Come Joe Biden ha portato il mondo sull’orlo del disastro: l’analisi di Paul du Quenoy

Come Joe Biden ha portato il mondo sull’orlo del disastro: l’analisi di Paul du Quenoy

20 Ottobre 2023 0

Per molti americani, ciò che sta accadendo oggi a Gaza è la dimostrazione definitiva dell’incapacità del presidente Biden. Gli errori strategici, le ambiguità morali, la mancanza di risolutezza e l’incompetenza hanno determinato i disastri visti in Afghanistan, in Ucraina e oggi in Medio Oriente.

Sullo European Conservative, in modo spietato e scrupoloso lo storico e giornalista Paul du Quenoy analizza il modo in cui Biden ha portato l’America e il mondo occidentale verso la catastrofe.

Il cortocircuito mediatico

Faccio questo lavoro da tanto tempo, ma non avrei mai pensato di vedere delle vere immagini di terroristi che decapitano bambini. È ciò che ha detto il presidente degli USA Joe Biden, sconcertato, a proposito dei rapporti sui terrificanti attacchi di Hamas a Israele. Gli addetti stampa hanno successivamente precisato che Biden non ha visto le immagini in questione, ma numerosi media hanno confermato tali atrocità e in alcuni casi hanno ristampato le fotografie.

Nel migliore dei casi, le parole di Biden suonano molto ingenue, in particolare nel più ampio contesto della catastrofica politica estera della sua amministrazione. In molti modi è stata proprio la sua scarsa leadership in questa regione a permettere lo sviluppo dell’attuale crisi.

Il disastro di Biden in Afghanistan

Anzitutto, è istruttivo andare indietro fino ai primi mesi del suo mandato. Dopo alcune mosse che sembravano essere la continuazione delle politiche del suo predecessore Donald J. Trump, e parallelamente con un’enfasi bipartisan sul contenimento della Cina, Biden ha bruscamente accelerato il ritiro americano dall’Afghanistan. I militari e le élite della politica estera che sostenevano Biden e che si definivano come “quelli adulti e responsabili”, insistevano col nuovo presidente che il governo afghano e le forze armate americane erano perfettamente in grado di tenere testa ai talebani.

Senza mettersi a verificare con scrupolo tali rassicurazioni, Biden annunciò il ritiro dell’esercito USA prima che gli afghani si prepassero a resistere da soli e addirittura prima che gli stessi civili americani fossero evacuati. Nel caos che ne conseguì, nella speranza di essere salvati gli afghani disperati si ammassarono dentro e intorno all’aeroporto di Kabul ancora in mano agli USA. Alcuni ce la fecero, ma molti altri morirono nel tentativo o vennero semplicemente abbandonati, finendo spesso con un destino orribile per mano dei talebani che si vendicavano con coloro che avevano lavorato per gli americani.

Tredici Marines morirono mentre tenevano le posizioni. Dimenticati dal loro governo, centinaia di cittadini americani entrarono in clandestinità o organizzrono da soli la propria fuga. La cosa peggiore è che l’esercito afghano si disfece in pochi giorni, lasciando dietro di sé attrezzature militari convenzionali di alto livello qualitativo targate USA, che finirono ai talebani e a qualunque altra formazione terroristica le abbia poi acquistate o le comprerà in futuro.

La reazione dei russi

Per quanto il fallimento in Afghanistan fosse stato grave, gli elettori americani, i quali mettono la politica estera molto in basso nell’elenco delle priorità, se ne dimenticarono presto, mentre i media di regime ripetevano il mantra che il ritiro, sebbene disordinato, fosse stato necessario. Il resto del mondo, però, ne trasse una conclusione diametralmente opposta: che la risolutezza di Biden fosse molto più scarsa di quella di Trump, il quale aveva reso stabile la situazione in Afghanistan nell’ultimo anno e mezzo di presidenza senza la perdita di un solo americano.

Invece l’approccio di Biden alla politica estera somigliava a quello di Barack Obama, al quale Biden aveva fatto da vice e che impiegava molti di coloro che oggi sono nella squadra della politica estera della Casa Bianca. Appena sei mesi dopo il disastro afghano, il presidente russo Vladimir Putin lanciava la sua offensiva in Ucraina. Incoraggiato dall’atteggiamento della debole amministrazione americana – compresa la sciocca frase di Biden sugli Stati Uniti che non avrebbero reagito all’aggressione russa – Putin non aveva nulla da temere. Mentre le operazioni dei russi non procedevano bene, i calcoli strategici del Cremlino sul fatto di non incontrare alcuna resistenza militare da parte dell’Occidente a guida americana era un assunto totalmente razionale del fallimento di Biden ovunque nella periferia dell’Eurasia. E ha persino un precedente.

La prima operazione di Putin in Ucraina nel 2014, che Obama non fece nulla per fermare, era avvenuta esattamente sei mesi dopo il fallimento di Obama nel segnare la tanto annunciata “linea rossa” nella guerra civile in Siria, laddove il presidente USA aveva promesso un intervento militare nel caso in cui il regime di Bashar al-Assad avesse usato armi chimiche contro i ribelli interni. Il fallimento di Obama di far rispettare quel divieto suggerì a Putin che poteva agire senza timore di conseguenze per prendere la Crimea e dare sostegno ai movimenti indipendentisti nel Donbass.

I successi di Trump

È illuminante come la presidenza Trump fosse riuscita con successo nella deterrenza verso Mosca convincendo i membri europei della NATO a impegnarsi in maggiori spese per la difesa. Fece in modo di rinunciare agli accordi sul controllo degli armamenti dell’epoca della Guerra Fredda che non erano più funzionali agli interessi americani, fornì armamenti letali all’Ucraina per la prima volta, impose sanzioni alla Russia al massimo grado prima dell’attuale conflitto e informò Mosca che ulteriori attacchi contro l’Ucraina avrebbero avuto conseguenza catastrofiche. Il severo approccio di Trump funzionava anche con l’Iran.

Trump era saggiamente uscito dagli accordi dell’era Obama, che in pratica pagavano Teheran per rimandare il suo programma nucleare di circa un decennio, senza interromperlo. Trump aveva aumentato il supporto militare e diplomatico a Israele, all’Egitto, all’Arabia Saudita e ad altri tradizionali alleati USA nella regione, che erano già o che sono in seguito emersi come avversari dell’Iran. Annientò l’ISIS, neutralizzato gli elementi militari iraniani in Iraq e per la prima volta dagli anni ’40 del XX secolo avevv portato gli USA all’independenza energetica.

In quello che è probabilmente il successo meno celebrato della sua presidenza, Trump ha ignorato il vecchio ed errato consenso a Washington che legava tutte le questioni del Medio Oriente a una soluzione duratura del conflitto israeliano-palestinese. Coi cosiddetti “Accordi di Abramo”, riuscì a raggiungere la prima pace fra Israele e la maggioranza dei Paesi musulmani dal 1994.

Biden ha fatto disastri in patria e fuori

Biden ha rivoltato tutte queste posizioni. Per accontentare le richieste ambientali della sinistra radicale, ha limitato la produzione nazionale di energia. Così, senza alcuna giustificazione ha fatto ritornare l’economia americana alla dipendenza dal petrolio del Medio Oriente e ha fatto schizzare in alto i prezzi dell’energia e l’inflazione in un’anemica economia post-COVID. Si è inimicato gli alleati regionali degli USA, basando gli accordi relativi ad armi e investimenti su richieste non realistiche di diritti umani e di altri beni astratti. Li ha così spinti nelle braccia di Russia e Cina, che si sono proclamate alleati “illimitati”.

Ha incluso l’Iran in un’alleanza tripartita anti-americana di fatto, e ha costantemente spinto verso la loro orbita dozzine di economie di Paesi in via di sviluppo. Biden non è popolare in patria, è assediato da guai giudiziari ed è considerato inadatto fisicamente e mentalmente a fare il suo lavoro. Probabilmente mancherà la rielezione nel 2024, forse a beneficio di un Trump risorto. Presiede a un confine meridionale ampiamente fuori controllo del governo, con milioni di cittadini stranieri che entrano illegalmente negli Stati Uniti, minando la fiducia nel sistema e consumandone le risorse.

Tali fattori contribuiscono a generare una società incattivita e polarizzata, anzi ne sono il sintomo. Il lato bideniano si appela a dogmi di ispirazione marxista che la maggior parte del resto del mondo trova incomprensibili, sconcertanti o castranti, mentre gli oppositori del presidente li considerano come follia o alto tradimento.

Cina e Iran tornano alla carica

Il declino della risolutezza americana ha incoraggiato l’aggressività cinese in Estremo Oriente. Ha eliminato qualsiasi effetto deterrente dai conflitti regionali che divampano in zone che erano tranquille fino a poco tempo prima e ha spinto gli alleati europei a spostarsi verso una posizione mediana nello scontro mondiale che si sta delineando. Gli organismi internazionali che erano stati creati per gestire o alleviare le lotte a livello mondiale, sono diventati sempre meno efficaci senza una forte leadership americana.

Molti di essi sembrano condannati, nella migliore delle ipotesi, ad essere irrilevanti e nella peggiore ad essere una resistenza attiva. Il peggio è che Biden ha rimesso in piedi il brutto accordo nucleare con l’Iran, dando così a Teheran lo slancio per rimandare – ma non per cancellare – il suo programma nucleare, per aumentare il suo sostegno a Hezbollah in Libano, per sviluppare la simile relazione protettore-cliente con Hamas a Gaza e per appoggiare gli altri governi e movimenti anti-americani nella penisola araba, in Africa e persino in America Latina.

Hamas and Hezbollah, così come le fonti di intelligence citate dai media americani, confermano che l’Iran ha avuto un ruolo fondamentale nella pianificazione e nell’esecuzione dei recenti attacchi contro Israele, nei quali sono state uccise più di 1200 persone e sono rimaste ferite a migliaia. Nell’apprendere la notizia degli attacchi, al Parlamento iraniano hanno esultato saltando e intonando lo slogan Morte all’America (non solo a Israele).

I soldi rimessi a disposizione di Teheran

Appena il mese scorso gli USA hanno liberato 6 miliardi di patrimoni iraniani per garantire la liberazione di solo cinque prigionieri trattenuti dall’Iran. Quando la guerra a Gaza è poi scoppiata alcune settimane dopo, l’amministrazione Biden, imbarazzata, è corsa ai ripari a tutta forza, precisando che i fondi erano destinati esclusivamente a uso umanitario e che non sono stai usati né possono essere usati per altri scopi. Ciò non corrispondeva a quanto dichiarato dal presidente iraniano Ebrahim Raisi, secondo cui poteva usare il denaro come voleva.

E senza nemmeno tenere conto che Teheran sapeva benissimo che se avesse riottenuto il controllo di quei 6 miliardi, sarebbe stato denaro spendibile per necessità concordate, cosa che a sua volta liberava altri mezzi per le spese militari e gli scopi terroristici. Lo scorso venerdì è stato riferito che la pressione da parte degli USA ha costretto la Banca Centrale del Qatar (che aveva acconsentito a monitorare i fondi liberati) a sospendere nuovamente l’accesso dell’Iran ai soldi. Ma il danno ormai era stato fatto. Sfortunatamente per Israele, sotto Biden la debolezza americana – vera o solamente percepita – ha portato a un oltraggio dopo l’altro, a un’invasione dopo l’altra, a un problema dopo l’altro.

Un presidente più risoluto potrà arrivare un giorno ed effettivamente arriverà. Una difesa più forte degli interessi americani sia a livello nazionale che internazionale potrà cancellare la fallimentare eredità di Biden. Ma quel futuro presidente avrà bisogno di una determinazione ferrea per rimettere ordine in tale disastro.

Redazione Strumenti Politici
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