E pure oggi la Russia fallisce domani: boom degli scambi commerciali con diversi Paesi, anche europei

E pure oggi la Russia fallisce domani: boom degli scambi commerciali con diversi Paesi, anche europei

21 Novembre 2022 0

L’intenzione esplicita delle sanzioni occidentali è quella di indebolire l’economia russa e possibilmente provocarne il crollo, per far desistere il Cremlino dai suoi propositi bellicosi. Con varie gradazioni di russofobia, i politici occidentali si sono sempre sbilanciati in dichiarazioni di questo tenore: le sanzioni sono una mazzata pesantissima per Mosca, causeranno un cambio di regime, saranno l’alba di un nuovo mondo. Lo scorso marzo, a chi gli chiedeva se occorresse aggiungere altre sanzioni, per esempio boicottando il gas russo, Enrico Letta rispondeva sicuro: Le sanzioni decise sono veramente devastanti, non dobbiamo ogni giorno fare il rilancio. Le ultime parole famose: da quel momento ad oggi la UE ha lanciato altri 5 pacchetti sanzionatori. Le sanzioni sono le più dure mai comminate e in qualche giorno porteranno al collasso l’economia russa, che finirà in ginocchio. Gli effetti stanno già arrivando. Gli effetti sono arrivati, sì, ma in una maniera completamente opposta allo wishful thinking degli alfieri della democrazia: la Russia, infatti, sta ancora facendo discreti affari sia coi Paesi europei che con gli altri Stati del mondo, mentre tutto l’Occidente è in gravi difficoltà economiche. Prima dell’inizio della cosiddetta “operazione speciale” in Ucraina, più di due terzi delle esportazioni russe consistevano a livello di valore in gas, petrolio, minerali e metalli essenziali per l’industria, ma da febbraio in avanti il totale delle esportazioni russe è cresciuto persino nei confronti dei Paesi che hanno avuto un ruolo attivo nella strategia di aggressività verso Mosca. A partire da questa considerazione, il New York Times spiega la frustrante realtà dei politici occidentali che avevano sperato di minare lo sforzo bellico della Russia punendone l’economia. Nonostante ciò, alcuni di loro insistono con gli slogan: la Russia fallirà di sicuro, se non oggi al massimo domani o dopodomani, vedrete, insomma dovrà per forza fallire… un giorno o l’altro.

Fra i Paesi più ostili alla Russia vi è certamente il Regno Unito, che sul suo territorio ha addirittura allestito campi di addestramento per gli ucraini. Dopo lo scoppio del conflitto, gli scambi commerciali fra Mosca e Londra sono calati del 79%. Dunque la Russia deve averne sofferto, giusto? Probabilmente sì, ma in questo momento ad essere preda di una crisi politica senza precedenti e di una decrescita preoccupante è la Gran Bretagna: tre primi ministri cambiati in pochi mesi, i cittadini chiedono nuove elezioni, la Banca d’Inghilterra suggerisce l’inizio di una “recessione prolungata”, mentre il Cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt parla di una “strada difficile” che attende l’economia britannica. Poi c’è la Svezia: verso di essa la Russia non ha mai avuto parole aggressive, ma a Stoccolma evidentemente hanno paura che un giorno le diranno, così per prevenirle hanno deciso di chiedere l’adesione alla NATO. Calo del 76% negli scambi commerciali con Mosca: forse ha influito l’uscita dell’IKEA dal mercato russo, ma è un peccato solamente per gli svedesi, perché i russi stanno comprando i mobili di altre marche. E intanto nella relazione presentata dal ministro delle Finanze Elisabeth Svantesson emergono due parole chiave nelle previsioni del 2023 per la Svezia: recessione e disoccupazione. Inoltre ci sono quei governi che da un lato si ergono a difensori dei “valori europei” contro l’aggressione russa e dall’altro non rinunciano di certo al business. Si veda in primis il Belgio, il Paese che ospita le Istituzioni UE e che riesce sempre a far togliere dalla lista nera i suoi fornitori di diamanti grezzi: ad oggi la cifra degli scambi commerciali fra Mosca e Bruxelles è cresciuta dell’81%. Un altro che periodicamente dispensa lezioni di moralità e democrazia è l’Olanda, la quale registra un +32% negli affari con la Russia. Con la Spagna l’aumento è stato del 57%, mentre con la Germania la situazione è rimasta sostanzialmente invariata perché il commercio si è ridotto appena del 3%.

Non sorprende, invece, il rafforzamento degli scambi con i Paesi BRICS e con gli altri che hanno dimostrato una posizione equilibrata: con la Cina l’aumento è stato del 64%, con il Brasile del 106% e con l’India addirittura del 310%. Anche con la Turchia le cose vanno bene: 198% in più. Questi numeri giungono dall’Observatory of Economic Complexity e sono stati presentati dal New York Times. Lo stesso giornale tiene a precisare che si tratta di dati raccolti e analizzati con un certo periodo di scarto, che quindi potrebbero cambiare rapidamente a sfavore della Russia non appena gli effetti delle sanzioni occidentali si faranno sentire. Intanto, il Fondo Monetario Internazionale ha dovuto rivedere un’altra volta le sue previsioni sull’economia russa, che rimangono negative, ma molto meno di quanto inizialmente augurato: dal -8,5% pronosticato lo scorso aprile si è passati al -6% di luglio fino al -3,4% di ottobre. Il problema per i falchi anti-russi è che i cittadini europei vorrebbero che le sanzioni vengano tolte, perché hanno capito sulla loro pelle che si tratta di un boomerang. In questi ultimi mesi abbiamo visto manifestazioni di piazza in numerose città, ma i governi non sembrano aver dato seguito alle richieste dei manifestanti. Le proteste, comunque, hanno messo in allarme i funzionari americani presenti in Europa, i quali hanno trasmesso alla Casa Bianca il pensiero che serpeggia nella maggioranza degli europei: la colpa delle sanzioni e dell’aumento del costo della vita è da attribuire agli USA. Il giornale americano Politico riferisce che alla Casa Bianca sono preoccupati per il sostegno che gli europei danno sempre più apertamente alla Russia e temono che a causa della pressione subita dai propri cittadini i leader dei Paesi UE finiscano per defilarsi dal supporto dato all’Ucraina. Secondo Politico, a Washington si stanno interrogando su quale sia il modo migliore per tenere i Paesi europei allineati alla strategia USA di contenimento della Russia.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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