di avere rapporti relazionali veri con i suoi simili.

L’uomo, così, rischia  di non essere più in grado di sentire e di fare esperienza personale ma tende a trasformare il suo lavoro in organizzazione dei mezzi e nel loro controllo e di diventare impersonale, un uomo non umano (vedi Romano Guardini, La fine dell’epoca moderna. Il potere. Morcelliana 1954).

La dimensione rurale

Infine anche le radici di questo artigianato nella cultura rurale ancora presente nel nostro popolo è importante. Su questo tema uno dei più grandi sociologici dei nostri tempi Pitirim Sorokin affermava l’importanza di questo collegamento. Nelle campagne si realizzano più compiutamente forme di solidarismo nelle relazioni sociali, in città invece l’intensa circolazione dei beni e dei valori sviluppa l’antagonismo e l’individualismo.

Diventa, così, importante mantenere questo collegamento tra cultura rurale ed urbana perché consente di contribuire al rinnovo della mentalità e dei valori apportando nuove e fresche energie spirituali. Le radici nella cultura della terra sono ancora molto forti nel nostro paese e consentono a questo popolo di avere ancora una maggiore sensibilità ed attenzione all’altro, in definitiva una maggiore capacità di avere sentimenti di amicizia, come vedremo, fondamentali in questa fase di crisi.

La ricostruzione del sistema sociale

Proprio il valore morale, come sopra descritto legato alla creatività ed ai valori della natura, dell’artigianato italiano ha la funzione di mantenere vivo questo rapporto. Anzi rappresenta un elemento di grande valore in questa fase storica. Ed è proprio ridando quella dignità sociale che gli spetta che possiamo pensare a come ricostruire il sistema sociale disgregato partendo dalla ricomposizione dei valori interiori che lo devono caratterizzare.

La storia dell’artigianato italiano è profondamente legato al modello di sviluppo che caratterizza il nostro paese fatto in gran parte da piccole e medie imprese che rappresentano da sempre la sua vera ciambella di salvataggio. Gli imprenditori che le hanno create e continuano a crearle sono i migliori del mondo per la propensione ad assumersi il rischio personale, al profondo attaccamento al loro territorio ed al senso di solidarietà che caratterizza il loro comportamento.

E’ questo il grande valore economico dell’artigianato italiano a cui deve essere riservata una particolare attenzione per favorire la sua crescita e conseguentemente l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali per il contributo non solo all’economia ma anche alla ridefinizione dei sistemi sociali che stanno progressivamente perdendo la coesione necessaria per sostenere la loro sopravvivenza.

La situazione dei giorni nostri

Queste riflessioni si collocano, oggi, in una crisi profonda che sta accompagnando il nostro tempo e che sembra sempre rinascere in nuove forme e con nuove difficoltà. Ma la vera difficoltà di questa crisi è che noi non abbiamo ancora cominciato a chiarire perché e quando è iniziata così le misure per affrontarla sembrano sempre superficiali.

Nel recente lavoro “La competizione collaborativa. Ricostruire il capitale sociale ed economico” (Egea 2011), ho cercato di dare evidenza al fatto che le vere cause della crisi che si manifesta con fenomeni economici,  sono da ricondursi all’evoluzione di un modello di società che nel tempo è diventata sempre più individualista ed antiegalitaria nella redistribuzione della ricchezza.

Una crisi straordinaria

Questa crisi, infatti, non è una crisi ordinaria come quelle che capitano ogni 10/15 anni ma straordinaria. E’ giunto il tempo di capire che siamo davanti ad una delle grandi transizioni della storia dell’uomo quando ad un modello di valori e di cultura ne deve succedere un altro. E quanto prima riusciamo a realizzare questo modo di sentire e vedere la storia tanto più facile sarà trovare i rimedi ed i mezzi per fare fronte al problema.

La crisi è fondamentalmente una crisi  di valori. La cui declinazione ha portato ad un’interpretazione eccessivamente materialistica ed utilitaria dei mezzi e dei fattori di produzione attribuendo al ruolo dell’economia e della finanza, che sono strumenti un ordine morale, cioè l’ordine di fine a cui sottomettere il giudizio sul singolo individuo e sulla società.

Il ruolo dell’implosione dell’impero sovietico

In particolare questo modello sociale e valoriale si è andato affermando negli ultimi due secoli ma ha avuto una forte accelerazione negli ultimi 30/40 anni. In particolare l’implosione dell’impero sovietico, rappresentata dalla caduta del muro di Berlino, ha sviluppato l’idea che un modello di economia fortemente liberista fosse la soluzione di tutti i mali. Giustificando un fondamentalismo di mercato ed una crescente azione di “deregulation” per assecondarne la crescita e consentendo, alla nazione espressiva di quel modello, gli USA,  l’idea di eterna onnipotenza.

A quel punto le conoscenze tecniche – razionali , tipiche del modello socioculturale americano, hanno assunto il ruolo dominante di valori assoluti ed autoreferenziali; subordinando ad esse lo sviluppo ed il giudizio sulle singole persone e sulla società nel suo complesso.

Economia e finanza orientanti i sistemi sociali

L’economia e la finanza hanno cominciato ad assumere nella nostra vita sempre più il ruolo di fine e non quello di mezzo ed a definire le regole per  l’orientamento e l’indirizzo dei sistemi sociali. Allo stesso modo l’invasività culturale di quel modello di stampo quantitativo-razionale ha portato sempre più a vedere e studiare l’uomo come insieme di azioni e reazioni chimiche. E non più come insieme di azioni e reazioni emozionali. Sono l’uomo e la società a doversi adattare alle regole e non più viceversa.

Paradossalmente l’uomo ha costruito un mezzo, l’economia e la finanza, che continua a mantenere sempre più autonomo ed indipendente da sé stesso che nel soddisfargli i bisogni che gli propone gliene crea sempre di nuovi più sofisticati e personalizzati rivolti alla soddisfazione di continuamente mutevoli bisogni personali di breve tempo.

Ma l’economia e le tecniche devono mantenersi dotate di senso, la loro attività deve avere  un criterio di misura, una gerarchia di valori, una consapevolezza di quali bisogni possano considerarsi giusti e  quali sbagliati, è necessaria una corretta economia del vivere altrimenti si forma un sistema infinito di desideri che afferma la sua assoluta libertà di soddisfarli. Una crescita dell’economia continuamente basata sulla capacità di soddisfare bisogni creandone sempre di nuovi non può essere considerato un dogma come invece succede oggi ed allora forse è il momento di ripensare a quale modello di sviluppo sia più coerente con la necessità di riportare l’uomo al centro dell’economia.

La volontà della libertà

Se si potesse esprimere questa volontà di libertà dell’uomo come capacità di rispondere illimitatamente ai suoi desideri la si potrebbe esprimere  con la seguente formulazione suggerita sempre da Sorokin ( La crisi del nostro tempo, pag. 167, ed Arianna 2000 e prima edizione 1941):

                              Somma dei mezzi

                          ——————————-

                              Somma dei desideri

Se il grado di libertà è espresso dalla realizzazione dei desideri, il numeratore ed il denominatore devono essere uguali se invece il numeratore è inferiore si pongono due alternative: l’individuo rinuncia a parte dei suoi desideri oppure  deve rincorrere una modalità di accrescimento dei mezzi. Nel primo caso il modello sociale consiste in una limitazione dei desideri richiamandosi ad una visione più etica e trascendente della vita che possiamo ricordare con il detto “Chi possiede di più è colui che desidera di meno“.

Desideri illimitati

Nel secondo caso essendo i desideri potenzialmente illimitati più si ha più si vorrebbe avere. E questo conduce ad una lotta incessante tra uomini e gruppi per appropriarsi in modo sempre maggiore di valori necessari a soddisfare i desideri definibili maggiormente in beni materiali: ricchezza, piacere, benessere, salute fisica, sicurezza…

Siccome la realizzazione di questo modello di società, fortemente orientato alla soddisfazione materiale a breve dei propri bisogni, può essere realizzato solo prevaricando gli altri, la lotta tra persone e gruppi finisce per  intensificarsi fino a fare collassare la società. Questo modello di società in cui oggi possiamo identificarci ha finito per affermare un solo principio di verità. Tutto ciò che si tocca e si vede è vero e merita di essere studiato e misurato in modo razionale.

L’interesse personale dominante

Di conseguenza tutte le manifestazioni dell’uomo sono declinate con quel parametro che mette l’interesse personale e fisico al primo posto e comunque da realizzarsi adesso e subito, a qualunque condizione. Finendo così per normalizzare anche comportamenti illeciti. La diffusa immoralità che ogni giorno ci colpisce con un qualche fatto, evidenzia sempre più un uso strumentale dell’uomo ad altri interessi e risulta essere non la causa ma bensì l’effetto di un modello socioculturale che si è profondamente radicato nel nostro modo di vivere. E che soprattutto orienta costantemente le decisioni in merito all’allocazione delle risorse rappresentando il vero motivo dell’attuale crisi in cui ci stiamo dibattendo.

Pertanto la crisi non può essere risolta in modo meccanicistico con provvedimenti esterni – le regole per i mercati finanziari , per l’economia , per la politica ..- ma dall’interno tramite il riorientamento  generale dei valori e la possibilità di richiedere all’uomo un mutamento di mentalità e di condotta.

A questo punto dobbiamo porci la scelta tra queste due affermazioni:

  • l’economia è condizione necessaria e sufficiente per avere una buone società;
  • la società è condizione necessaria e sufficiente per avere una buona economia.

La storia passata e presente ci dimostra che è la seconda affermazione ad essere quella vera ma negli ultimi 30 anni noi abbiamo sempre declinato la prima come verità da non mettere in discussione.

In conclusione se usiamo il termine di capitale sociale per esprimere il valore della società e il capitale economico per esprimere la sua ricchezza nel lavoro precedentemente indicato si cerca di dimostrare empiricamente e di affermare che :

  • lo sviluppo del capitale sociale di un territorio è condizione necessaria allo sviluppo del suo capitale economico;
  • un impoverimento del capitale sociale di un territorio conduce ad un impoverimento del capitale economico complessivo;
  • mentre un incremento del capitale economico di un singolo è possibile anche in condizioni di concorrenza competitiva ma a discapito del capitale economico di altri soggetti , l’incremento del capitale sociale di un territorio è favorito da condizioni di concorrenza collaborativa;
  • l’esistenza del differenziale centenario tra nord e sud è attribuibile alla diversa concentrazione di capitale sociale più presente al nord che al sud il cui recupero può passare solo tramite la ricomposizione di un sistema di relazioni sociali in grado di ricomporre un tessuto di solidarietà e di equa redistribuzione delle ricchezze .

Un nuovo ruolo dell’artigianato

Proprio una rivisitazione del ruolo artigianale può aiutare a ricomporre un tessuto sociale molto orientato a forme di individualismo disgregatore. Ritrovare un diverso contatto con il mondo esterno. Ripensare a forme di solidarietà nella tradizione del nostro popolo sono la risposta più efficace per ricostruire quel capitale sociale da cui bisogna ripartire per avere una visione del futuro e del ruolo dell’uomo più coerente con la sua storia tramite una forma di competizione collaborativa in grado di unire e non di dividere.

 Sorokin conclude il lavoro precedentemente indicato con questo auspicio (pag. 284):

Speriamo ci  sia accordata la grazia di comprendere e potere scegliere la strada giusta, prima che sia troppo tardi ; la via che non porta alla morte ma all’ulteriore compimento da parte dell’uomo della sua missione , creativa ed unica su questo pianeta

Auguriamocelo anche noi .

Fabrizio Pezzani
Fabrizio Pezzani

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