Il film candidato Oscar “Le filles d’Olfa” vince il Cesar Awards, conversazione con la stella tunisina Ichraq Matar
“Les Filles d’Olfa” (Four Daughters) della regista tunisina, Kaouther Ben Hania, già candidato all’Oscar, ha vinto il premio come miglior documentario ai César Awards, l’equivalente francese degli Academy Awards. La cerimonia, che ha incoronato “Anatomy of a Fall” come miglior film, si è svolta venerdì sera al Teatro Olympia di Parigi. La vittoria per il film girato in Tunisia arriva nel bel mezzo della votazione finale per l’Oscar, che durerà fino alle 17:00 di domani.
Nel ritirare il premio, Ben Hania, nata a Tunisi, ha rivolto la sua attenzione alla disastrosa situazione umanitaria nella Striscia di Gaza. “Les Filles d’Olfa” ha già vinto tre premi al Festival di Cannes ed è stato premiato come miglior film internazionale al Festival del cinema di Monaco. Il film, entrato nella short list finale dei cinque migliori documentari candidati al premio Oscar, è uno sguardo intimo sulla vita di Olfa, una madre tunisina di quattro figlie, due delle quali sono misteriosamente scomparse.
Per raccontare la storia di Olfa e delle sue figlie, la regista si avvale di attrici professioniste, tra cui Hend Sabri, Nour Karoui e Ichraq Matar, e mette in atto un dispositivo cinematografico unico, mescolando documentario e finzione. In attesa del prossimo appuntamento, la Notte degli Oscar, il 10 marzo, al Dolby theatre di Los Angeles, per la cerimonia di premiazione, abbiamo incontrato a Tunisi, Ichraq Matar, reduce del grande successo dell’Opera Carmen di Sufien Abou Lagraa.
Ichraq Matar è una delle stelle più luminose del teatro e del cinema ‘Made in Tunisia’. Con i capelli ricci, come la criniera di una leonessa e due occhi profondi è entrata nel cuore del pubblico internazionale per la sua interpretazione ricca di pathos. “Nella vita di un attore o di un’attrice un’esperienza del genere non capiti spesso”. Ci confessa parlando di “Les filles d’Olfa” aggiungendo che “Già durante le riprese era abbastanza speciale, era qualcosa di diverso. Non c’era uno scenario classico e normale in cui ci sono scene e personaggi ben scritti. La scaletta teneva conto solamente delle fasi della vita di questa famiglia. Abbiamo girato interamente a Tunisi. I personaggi non erano finzione, ma persone reali, la storia è vera. Ed i veri protagonisti erano con noi durante le riprese. Solitamente un attore quando deve preparare il suo personaggio legge la sceneggiatura, poi se ha domande chiede al regista per capire meglio. Lì invece il personaggio esiste ed era a fianco a me. Anche se interpreto il ruolo della ragazza che è in prigione, c’erano la madre e le sorelle con noi, alle quali ho fatto molte domande. È stato come un laboratorio terapeutico per la famiglia, mentre per me è stata una sfida perché è la prima volta che interpreto il ruolo di una persona che esiste davvero ed è in vita. Ho sentito anche una certa responsabilità. Ma quello che mi è piaciuto di più è stato poter parlare di argomenti delicati. Soprattutto noi donne per farlo, dobbiamo sentirci sicure e Kaouther Ben Hania è riuscita a creare uno spazio sicuro durante le riprese in modo da poter parlare liberamente e senza paura di essere giudicate o fraintese. Non c’era giudizio, c’era molta gentilezza e sorellanza”.
“Il film ha avuto una traiettoria piuttosto magnifica – nota ancora l’attrice con gli occhi pieni di emozioni – tutto è iniziato con il Festival di Cannes nella competizione ufficiale. È stato il primo film selezionato nel concorso ufficiale dopo 50 anni. Poi è stato nominato agli Oscar. Ha avuto moltissimi premi. Ha partecipato a moltissimi festival. Ogni volta sentiamo parlare di un premio o di una nomination ad un festival. Quindi è fantastico”. Ma ciò che l’ha colpita maggiormente è stato “l’impatto del film sulla famiglia perché il rapporto della madre con le sue figlie non è più lo stesso dall’inizio delle riprese. Scena dopo scena, ho visto dei miglioramenti nel rapporto di Olfa con le sue figlie”. Arte dunque come mezzo terapeutico. Ma il suo percorso verso il successo è stato segnato anche da sfide e ostacoli, come donna, nata e cresciuta in una città come Sfax nel centro sud della Tunisia. Ha dovuto lottare contro pregiudizi e stereotipi come lei stessa racconta: “Essere un’attrice, un’artista in questa società non è facile. La famiglia non incoraggia i propri figli a intraprendere la carriera nel mondo dello spettacolo perché viene visto come un mestiere che non dà da mangiare. Ho dovuto imporre le mie scelte, ho dovuto assumermi le mie responsabilità molto presto e avere la mia indipendenza per poter fare quello che voglio. Oggi sì la mia famiglia ne è orgogliosa, ma all’inizio non è stato affatto facile. Ci sono persone che hanno una cattiva idea dell’arte, come se non fosse un campo molto pulito o sano, quando questo non è vero, è solo pregiudizio”.
Ma è sicura che tutto può cambiare. “La gente prima o poi finirà per accettare, o almeno rispettare. Bisogna lottare per le proprie idee, per i propri sogni. Combattere sempre perciò in cui si crede per vedere il cambiamento nel mondo”. Ribadisce Ichraq Matar, confermando che con “Carmen” ha potuto imparare tantissimo, come decifrare uno spartito, cantare nuove tecniche. Ed ha voglia di continuare ad apprendere perché di “imparare non si finisce mai, nuovi brani, canzoni, epoche, stili. L’importante è fare tutto con amore e generosità”.
Vanessa Tomassini è una giornalista pubblicista, corrispondente in Tunisia per Strumenti Politici. Nel 2016 ha fondato insieme ad accademici, attivisti e giornalisti “Speciale Libia, Centro di Ricerca sulle Questioni Libiche, la cui pubblicazione ha il pregio di attingere direttamente da fonti locali. Nel 2022, ha presentato al Senato il dossier “La nuova leadership della Libia, in mezzo al caos politico, c’è ancora speranza per le elezioni”, una raccolta di interviste a candidati presidenziali e leader sociali come sindaci e rappresentanti delle tribù.
Ha condotto il primo forum economico organizzato dall’Associazione Italo Libica per il Business e lo Sviluppo (ILBDA) che ha riunito istituzioni, comuni, banche, imprese e uomini d’affari da tre Paesi: Italia, Libia e Tunisia. Nel 2019, la sua prima esperienza in un teatro di conflitto, visitando Tripoli e Bengasi. Ha realizzato reportage sulla drammatica situazione dei campi profughi palestinesi e siriani in Libano, sui diritti dei minori e delle minoranze. Alla passione per il giornalismo investigativo, si aggiunge quella per l’arte, il cinema e la letteratura. È autrice di due libri e i suoi articoli sono apparsi su importanti quotidiani della stampa locale ed internazionale.