“Il” o “la” Presidente del Consiglio, l’Italia ha perso il contatto con la realtà

“Il” o “la” Presidente del Consiglio, l’Italia ha perso il contatto con la realtà

1 Novembre 2022 0

Diventa veramente difficile sperare che l’Italia possa cambiare in meglio. Con la pandemia erano in tanti, troppi, ad averci sperato. “Ne usciremo tutti migliori” era il mantra che veniva recitato da quotidiani, programmi televisivi, frequentatori dei social. E invece neppure per sbaglio: l’Italia è sempre quella pre-Covid, anzi è persino peggiorata. L’esempio plastico è rappresentato dal surreale dibattito scaturito in queste ore a seguito dell’insediamento di Giorgia Meloni alla Presidenza del Consiglio.

Dal suo profilo Twitter, l’ex presidente della Camera ed esponente del PD Laura Boldrini tuona: “La prima donna premier si fa chiamare al maschile, il presidente. Cosa le impedisce di rivendicare nella lingua il suo primato? La Treccani dice che i ruoli vanno declinati“. E infine aggiunge: “Affermare il femminile è troppo per la leader di Fratelli d’Italia, partito che già nel nome dimentica le Sorelle?“.  Sono davvero questioni esistenziali, da non dormici la notte a pensarci bene! E pensavate forse che la polemica si fosse fermata qui? Assolutamente no. Sul web sono comparsi come funghi velenosi commenti sessisti di ogni specie sull’outfit scelto dalla Meloni per le consultazioni col presidente Mattarella. Tra i tanti citiamo: “Possibile che nessuno abbia avuto l’idea di fare un corso accelerato di eleganza e portamento, alla Meloni, che durasse il tempo dell’insediamento a Palazzo Chigi? Sembra una scaricatore di porto, vestito a festa“. “Il vestito nero indossato dalla Meloni nel giorno del giuramento: il colore è interessante e ci ricorda l’orbace autarchico del passato”. In questo caso la neo premier sarebbe rea di non aver rispettato i canoni della femminilità doc, avendo colpevolmente deciso di indossare un tailleur nero con camicia nera. E poco importa che l’abito sia stato disegnato da uno sconosciuto stilista, tale Giorgio Armani, che tra l’altro è uno degli ambasciatori del Made in Italy nel mondo… Ancor peggio è toccato alla figlia di sei anni, che quando sarà grande sarà titolata a muovere causa contro mamma Giorgia poiché secondo un utente del web “Il vestito della figlia della Meloni è quello che metteva la mia bisnonna a sua figlia nel 1915“. Che poi si decidessero i radical chic italiani: siamo entrati finalmente nell’epoca della fluidità sessuale oppure abbiamo il dovere estetico di rispettare gli stereotipi della donna del Novecento? 

Tralasciando le battute, ci troviamo di fronte a un coacervo di corbellerie di nessuna importanza per il futuro degli italiani. Purtroppo tali idiozie vengono diffuse ed elevate grazie alla complicità di una stampa nazionale totalmente in declino, la quale dà spazio agli haters istituzionali invece che occuparsi dei problemi reali del Paese. Giorgia Meloni ha deciso di anteporre “il” al posto di “la” davanti alla locuzione Presidente del Consiglio? È un evento eccezionale! E allora giù con le disamine imbarazzanti da parte di politici, giornalisti, linguisti, psicologi e pedagoghi per apostrofarne in positivo o in negativo la scelta, ovviamente a seconda della curva occupata come tifo. Certo, è giustissimo dedicarsi alle analisi approfondite su una questione così rilevante come la scelta dei determinativi sui titoli e sui ruoli istituzionali. D’altra parte, è da anni che in Italia contano solo i titoli, perché dello svolgimento effettivo degli stessi non se ne cura più nessuno, tranne ovviamente quando non venga toccato il proprio orticello. E infatti i risultati si vedono. 

L’Italia è un Paese tecnicamente morto, a cui però nessuno per accanimento terapeutico ha il coraggio di staccare la spina. Uno Stato concentrato sulla forma e non sulla sostanza; sull’apparire e non sull’essere; sulle virgole e non sui punti a capo. E quando si parla di Paese allo sfascio, si parla di tutto il Paese, non solo del mondo politico: ogni articolazione della nostra società è malata. E le rarissime eccezioni confermano ancora una volta la regola. In un mondo dove sono in aumento i suicidi causati dalla recessione e dalle misure di contenimento della pandemia, dove si è in bilico fra una nuova guerra fredda e un nuovo conflitto mondiale, dove la denatalità sta raggiungendo livelli record, dove si sta tornando agli egoismi nazionali e pure a quelli sovranazionali, dove le scelte industriali di pochi Paesi causano migliaia di morti nei Paesi in via di sviluppo, è normale che si perda tempo prezioso su questioni linguistiche e sul modo di vestire di un neo Presidente del Consiglio? No, non lo è, ma è necessario un esame di coscienza collettivo e serio: perché con gli “il” e i “la” fra qualche mese non si pagheranno le bollette, non si riattiverà l’ascensore sociale, non si creeranno nuovi posti di lavoro, non si eviterà la fuga dei giovani – quei pochi che abbiamo – all’estero. Questi sì sono problemi che segnano intere generazioni di italiani, e che le hanno fatte precipitare in un drammatico nichilismo.

Marco Fontana
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