I mercati petroliferi sentono la pressione del dollaro in attesa delle prossime sanzioni anti-russe

I mercati petroliferi sentono la pressione del dollaro in attesa delle prossime sanzioni anti-russe

30 Settembre 2022 0

Proponiamo l’analisi della situazione sui mercati petroliferi fatta Osama Suleiman per il quotidiano finanziario saudita “al-Eqtisadiah”.

I prezzi del petrolio hanno esordito all’inizio della scorsa settimana con un abbassamento dovuto all’aumento della volatilità, al rafforzamento del dollaro e all’attesa per i dettagli sulle nuove sanzioni occidentali contro la Russia. Il divieto sul trasporto di greggio via mare entrerà in vigore a dicembre di quest’anno e quello sul trasporto via mare dei derivati a febbraio del prossimo anno. L’embargo europeo, insieme all’allentamento delle restrizioni per il COVID-19 in Cina e al recupero della domanda, regalano un sostegno temporaneo ai prezzi del petrolio. Gli analisti prevedono che le forniture del petrolio americano all’Europa aumentino dopo l’entrata in vigore dell’embargo su quello russo: gli Stati Uniti pianificano di fornire all’Europa più di un milione di barili al giorno al posto dei russi. Però i produttori americani hanno avvertito gli importatori di non contare su un aumento significativo delle forniture, perché la produzione sta crescendo con tempistiche moderate.

In un’intervista ad al-Eqtisadiah, il ricercatore dell’Istituto di studi internazionali di economia di Vienna Robert Starer ha spiegato che nei calcoli globali viene prevista la crescita dei prezzi del petrolio a fronte dell’atteso deficit di offerta sul mercato mondiale. L’embargo europeo potrebbe ridurre l’export di petrolio russo di 2,4 milioni di barili e di conseguenza il deficit di petrolio diventerebbe in qualche misura inevitabile. Ha inoltre precisato che la domanda rimarrà stabile, ma alla data di applicazione dell’embargo restano soltanto due mesi. I prezzi rimbalzeranno verso l’alto perché le fonti alternative sono poche e gli USA dovranno a un certo punto iniziare a reintegrare le proprie riserve strategiche, che si sono significativamente consumate. Rudolf Huber, analista del settore energetico, ha detto: Le riserve di petrolio negli USA sono diminuite di altri sette milioni di barili e oggi ammontano a 427 milioni, una cifra che costituisce il minimo dal 1984. L’Amministrazione americana dice di non avere intenzione nel breve termine di colmare le riserve strategiche, mentre il Dipartimento dell’energia ha smentito le voci secondo cui si inizierà a riempire le riserve quando i prezzi del greggio scenderanno sotto gli 80 dollari al barile. Matthew Johnson, analista della società di consulenza internazionale Oxera, ha dichiarato che l’Europa subirà uno shock se gli americani non la aiuteranno, ma crede che gli USA non potranno dare tutto il gas e il petrolio necessari, dunque la situazione si aggraverà.

I Paesi occidentali stanno aumentando la pressione sugli acquirenti di petrolio russo, cercando di imporre un tetto ai prezzi, misura approvata dai Paesi del G7. La Russia a sua volta ha parlato di un’interruzione dell’export di petrolio sui mercati mondiali in caso di tetto massimo ai prezzi, cosa che porterebbe alla riduzione della domanda. Lisa Aksoy, analista cinese ed esperta di energetica, dice: La domanda rimane alta e i prezzi si mostrano nuovamente in crescita. Le economie che dipendono dall’oil&gas non abbonderanno queste fonti ancora per molti decenni. Mi riferisco in primo luogo all’Europa, che sta cercando di passare a sorgenti alternative e di ridurre le emissioni carboniche. Evitare lo shock nelle condizioni attuali è difficile, e gli USA non possono contare a lungo sulle proprie riserve strategiche. La società olandese Vitol ha confermato che dopo l’introduzione delle sanzioni la Russia ha rediretto il suo petrolio verso est (India e Cina), vendendolo scontato e che sta anche cercando nuovi mercati di sbocco.

I prezzi del petrolio sono crollati al minimo negli ultimi nove mesi a causa del rafforzamento del dollaro e dell’incertezza sulle prossime sanzioni anti-russe. Il prezzo dei future sul petrolio Brent fornito a novembre è sceso sotto gli 85 dollari al barile per la prima volta dal 14 gennaio di quest’anno. I future sul petrolio West Texas Intermediate (WTI) fornito a novembre sono scesi di 90 centesimi (1,1%) fino a 77,21 dollari al barile per la prima volta dal 6 gennaio di quest’anno. Al termine delle contrattazioni dello scorso venerdì, i contratti sono caduti di prezzo del 5%. L’indice DXY, che mostra il rapporto del dollaro USA rispetto al paniere delle altre sei valute principali, ha toccato il massimo degli ultimi venti anni. Il dollaro forte, di regola, abbassa la domanda del petrolio comprato in valuta americana.

Il conflitto russo-ucraino ha creato seri rischi per il mercato petrolifero. L’Unione Europea ha deciso un embargo sul petrolio russo che entrerà in vigore a dicembre, mentre il Paesi del G7 si sono accordati per un tetto al suo prezzo, il che potrebbe condurre a un deficit. L’aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali di molti Paesi consumatori di petrolio ha provocato preoccupazione riguardo al rallentamento della crescita economica, che potrebbe causare un abbassamento della domanda. I mercati sono fermi in attesa della prossima seduta dell’ОPEC+, indetta per il 5 ottobre. È già stato reso noto che l’OPEC+ ha deciso di ridurre le estrazioni a ottobre di 100mila barili al giorno. A settembre, i Paesi dell’ОPEC+ hanno estratto molto meno greggio di quanto previsto, il che significa che qualunque riduzione ulteriore non avrà un impatto sostanziale sulle forniture.

Redazione Strumenti Politici
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