Erdoğan cerca di farsi spazio fra i grandi della politica mondiale grazie alla crisi ucraina

Erdoğan cerca di farsi spazio fra i grandi della politica mondiale grazie alla crisi ucraina

9 Aprile 2022 0

Proponiamo un’analisi della crisi ucraina fatta dal giornalista Dmitry Minin con riferimento agli interessi economici e geopolitici della sponda meridionale del Mar Nero. Ankara si sta distinguendo nel suo tentativo di diventare mediatore privilegiato fra Mosca e Kiev, mentre Erdoğan cerca di prendersi più meriti di quelli che ha davvero e di consolidare ancora di più il suo potere nel Paese. E Washington non è certo entusiasta dell’attivismo turco.

Nella singolare e tacita gara che si sta svolgendo fra i leader di Germania, Francia e Turchia per stabilire chi debba essere il mediatore principale per il raggiungimento di una conciliazione del conflitto ucraino, la prima posizione è stata conquistata palesemente da Recep Erdoğan: è stato infatti capace di far spostare il luogo dei negoziati dalla Bielorussia, dove gli ucraini rifiutavano categoricamente di recarsi, a Istanbul, e ha persino ottenuto un consenso preliminare da parte dei vertici di Russia e Ucraina a incontrarsi là anche per un eventuale accordo di pace, nel caso in cui si riesca a stipularlo. Per il momento, una delle ultime iniziative di Erdoğan non è stata effettuata, cioè l’evacuazione prevista per il 3 aprile degli stranieri “trattenuti come ostaggi” dal battaglione Azov (considerato in Russia alla stregua di estremisti e terroristi e quindi dichiarato fuorilegge) a Mariupol, attraverso la città di Berdyansk sotto il controllo delle Forze armate russe. L’evacuazione è stata invece ottenuta grazie alla sorprendente ostinazione del presidente Macron, fatto che ha generato non poche ipotesi sulla possibilità che da Parigi stesse in realtà cercando di tirar fuori un gruppo di “consiglieri” francesi rimasto “intrappolato” nella città. I due leader comunque si sono messi d’accordo. Occorre poi comprendere che sarebbe stato in ogni caso impossibile prenderli vivi, perché li avrebbero fatti fuori i loro ex compagni d’arme ucraini; durante l’evacuazione, però, il personale che serviva poteva essere individuato, ma all’Azov questo sembrava veramente troppo. Come dichiarato il Ministero della Difesa russo, il piano in questione è stato cinicamente fatto saltare dalla controparte ucraina: un tratto del percorso che porta alla città di Mariupol è stato ripetutamente oggetto dell’intensa pioggia di fuoco delle unità delle Forze armate ucraine e dei battaglioni nazionalisti, anche con colpi di mortaio e armi da sparo di grosso calibro.

I mass media turchi non smettono di lodare il loro presidente per i “risultati raggiunti” nella conciliazione russo-ucraina. Riportano orgogliosamente le parole dei giganti dell’informazione (tipo la CNN) sul fatto che la Turchia sia una grande potenza del Mar Nero e che il suo ruolo nella mediazione sia di altissimo livello. Citano le parole del giornalista tedesco Wolfram Weiner: ad organizzare i negoziati non sarebbero riusciti né Emmanuel MacronOlaf Scholz, né Israele, la Svizzera, il Papa e nemmeno l’ONU, ma solamente ErdoğanIl mondo guarda a Istanbul, ipse dixit. Viene detto anche che con l’invio di un messaggio speciale di ringraziamento la Russia ha espresso alta considerazione per il contributo dato dalla Turchia alla mediazione. Ma si levano comunque anche altre voci. Il giornale turco Evrensel ipotizza che una campagna di propaganda nel Paese venga svolta per glorificare Erdoğan come “leader di caratura mondiale” in relazione ai suoi “successi” di mediatore nella questione ucraina, cosa che gli serve per scopi di politica interna. È ciò a cui si riferiscono anche coloro che dicono che, secondo i sondaggi, dopo le trattative il livello di popolarità di Erdoğan e del suo Partito della Giustizia e dello Sviluppo è salito del 3%. Ma basterebbe citare anche solo uno slogan: se contro Erdoğan si uniscono non sei partiti di opposizione, come è oggi, ma persino sessanta, è comunque ormai impossibile rovesciarlo!

Tuttavia bisogna far notare che il ruolo di “mediatore principale” nella questione ucraina porta con sé determinati rischi. Si può finire per non guadagnare niente, ma al tempo stesso litigare con entrambe le parti in conflitto. Evrensel riporta come esempio la dichiarazione di Erdoğan sul raggiungimento del consenso durante i negoziati di Istanbul su quattro dei sei punti, che è stata sconfessata molto rapidamente dal Ministero degli Esteri ucraino. E subito dopo, le parole del portavoce ufficiale di Erdoğan Ibrahim Kalin a proposito della “annessione” della Crimea sono state criticate dal Ministero degli Esteri russo. I rischi per la Turchia aumentano anche a causa del fatto che l’Ucraina vorrebbe vederla secondo un accordo in qualità di uno dei futuri “garanti” della sua sicurezza, ma da ciò si discostano persino gli Stati Uniti. Ed è per una buona ragione che Erdoğan dice che Ankara sta valutando la possibilità di diventare garante per l’Ucraina in un futuro accordo di pace ma che per fare ciò è necessario specificare alcuni dettagli. Peraltro, Washington non è proprio entusiasta dall’attività mediatrice di Ankara, dalla quale vorrebbe vedere in primo luogo una posizione più orientata in favore degli USA e della NATO. A proposito, all’ultimo summit NATO del 24 marzo il presidente Biden non ha voluto incontrare Erdoğan, nonostante la “leadership mediatoria” di quest’ultimo nella questione ucraina.

Ma non solo la “gloria mondiale” attira Erdoğan verso il tema dell’Ucraina. Dopo la fine dei negoziati di Istanbul, l’inviato ucraino David Arakhamia ha affermato che la sua delegazione sarebbe rimasta lì anche per condurre le trattative sulla cooperazione militare e tecnologica col governo turco, e nessuno ha detto niente di contrario. A Kiev interessano sempre i droni “Bayraktar”. La celebre conduttrice televisiva turca Ayşenur Arslan del canale Halk TV ha affermato in diretta che il presidente della Turchia era davvero interessato personalmente allo scoppio delle ostilità in Ucraina. Ha detto che se c’era qualcuno che aspettava la guerra tra Russia e Ucraina, quello era Erdoğan; infatti i droni prodotti dal suo amato genero Selçuk Bayraktar negli ultimi uno-due anni hanno avuto un vero boom di vendite e di esportazioni. Non sorprende forse che già dopo la distruzione quasi completa del lotto di droni forniti all’Ucraina in via ufficiale, composto di 36 unità, si continua a farli arrivare nel Paese. Non è escluso che i Bayraktar riescano a filtrare mediante strade diverse. Forse è possibile che siano giunti a Kiev con due aerei da trasporto А-400 partiti dalla Turchia proprio il primo giorno l’operazione speciale, il 24 febbraio, i quali finora non hanno potuto rientrare in patria. Come riferito dai canali Telegram ucraini che si rifanno al Quartier generale delle Forze armate di Kiev, l’Ucraina nei prossimi giorni firmerà un accordo con cui affitta per 30 anni alla Turchia quattro velivoli da trasporto pesante Antonov An-124, cioè praticamente fino alla fine del loro ciclo di vita, e lo fa in cambio dei droni Bayraktar. Sugli aerei rimarranno gli equipaggi ucraini e la loro manutenzione sarà fatta dagli specialisti ucraini. A ricevere le richieste di trasporto e a prendere i profitti sarà la compagnia turca Baykar Makina, il cui titolare è proprio Selçuk Bayraktar.

Se si ha a che fare con la Turchia, bisogna tenere a mente che essa cercherà sempre anzitutto il proprio interesse e in tutte le cose. Tra l’altro, per molte questioni di principio i suoi interessi coincidono con quelli russi: per esempio rifiuta categoricamente di applicare qualunque tipo di sanzione economica contro la Russia. Al business turco si stanno aprendo nuove occasioni grazie alla fuoriuscita dei concorrenti occidentali. Il presidente della Camera di Commercio di Istanbul insiste che le autorità turche debbano in tempi brevi elaborare un meccanismo che permetta di trasferire il commercio bilaterale su valute alternative come il rublo, lo yuan e l’oro. La Turchia mantiene il proprio spazio aperto alle navi e agli aerei russi. Si attiene scrupolosamente alla Convenzione di Montreux sullo status dello stretto del Bosforo e dei Dardanelli, non permettendo quindi alle navi occidentali di passare nel Mar Nero in periodo di ostilità belliche, cosa che la Russia gradisce pienamente. All’inizio dell’attuale crisi gli USA hanno cercato di convincere la Turchia a interpretare la Convenzione in maniera più “larga”, ma invano. Il consenso russo alla mediazione della Turchia in questa vicenda ha avuto un effetto positivo anche sotto altri aspetti. Così, il recente tentativo dell’Azerbaigian di sfruttare la situazione, ad esempio per “farla finita” una volta per tutto col problema del Nagorno Karabakh si è scontrato con la mancanza dell’appoggio turco. Non è stata una sorpresa piacevole per Baku… ma si sa, “l’Oriente è un affare delicato” . E per Ilham Aliyev è stata una lezione: la fratellanza turca è pur sempre fratellanza, certo, ma gli affari sono affari!

Redazione Strumenti Politici
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