Il summit NATO-Ucraina di mercoledì è stato un po’ troppo simile a un vero consiglio di guerra

Il summit NATO-Ucraina di mercoledì è stato un po’ troppo simile a un vero consiglio di guerra

30 Agosto 2024 0

Il Consiglio NATO-Ucraina che si è riunito mercoledì su richiesta di Kiev assomigliava pericolosamente a un consiglio di guerra vero e proprio. I toni e i contenuti espressi dagli alleati occidentali suggeriscono la voglia scellerata di un intervento europeo sul campo.

Un consiglio di emergenza

Sono stati gli ucraini a chiamare a raccolta i loro patrocinatori quasi senza preavviso. Lo hanno fatto spinti dalle recenti ondate di attacchi dell’artiglieria russa sulle infrastrutture energetiche che servono anche la rete civile. Mosca ne ha infatti aumentato l’intensità dopo la sortita delle Forze armate di Kiev nella regione di Kursk. Hanno considerato che gli esponenti politici europei approvano l’operazione degli ucraini, i quali sembrano impiegare allo scopo anche armamenti marchiati NATO. Ciò si configura come un’aggressione di terra dentro i confini della Federazione Russa, portata con la benedizione e i mezzi dati da Bruxelles e Washington. Nulla di buono, evidentemente.

La portavoce dell’Alleanza Atlantica Farah Dakhlallah ha anticipato che il summit si sarebbe tenuto “a livello di ambasciatori”, con la partecipazione in formato online del ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov. Lo scopo di quest’ultimo era di riferire la situazione sul campo ai rappresentanti della NATO, spiegando loro cosa serve al suo esercito con maggiore assillo. La finalità con cui hanno creato il Consiglio nel luglio 2023 era di “favorire un più stretto coordinamento fra Kiev e gli alleati”. Stavolta però i modi e i tempi di tale riunione l’hanno fatta apparire come la seduta del consiglio di guerra di uno Stato impegnato direttamente in un conflitto.

Le dichiarazioni finali

La retorica delle dichiarazioni finali si discosta da quella consueta per la maggior convinzione nell’alzare di prepotenza il livello dell’assistenza militare. Gli alleati hanno condannato gli attacchi russi come “indiscriminati” e hanno ribadito il loro impegno nel “rafforzare ulteriormente le difese dell’Ucraina”. In aggiunta, il segretario generale Jens Stoltenberg ha detto che i Paesi membri aumenteranno gli aiuti militari e daranno a Kiev le attrezzature e munizioni necessarie. Ciò è vitale per la capacità dell’Ucraina di restare ancora in gioco. Guardando ai titoli del mainstream, la sensazione è davvero quella di assistere all’atto finale. È come se gli attori non misurassero più il peso delle parole, consapevoli di essere sul punto di uscire di scena.

Così, le Forze armate ucraine sono descritte come gloriose vincitrici a Kursk, ma contemporaneamente come bisognose di tutto, vicine a spezzarsi e a crollare definitivamente. Il messaggio che incalza sotto è quello di impedire ad ogni costo che la Russia vinca. E il costo adesso è l’intervento diretto della NATO, equivalente alla Terza Guerra mondiale. Peraltro, coloro che propugnano l’innalzamento del livello di scontro sono quelli che entro poche settimane o mesi termineranno il loro mandato o il cui potere è incerto: Stoltenberg che a ottobre non sarà più segretario generale, Biden che non è più nemmeno candidato alle presidenziali, il governo francese dimissionario da mesi, quello britannico appena formato e già pesantemente contestato, il governo tedesco che prende una batosta elettorale dopo l’altra e che il prossimo anno terminerà.

Un salto di qualità

Già nel vertice NATO di luglio a Washington diversi Stati membri avevano annunciato la fornitura di altri sistemi di difesa aerea, fra cui i tanto celebrati Patriot. Inoltre l’Alleanza aveva concordato la futura concessione di altri 40 miliardi di euro di assistenza nel prossimo anno. E c’era stata anche l’idea di un centro di comando congiunto da insediare a settembre. Oggi però qualcuno vorrebbe fare il “salto di qualità”. Come riporta l’agenzia di stampa italiana Adnkronos, la NATO si prepara ad aumentare gli aiuti all’Ucraina in una fase cruciale della guerra con la Russia. E si arriva quasi a parlare di “scarponi sul campo”, come accennava lo scorso febbraio il presidente francese Macron.

Sempre Adnkronos riferisce l’idea nefasta con parole gradevoli, che nascondono il potenziale apocalittico di tale indirizzo: Il contributo dei partner occidentali potrebbe arricchirsi con un nuovo capitolo. L’Unione Europea, su richiesta di Kiev, starebbe considerando l’addestramento dei soldati in Ucraina “se fossero soddisfatte le necessarie condizioni politiche ed operative”, come indica un documento del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) visionato da Politico. Suvvia, sembrano dire, il motivo per un tale passo è comprensibile, perché riguarda dettagli meramente tecnici… Kiev ritiene che addestrare le truppe all’interno dell’Ucraina sia più rapido, più conveniente e logisticamente più facile. In alternativa, l’addestramento potrebbe essere condotto nei Paesi confinanti con l’Ucraina.

Il commento russo

Forse a Bruxelles non sono sciocchi. Anzi, sono ben consci che è altamente probabile che una presenza militare dell’UE sul suolo ucraino verrebbe percepita dalla Russia come una provocazione. Meno male che l’hanno capito, e infatti aggiungono che non è fattibile per l’UE proteggere gli addestratori inviati in Ucraina. Si spera dunque che ci pensino bene prima di stabilire effettivamente l’invio di personale NATO dentro il territorio ucraino con missioni di addestramento. I russi sanno perfettamente che questo genere di incarichi si trasforma presto in missioni di carattere pienamente operativo. In questo caso significherebbe che i soldati dei Paesi europei sparerebbero su quelli russi. E viceversa.

Purtroppo il Consiglio di due giorni fa non ha certo rallegrato il Cremlino. Se è vero che questo tipo di incontro è stato pensato come “forum per consultazioni, decisioni e attività congiunte fra NATO e Ucraina”, quello di mercoledì aveva un carattere ben più grave e immediato. La portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha evidenziato come i membri dell’Alleanza Atlantica parlino ormai apertamente di un loro coinvolgimento diretto nel conflitto, non soltanto più coi mezzi impegnati già in territorio russo, ma addirittura coi soldati. Poi ha fatto notare come Stoltenberg abbia inserito nei temi del Consiglio congiunto anche la questione pressante dell’assistenza materiale e militare. Quest’ultima veniva finora discussa nel cosiddetto “formato Ramstein”, cioè il gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina, ma oggi la NATO sembra volersi assumere il ruolo di vero e proprio coordinatore dello sforzo bellico di Zelensky.

Chi vuole più armi vuole usarle tutte

Intanto, esponenti politici europei esortano a togliere le limitazioni all’uso da parte degli ucraini di armamenti occidentali, in particolare i missili a lungo raggio. Lo dice persino l’Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell, anche lui in scadenza di mandato e non sicuro della prossima riconferma. E insiste pure il ministro degli esteri polacco Radosław Sikorski, che chiede di lasciare che l’Ucraina combatta con ogni cosa che ha e con qualunque cosa le abbiamo fornito, e poi forza, diamogliene ancora. Sikorski vorrebbe anche confiscare tutti i patrimoni russi nel continente e darli direttamente a Kiev.

Naturalmente è Kiev per prima a insistere per farsi “sciogliere le mani” e usare tutti gli armamenti occidentali senza ritegno. Il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha dichiarato: Il nostro più grande problema è la paura di un’escalation fra gli alleati. Secondo lui, la paura di alcuni Paesi di entrare in uno scontro totale con Mosca è “irrazionale”, perché finora l’aumento progressivo del sostegno militare – e il superamento delle linee rosse – non ha generato il tanto temuto allargamento del conflitto. Dunque, afferma, ora vogliamo un numero sufficiente di batterie di Patriot, un numero sufficiente di jet F-16, una quantità sufficiente di munizioni per l’artiglieria e una libertà sufficiente per colpire obiettivi militari legittimi in Russia. Lo stesso ministro della Difesa Umerov ha rivelato di aver discusso con gli alleati le prossime forniture di sistemi missilistici per la difesa aerea.

Zelensky ammette le difficoltà

La situazione degli ucraini sul campo viene presentata alternativamente come eccellente o disperata a seconda del pubblico e delle necessità. Così, mentre agli alleati euroamericani Kiev chiede ancora aiuti spiegando le proprie difficoltà e ammonendo sulla sconfitta che incombe, ai cittadini occidentali e a quelli ucraini il mainstream e lo stesso Zelensky magnificano le recenti e strabilianti vittorie in casa dei russi. Dicono di aver conquistato “100 insediamenti” per un totale di 1200 chilometri quadrati nella regione di Kursk. Però quest’ultima abbia una superficie di 30mila chilometri quadrati. Peccato poi che il territorio in cui sono penetrati gli ucraini è in gran parte semivuoto e ben lungi dall’essere sotto il loro controllo. Ed è la stessa Reuters a scrivere che nel frattempo le forze russe continuano ad avanzare passo a passo nella regione di Donetsk.

Infatti Zelensky ha dovuto ammettere nel suo discorso serale alla nazione che su quel fronte la situazione è “estremamente difficile” e che i russi sono sul punto di prendere Pokrovsk, snodo logistico essenziale per l’esercito di Kiev. Le autorità ucraine hanno ordinato l’evacuazione della città, in cui dovrebbe essere rimasta la metà dei suoi 60mila abitanti. Ma Zelensky continua a ribadire che l’offensiva verso Kursk è importante perché dovrebbe aumentare il peso ucraino nelle future trattative. Essa rientra nel suo “piano per la vittoria” che vuole illustrare a Biden e ai due candidati presidenziali Donald Trump e Kamala Harris. Il Consiglio NATO-Ucraina che si è riunito mercoledì su richiesta di Kiev assomigliava pericolosamente a un consiglio di guerra vero e proprio. I toni e i contenuti espressi dagli alleati occidentali suggeriscono la voglia scellerata di un intervento europeo sul campo.

Martin King
Martin King

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