Pressioni interne e delusioni esterne per Zelensky, tornato dal summit NATO con le pive nel sacco
Sale la pressione su Zelensky a livello interno e su quello internazionale cala visibilmente l’entusiasmo degli alleati. Le ultime settimane hanno rivelato la crescente frustrazione del popolo ucraino verso il governo di Kiev, mentre le elezioni in Europa non hanno portato alcuna novità positiva a Zelensky. E nel corso del summit NATO, Biden ha commesso la più clamorosa delle gaffe chiamandolo pubblicamente “Putin”.
Soldati esausti e diserzioni in aumento
Il giornale britannico The Economist riporta le voci sconsolate degli ucraini che hanno avuto a che fare direttamente con la politica militare di Zelenksy. La mobilitazione e soprattutto la smobilitazione sono diventate emblema della crescente frustrazione che molti ucraini sentono verso il loro governo. C’è un’impennata di rabbia da parte delle famiglie di coloro che erano partiti volontari per servire nei primi mesi della guerra e ora si ritrovano intrappolati nell’esercito, sembra ormai per tutta la durata del conflitto. Oggi viene fatta la massima attenzione per stabilire chi deve andare al fronte e chi no, chi lo ha evitato legittimamente e chi no. Intanto, chi combatte già da molti mesi si sente ignorato dalla politica e costretto a restare in prima linea.
A testimonianza di questa cupa atmosfera, la moglie di un soldato che ha combattuto e perso ad Avdeevka dice che il marito le ha raccontato la terribile delusione che provano i commilitoni, molti dei quali vorrebbero abbandonare la trincea. Le diserzioni sono in aumento. Gli obiettivi numerici della nuova legge sulla mobilitazione, siglata da Zelensky ad aprile, sono lontani dalla piena attuazione. Servirebbero 50mila uomini a trimestre, ma non si trovano. Il portavoce del Ministero della Difesa Dmitry Lazutkin ha lanciato un avvertimento inquietante ai concittadini, dicendo che dovranno essere pronti a fare sacrifici e a rinunciare alla loro vita pacifica per vincere la minaccia posta dalla Russia.
La battaglia politica di Inna Sovsun
Zelensky ha messo fuorilegge i partiti di opposizione e silenziato le voci dissidenti, ma lo scontento popolare è quasi al punto di ebollizione. Non si tratta di antipatie minoritarie. Sono questioni fondamentali per un Paese al quale hanno promesso l’ingresso nella UE e forse persino nella NATO. Una testimonianza qualificata è quella di Inna Sovsun, deputata del partito liberale europeista Holos. Parlamentare dal 2019, è stata anche viceministro dell’Istruzione. Un ricco curriculum che non l’ha favorita per niente: il compagno è partito volontario nel 2022 e non è ancora stato congedato, mentre l’ex marito è stato letteralmente preso per strada dagli ufficiali e spedito a combattere. Oggi la battaglia politica della Sovsun è rivolta all’ottenimento di parametri chiari e sicuri per i periodi di servizio attivo. Come scrive l’Economist, la sua amarezza riguarda l’ingiustizia di un sistema in cui alcuni fanno i sacrifici e molti altri no.
Mentre si cercano o si addestrano le reclute che sostituiranno o affiancheranno quelli in prima linea, i veterani non hanno più paura di lamentare la propria stanchezza. Monta in loro l’angoscia di sentirsi alienati da una classe politica che non vuole ascoltare. Ad essa si aggiunge il risentimento verso i civili che continuano a vivere e lavorare quasi come se nulla fosse, mentre al fronte si combatte e si muore. I soldati parlano di “un fallimento sociale e politico a cui seguirà quello militare”. Molti di loro criticano aspramente i compatrioti che sono riusciti a scappare all’estero e ora magari stanno vivendo in qualche Paese europeo.
Scontenti e disillusi da Zelensky e dai suoi “valori europei”
Un giovane di nome Serhii Hnezdilov, in servizio presso un’unità di droni, è entrato nell’esercito nel 2019 firmando un contratto triennale. Lo aveva fatto per convinzione patriottica, ma oggi è fra coloro che pretendono di sapere quando verranno finalmente congedati. Serhii era un attivista filo-europeo: ora dice di essere stufo dell’ipocrisia e della false promesse del governo, colpevole di aver tradito i tanto pubblicizzati valori europei e i diritti umani. Come molti altri che soffrono sul campo senza sapere se e quando torneranno a casa, anche lui crede che Zelensky abbia come priorità non tanto la vittoria, quanto il suo personale interesse politico a mantenere il potere. È ancora in carica grazie alla legge marziale da lui stesso emanata, ma il suo mandato è scaduto qualche mese fa. Per questo motivo sta cercando di non sottoporre alla mobilitazione i suoi potenziali elettori e sostenitori.
Il numero degli uomini che cercano di uscire abusivamente dal Paese va dai 120 ai 150 al giorno, riferisce il portavoce dell’autorità frontaliera Andrey Demchenko. Tutti i maschi fra i 18 e i 60 anni devono infatti rimanere in patria, dovendo rispondere all’eventuale chiamata alle armi. Ma da febbraio 2022 a oggi sono stati più di 23mila gli ucraini passati in Moldavia illegalmente. Purtroppo alcuni perdono la vita nel tentativo di varcare il confine. Nei giorni scorsi è morto un militare ucraino datosi alla macchia, a cui hanno sparato mentre insieme ad altri tre fuggitivi attraversava a piedi il confine, dalla regione di Odessa alla Moldavia.
Nessuna soddisfazione nemmeno da Londra
Zelensky non riceve più nemmeno all’estero le attenzioni e gli onori a cui era abituato. Il cambio di governo a Londra non ha migliorato la situazione, pur essendo il Regno Unito uno dei suoi principali sponsor a livello finanziario e militare. Il presidente ucraino ha già incontrato il neo premier britannico uscito dalle recentissime elezioni, il laburista Keir Starmer. Quest’ultimo si era espresso in modo ambiguo sull’utilizzo dei missili a lunga gittata Storm Shadow, che sono in grado di colpire obiettivi situati nel territorio russo, come la Crimea. Ma Downing Street ha emesso una notifica che chiarisce come la politica del governo britannico a questo proposito “non sia cambiata”, senza dare ulteriori dettagli di tipo operativo. Dunque non vi è l’assenso inglese a che gli ucraini prendano di mira i russi in casa loro usando i razzi donati da Londra.
Che umiliazione a Washington
Al summit NATO della scorsa settimana Zelensky non ha ricevuto il tanto atteso invito a unirsi all’Alleanza Atlantica. Non fa parte dei “falchi” bellicisti, ma è critico verso questo atteggiamento occidentale Benjamin H. Friedman, direttore del think tank “Defense Priorities”. Secondo lui è fonte di problemi questa falsa speranza di membership, che non fa altro che stimolare Kiev a combattere ancora e pure Mosca a insistere militarmente per evitare che l’eventualità dell’adesione si concretizzi. Friedman dice: Fingere che a un certo punto in futuro la NATO difenderà l’Ucraina o che Kiev potrà riconquistare tutti i suoi territori incoraggia l’Ucraina a persistere in una strategia di guerra che non sta funzionando.
A Washington, Zelensky ha vissuto un altro momento di umiliazione. Con la sua ennesima gaffe Biden lo ha ridicolizzato, confermando peraltro i suoi seri problemi cognitivi. Nell’invitarlo al suo podio, infatti, si è rivolto a lui chiamandolo… Putin! E ora voglio passare la parola al presidente dell’Ucraina, che ha tanto coraggio quanta determinazione. Signore e signori, il presidente Putin. Il pubblico ha cominciato ad applaudire in modo automatico, come se i presenti fossero poco attenti o molto imbarazzati. Biden si è poi corretto così: Il presidente Putin? Il presidente Zelensky! Sono così concentrato sullo sconfiggere Putin… Insomma, alla fine ha nominato tre volte il leader del Cremlino prima di dare finalmente la mano a Zelensky, il quale ha ovviamente cercato di ignorare l’accaduto.
Paura di Trump
Poco dopo Biden si è ripetuto alla grande. Ma come dicono i suoi paladini, ogni tanto una giornata storta capita a tutti, no? Alla domanda se la sua vicepresidente Kamala Harris sia adeguata a prendere il suo posto in caso di necessità, ha risposto piccato: Non avrei mica scelto il vicepresidente Trump se non fosse abbastanza qualificato a fare il presidente. Così, sul viaggio di Zelensky a Washington si stagliano i nomi di coloro che teme di più.
Nel caso di Trump, il problema sono le affermazioni ripetute sulla convinzione di poter “fermare la guerra in 24 ore” non appena verrà eletto. Senza contare poi la volontà di chiudere i rubinetti dell’assistenza militare e finanziaria, il che equivale a togliere a Zelensky il fondamento stesso del suo potere. È dunque naturale per quest’ultimo temere che l’ex presidente torni alla Casa Bianca. Ma dopo quanto accaduto in Pennsylvania, le chance di vittoria del candidato repubblicano sono ai massimi storici. Sale la pressione su Zelensky a livello interno e su quello internazionale cala visibilmente l’entusiasmo degli alleati. Le ultime settimane hanno rivelato la crescente frustrazione del popolo ucraino verso il governo di Kiev, mentre le elezioni in Europa non hanno portato alcuna novità positiva a Zelensky. E nel corso del summit NATO, Biden ha commesso la più clamorosa delle gaffe chiamandolo pubblicamente “Putin”.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.