Etiopia, continua il massacro nel Tigray

Etiopia, continua il massacro nel Tigray

14 Agosto 2021 0

Ormai è da mesi che continua la guerriglia in Etiopia, andiamo indietro nel tempo per capire da dove inizia tutto ciò.

IL 4 settembre 1974, un gruppo di sette studenti universitari, fonda un movimento politico clandestino, il TNO – Organizzazione Nazionale Tigrina (Tigrayan National Organization). Lo scopo di questa organizzazione era di combattere il regime feudale, del Negus Haile’ Sellassie’. Quando il Derg “Regime Militare Socialista Etiopico” prese il controllo del paese il TNO affermò che la lotta armata era l’unico modo per porre fin al regime e ristabilire la democrazia. Per questo motivo cambiò nome in TPLF stabilendo la loro prima base militare a Dedebit, creando forti legami con i movimenti ribelli Eritrei, che gli fornirono sostegno logistico e materiale. Nel febbraio 1976 il TPLF pubblica un manifesto ideologico, che prevede la secessione del Tigray dall’Etiopia e la formazione di una repubblica indipendente democratica. E’ proprio da questo momento che iniziano le prime azioni militari dei ribelli, tra cui la liberazione di 60 detenuti e l’assalto di una banca con l’uccisione di quattro poliziotti. Nei mesi successivi il fronte continuò in scaramucce e battaglie isolate. A fronte di queste azioni il DERG reagì, scatenando una grande campagna militare per scovare i ribelli. Il tutto provocò la rabbia della popolazione contro i militari, con un susseguirsi di scontri. Nel Settembre del 2020 il Tigray, chiede di poter organizzare le elezioni Regionali. Nonostante il divieto del Governo Centrale le elezioni vennero organizzate e 2,7 milioni di persone affollarono i seggi. Il Primo Ministro Abiy Ahamed da subito però aveva chiarito che il Governo Federale centrale, non avrebbe riconosciuto i risultati delle elezioni.

Già nel mese di giugno, almeno secondo quanto testimoniato da Nigrizia, una delegazione dell’intelligence etiopica si era recata a Sarajevo e Belgrado, per acquisire le attrezzature militari per sostenere una vera e propria guerra a partire dai sistemi tecnologici anti drone, sistemi di comunicazione tattica e molto altro.

Foto – La distruzione nel Tigray

L’obiettivo era mettere i militari della forza della difesa nazionale etiopica nelle condizioni di rispondere agli attacchi dei ribelli nella regione settentrionale del Tigray. Negli ultimi giorni sembra, secondo fonti non confermate, che proprio Abiy Ahmed, che oltretutto nel 2019, ha ricevuto il premio Nobel per la pace, abbia scatenato la guerra civile nel suo paese. I soldati ammazzati sarebbero più di 1200 per via della loro appartenenza etnica. Si parla di un vero e proprio eccidio, che molto probabilmente finirà sul tavolo della Corte Penale Internazionale, specializzata in Crimini di Guerra, Crimini contro l’umanità e genocidi. Il 10 agosto l’ufficio del Primo Ministro Ahmed, ha esortato tutti gli etiopi in forza a unirsi all’esercito, alle forze speciali e alle milizie, per sostenere, la lotta contro i ribelli del Tigray. Tutto questo malgrado il Governo abbia dichiarato il cessate il fuoco unilaterale nella regione del Tigray il 28 giugno, dopo che le forze del Tigray hanno riconquistato la capitale regionale Mekele. Secondo le Nazioni Unite i combattimenti si sono estesi alle regioni limitrofe di Amhara e Afar, provocando lo sfollamento di circa 170mila persone. Fonti indicano che le forze del Tigray continuano ad ingaggiare combattenti dalle truppe delle regioni confinanti, malgrado gli appelli della Comunità Internazionale a non espandere il conflitto nel resto del paese. Verso la fine di luglio sono stati trovati circa 50 corpi nel fiume Gash-Setit, uccisi con armi da fuoco e macete. Il fiume è al confine tra i territori controllati dalle forze del Tigray e quelli Amhara , alleati delle truppe di Addis Ababa nel conflitto che si consuma da novembre nel nord del paese. Questo fiume si trova in una posizione strategica, in quanto segna il confine tra Eritrea e Etiopia , in un altro punto tra Etiopia e Sudan.

Il 12 agosto anche l’Unesco – Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione la scienza e la cultura, è intervenuta in quanto molto preoccupati per la sorte della citta Lalibela, che si trova nella regione di Amhara, patrimonio mondiale dell’umanità dal 1978.

Foto – Vista dalla Chiesa Alta di Lalibela, Etiopia

In questa città ci sono chiese cristiane, ortodosse e copte, scavate nella roccia da oltre sette secoli. L’Unesco ha lanciato un appello chiedendo ai contendenti di astenersi da ogni atto che possa danneggiare questo luogo di pellegrinaggio e di pace. La Libela si trova a 680 chilometri a nord di Addis Abeba e viene  anche chiamata la Gerusalemme di Etiopia. Circa una settimana fa le forze della liberazione del  Tigray hanno invaso la città. Soldati combattenti si sono mobilitati per fermare l’avanzata dei ribelli, ma testimoni riferiscono che la città di Libella è caduta. Circa quattro milioni di persone, secondo le Nazioni Unite , stanno affrontando un’emergenza alimentare senza precedenti nella zona.  Il capo umanitario delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, davanti ai giornalisti ad Addis Ababa ha dichiarato  

dovremmo avere cento camion al giorno per soddisfare solo i bisogni di base” aggiungendo che questa cifra è stata esattamente calcolata e non stimata.

Il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia –  UNICEF –  ha affermato che più di centomila bambini del Tigray potrebbero soffrire di malnutrizione grave nei prossimi dodici mesi . L’8 agosto, il Sudan ha richiamato il proprio Ambasciatore in Etiopia, a causa del rifiuto della stessa dell’offerta Sudanese di mediazione. Sulla situazione del Tigray è intervenuta anche L’IGAD Autorità Intergovernativa per lo sviluppo, un gruppo che comprende Kenya, Etiopia, Uganda, Gibuti, Sudan e Somalia. Questo perché il conflitto nella regione Etiope del Tigray ha causato un flusso di circa 53.400 rifugiati dalla fine del 2020. Le prospettive non sono delle migliori, in quanto il governo etiopico ha dichiarato che i combattimenti continueranno fino a quando riusciranno a riportare i confini come erano prima del conflitto .

Felicia Bello
FeliciaBello

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