Esercito e armamenti ucraini, un mix tra vecchi armamenti sovietici e “rimesse” estere

Esercito e armamenti ucraini, un mix tra vecchi armamenti sovietici e “rimesse” estere

20 Febbraio 2022 0

Con riferimento al conflitto nel Donbass e al rischio di un suo inasprimento e poi di una sua estensione dal Baltico al Mar Nero, sui media mainstream viene spesso esaltata o sminuita la capacità militare della Federazione Russa così come quella della NATO. Relativamente poco spazio viene dato invece all’altra forza che opera effettivamente sul campo, cioè quella ucraina. Presentiamo perciò l’analisi di Aleksandr Dolbysh per ANNA-News, in cui spiega le condizioni delle Forze armate ucraine elencando gli armamenti di cui dispongono con i rispettivi pregi e difetti.

L’attuale esercito dell’Ucraina costituisce un ibrido in cui si trovano vecchi armamenti sovietici, una parte non grande di armamenti propri di livello mediocre e alcune quote di armamenti provenienti dall’estero; l’Ucraina è in una fase di crisi delle sue Forze armate (ZSU). Di anno in anno l’eredità sovietica diminuisce per il progressivo esaurimento del ciclo di vita dei modelli, mentre l’industria nazionale non è in condizioni di coprire le necessità dell’esercito: la Ukroboronprom, (il consorzio statale di aziende produttrici di armi e attrezzature militari, N.d.T.) può di fatto costruire soltanto prototipi e consegnare piccoli lotti di forniture. Gli aiuti stranieri hanno un’influenza molto limitata; in generale, l’Ucraina acquista o riceve sotto forma di aiuto vecchi modelli di armi che raramente si rivelano migliori dei loro analoghi sovietici. Una situazione estremamente grave si può osservare anche con riferimento al numero degli effettivi. Secondo le statistiche del 2019, le perdite degli uomini non impiegati in combattimento sono risultate due o persino tre volte superiori rispetto a quelli combattenti. In molte unità si verificano seri problemi di alcolismo e di atteggiamenti non regolamentari fra i militari in servizio. L’esercito ucraino è stanco di una guerra interminabile. Il passaggio a un esercito composto esclusivamente di professionisti, di cui parlavano Pero Poroshenko e Volodymyr Zelensky, è fallito. Sia nei reparti avanzati che in quelli nelle retrovie si hanno gravi insufficienze nel numero degli effettivi: alla fine, al Ministero della Difesa hanno iniziato a pensare seriamente all’abbassamento dell’età per il reclutamento da venti a diciotto anni.

Se consideriamo le armi da tiro per la fanteria, anche qui la situazione non è rosea. Le Forze armate ucraine (ZSU) hanno di fatto tutte quelle armi da fuoco che sono riuscite a prendere dai magazzini per la lunga conservazione: oltre a quelle che risalgono ai tempi dell’URSS, le ZSU presentano persino “pezzi da museo” come le mitragliatrici Maxim e le mitragliatrici pesanti DŠK. I tentativi di deviare dagli standard della NATO sulle armi portatili sono andati male, ma l’Ucraina semplicemente non ha mezzi economici sufficienti per un riarmamento di tali dimensioni. Tuttavia, i politici ucraini periodicamente si mettono a parlare della necessità di rimodernamento basato sulle armi della NATO, così la Ukroboronprom si è interessata alla possibilità di montaggio con licenza dei fucili automatici americani WAC47, ma finora non è stato dato alcun seguito a questa idea. L’arma straniera più diffusa nell’esercito ucraino è il fucile d’assalto Fort-221, assemblato su licenza israeliana, ma a dire la verità quest’arma è stata vista più che altro alle parate, perché l’esercito ucraino ne possiede appena qualche centinaio: il Fort-221 non è praticamente ancora comparso al fronte.

Miglioramenti di rilievo si sono avuti per le capacità della fanteria di contrastare i tank. Oltre ai vari missili e lanciagranate anticarro lasciati dall’URSS, nelle Forze armate ucraine sono iniziate le forniture di armamenti di produzione straniera: fra le armi anticarro inviate in Ucraina si annovera l’PSRL-1, copia americana dell’RPG-7, a detta dei suoi progettisti capace di sparare di più rispetto all’RPG classico avendo pure un design migliore. La versione lanciagranate PSRL-2 più avanzata non è stata però ancora venduta dagli USA all’Ucraina. Un’altra novità arrivata dall’America è l’arma antitank Javelin, che ha notevolmente aumentato le capacità anticarro delle ZSU; i vertici USA hanno comunque vietato di impiegare questo complesso durante la tregua, quindi l’acquisto del Javelin ha rappresentato soprattututto un fattore mediatico. L’arma anticarro interamente ucraina Stugna-P viene fornita alle ZSU dal 2015; nel 2018 il numero di questi complessi ha superato le duecento unità, che sono state impiegate in combattimenti di carattere locale nel Donbass e hanno aumentato considerevolmente le perdite dei ribelli per quanto concerne gli effettivi e i materiali bellici.

Tra i mezzi di supporto alla fanteria sul campo di battaglia, la preferenza maggiore è andata all’acquisto di veicoli blindati, affidandosi sia al complesso militare-industriale nazionale che agli aiuti stranieri. Il principale autoblindo giunto dall’estero è l’Hummer. Alle ZSU ne sono arrivati a decine di quelli appartenenti all’esercito americano: si tratta sia di normali veicoli di pattugliamento con in più la possibilità di piazzarvi degli armamenti, sia di auto di soccorso medico per l’evacuazione dei feriti dalla linea di fuoco. In totale sono stati forniti circa cento esemplari di Hammer sia con funzioni di ricognizione sia con funzioni di ambulanza. Non appena sono giunti, però, si è posto il problema della loro manutenzione e riparazione, perché erano assai logorati. I militari ucraini non avevano pezzi di ricambio a sufficienza per le necessità dei veicoli stranieri, e nemmeno esperienza o strumenti. Allo stesso tempo hanno iniziato ad arrivare regolarmente anche blindati di fattura ucraina come il Dozor-B, il Kazak-2, il Varta, lo Spartan e il Coguar. Nel complesso, alle ZSU sono arrivati più di duecento blindati di costruzione nazionale. Il loro impiego al fronte ha mostrato una serie di difetti: gli Spartan sono poco affidabili e praticamente non riparabili nelle condizioni reali di un campo di operazioni, mentre il Varta viene considerato dai soldati ucraini troppo ingombrante e pesante da guidare. Dopo i primi mesi di utilizzo, metà delle macchine fornite era già guasta. Al Dozor-B, invece, durante il suo impiego ha iniziato banalmente a sfasciarsi la corazzatura. Alla fine, il Ministero della Difesa ha smesso di acquistarli, dichiarando di voler comprare gli Oncilla, veicoli polacchi di classe analoga. Ottime aggiunte per l’esercito ucraino sono stati gli autoveicoli Bogdan per finalità di soccorso medico: ne sono stati presi più di cento pezzi. Il Bogdan si è rivelato una delle novità di maggior valore per le forze ucraine. 

I principali veicoli per il trasporto truppe (VTT) dell’esercito ucraino sono diventati il BTR-80 e il BTR-70, perché a causa della mancanza di mezzi corazzati da trasporto sono stati levati dai magazzini anche i BTR-60, considerati vecchi già ai tempi dell’URSS. Le uniche novità sono state il BTR-3 e il BTR-4. Tuttavia per i bisogni dell’esercito ne sono state comprate non più di cento unità, mentre la loro produzione è stata accompagnata da scandali e critiche. I nuovi VTT ucraini sono diventati noti quando durante il loro impiego la blindatura ha iniziato a deformarsi e  la corazza non reggeva i colpi dei missili anticarro. Nel 2019 scoppiò il caso dell’acciaio scadente usato per la fabbricazione dei mezzi corazzati di trasporto truppe: dopo questa scoperta, la fornitura dei VTT di produzione nazionale è stata bloccata del tutto. Il presidente Zelensky dichiarò di essersi accordato con il Canada per l’acquisto di mezzi della serie LAV, ma a fino ad ora non si sono avute altre notizie su questo affare.

Le cose vanno ancora peggio per quanto riguarda i veicoli da combattimento per la fanteria. La quota maggiore nell’esercito ucraino spetta tuttora ai BMP-1 e BMP-2 di fattura sovietica. Dopo le pesanti perdite di BMP-2 nel Donbass, le autorità sono state costrette a prendere dagli hangar i BMP-1 e darli alle truppe combattenti. Nei fatti, però, non vi è stato alcun miglioramento delle tecnologie fornite all’esercito. Anche se di anno in anno la Ukroboronprom ha portato alle fiere di settore diversi modelli di BMP-1 e BMP-2 con una corazza rinforzata e con armamenti aumentati, alle truppe vanno i modelli di base dotati di allestimenti sovietici. Le autorità ucraine volevano compensare le insufficienze dei BMP con delle forniture di BMP-1 AK dalla Repubblica Ceca, copie autorizzate dei BMP-1 sovietici. Dopo che l’Ucraina ha ricevuto qualche decina di BMP-1 AK, è scoppiato l’ennesimo scandalo. I giornalisti hanno accusato i funzionari statali di aver comprato i veicoli stranieri a prezzi gonfiati e di aver effettuato ampie ruberie sui contratti di acquisto. Dopo un tale clamore sulla vendita dei BMP-1 AK, la Repubblica Ceca ha deciso di tenersi alla larga da questa vicenda. Alla fine l’Ucraina ha continuato a usare i vecchi BMP-1 sovietici, mettendoli gradualmente da parte a causa di guasti e del consumo delle risorse.

Nel Donbass, i mezzi corazzati della ZSU hanno subito perdite sensibili nel corso delle azioni militari. Alla fine, a causa delle perdite sono venuti gravemente a mancare i carri armati fondamentali dell’esercito ucraino, cioè i Т-64. Per ripianare i vuoti lasciati da queste perdite, i vertici hanno dovuto prendere dagli hangar i carri da combattimento Т-72 e Т-80. La messa in funzione di tank di altro tipo ha richiesto molti sforzi finanziari al Ministero della Difesa ed è stata accompagnata da una serie di scandali. Così, durante le riparazioni del Т-80 sono stati messi sui carri motori di scarsa qualità, e come effetto diversi tank si sono ingolfati durante le esercitazioni al poligono. Al tempo stesso, poi, è stata messa una croce sopra al destino del carro ucraino BM Oplot, che si è rivelato troppo costoso per l’esercito. Alle ZSU hanno così continuato ad arrivare i Т-64 provenienti dagli hangar, per nulla modernizzati o ancora con dotazioni di epoca sovietica. Alla fine gli ucraini hanno deciso di modernizzare il Т-64 fino al livello dei modelli del 2017, ovvero i T-64 dovevano essere portati al pari delle versioni più economiche del Т-64BV.

La situazione è la stessa anche nei reparti di artiglieria. Dai magazzini hanno preso tutto quello che poteva sparare, con tutti i calibri a disposizione, sia gli obici 203mm modello B-4 sia gli 850mm D-48. In pratica alle unità di artiglieria sono stati dati tutti i lanciarazzi multipli, le bocche da fuoco e i cannoni semoventi ereditati dall’URSS. Invece i mortai Molot da 120mm fatti in Ucraina sono stati tolti dalla produzione a seguito di fragorosi scandali. Sono attualmente in fase di test i complessi anti-nave Neptun e i lanciarazzi Vilkha, complessi missilistici ucraini destinati a soppiantare man mano quelli sovietici. Tuttavia, non è dato per il momento sapere né quando termineranno le prove né quanti pezzi andranno effettivamente alle ZSU. In questo momento la novità più rilevante per l’artiglieria, che ha già cominciato ad arrivare nelle mani dei soldati, è costituita dai mortai da 120mm Bars-8MMK, fabbricati su licenza spagnola e ottimi per essere messi velocemente in posizione, effettuare un attacco di artiglieria e abbandonare rapidamente la postazione. Ora le ZSU dispongono di sei mortai Bars-8MMK mobili. Gli americani hanno fornito qualche decina di postazioni radar per il contrasto all’artiglieria nemica. Uno di questi complessi è stato catturato dai ribelli durante la battaglia di Debaltseve, nel Donbass.

Vi sono poi altre due suddivisioni dell’esercito che l’Ucraina ha deciso di rifornire con gli stock di epoca sovietica: l’aviazione e la contraerea. I piloti e i manovratori dell’artiglieria antiaerea non hanno ricevuto né aiuti dall’estero né nuovi pezzi di fabbricazione nazionale. Così, della contraerea sono entrati a far parte, oltre agli S-300, i complessi missilistici antiaerei BUK-M1 e Tunguska, e i TopS-200 e Kub che erano già stati messi in pensione. Situazione analoga nell’aeronautica, dove hanno iniziato a sistemare e a rimettere in funzione i velivoli MiG-29Su-25Su-27 e L-39, tutti di origine sovietica, tranne l’L-39 fatto in Cecoslovacchia. In molti Paesi questi aerei vengono regolarmente tolti dal servizio perché ormai logorati e facilmente soggetti a incidenti. Dopo il fallimento della campagna militare del 2014 nel Donbass e dopo le pesanti perdite subite dall’aviazione, le Forze armate ucraine hanno smesso di impiegare i velivoli al fronte.

Ottimi successi sono invece stati conseguiti nello sviluppo dei droni di varie categorie. All’inizio del conflitto nell’est del Paese, l’esercito ucraino praticamente non disponeva di alcun drone. Sono stati i volontari i primi a entrarne in possesso, acquistando alcuni tipi di droni civili e passandoli alle formazioni combattenti. Dopo il raggiungimento della tregua e l’analisi dell’esperienza del loro utilizzo, le Forze armate hanno valutato le prospettive di questo genere di arma e dal 2015 è iniziato un lavoro molto attivo sulla creazione di unità dotate di aviazione teleguidata. Alcuni Paesi stranieri hanno dato il loro contributo: dagli USA sono arrivati più di 70 droni leggeri da ricognizione RQ-11, ma i produttori ucraini non sono rimasti indietro: le ZSU hanno acquistato circa 60 droni Spectator di fabbricazione nazionale, non meno di 5 droni Furija e alcuni PD-1. La riuscita migliore comunque si è avuta nel 2018 con la conclusione di un accordo con la Turchia per l’acquisto di droni d’attacco Bayraktar TB2: ne sono stati forniti 12. Questi droni sono stati usati per rendere più precisa la mira dell’artiglieria, per sganciare bombe e granate autoprodotte e per l’individuazione delle posizioni dei ribelli. Tutto ciò ha portato a un aumento delle perdite nelle file delle milizie separatiste sulla linea di contatto. La creazione di unità dotate di droni ha costituito uno dei successi nell’evoluzione delle Forze armate ucraine a partire dall’inizio del conflitto nel Donbass.

Martin King
Martin King

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